Marco Miglionico
pubblicato 8 anni fa in Letteratura

Una fonte italiana dietro il Paradiso perduto di Milton

breve analisi comparata tra l’opera di Milton e l’Adamo caduto di padre Serafino da Salandra

Una fonte italiana dietro il Paradiso perduto di Milton

Che ci piaccia o no, siamo noi la causa di noi stessi. Nascendo in questo mondo, cadiamo nell’illusione dei sensi; crediamo a ciò che appare. Ignoriamo che siamo ciechi e sordi. Allora ci assale la paura e dimentichiamo che siamo divini, che possiamo modificare il corso degli eventi, persino lo Zodiaco

(Giordano Bruno)

Buona parte della storia della letteratura può essere analizzata sul piano, sociale e culturale, della relazione tra la libertà degli autori e il Potere. Tracciando un piano cartesiano ideale e prendendo come valori appunto la base di libertà e il controllo esercitato dall’autorità, lo spettro del nostro grafico mostrerebbe che all’altezza del Seicento la pressione del Potere sulla cultura era pesantissima. Le nuove disposizioni tridentine nel XVII secolo furono allargate a tutti gli stati dell’Europa, non soltanto alle nazioni di fede protestante come in origine. Il Concilio si espresse anche sulla produzione culturale ed essa ne fu pesantemente condizionata.
Il critico Ezio Raimondi nota che, accanto al filone del concettismo di Marino, molti autori si dedicarono a un nuovo impegno letterario dalle finalità pedagogiche, nella volontà di educare il popolo di Dio alla conoscenza delle Sue opere e della Sua grandezza1. Sul piano figurativo e quello architettonico i più chiari esempi sono le commissioni esatte da papa Urbano VIII Barberini. Per il suo impegno marginale di poeta, egli si affiancò ad altri intellettuali, tra cui anche accademici dei Lincei, che assieme proponevano l’esigenza di una nuova poesia etica.

john-milton-2Fu in questo clima di pesante controllo e di rinnovato fervore spirituale che l’inglese John Milton elaborò il poema epico Paradise lost. In versi sciolti Milton racconta l’episodio veterotestamentario della cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre, per aver ceduto alla tentazione di Satana, manifestatosi a loro in forma di serpe. Nella seconda edizione, risalente al 1674, il poema raggiunse la redazione finale in 12 libri, per chiaro omaggio alla maggiore fonte di Milton sul piano formale, ovvero l’Eneide di Virgilio. Tuttavia oltre alle scoperte fonti, cioè il poema latino, la Bibbia, l’educazione puritana e i versi di Edmund Spenser, rimane tacitamente sullo sfondo la tragedia dell’Adamo caduto di padre Serafino da Salandra, scritta anni prima, nel 1647.

 

La tragedia sacra, che in 5 atti consta di oltre 7.000 versi, è, come buona parte della nostra letteratura barocca, molto fitta e spesso di difficile interpretazione. L’autore, padre Serafino, era un brillante oratore che scelse di entrare tra i Padri Riformati, di cui esisteva un convento nel paese natale, in provincia di Matera. In virtù appunto della vivace abilità retorica e letteraria si trasferì a Napoli per ragioni di studio e lì venne in contatto con John Milton. L’episodio ha chiaramente generato la suggestiva ipotesi di uno scambio intellettuale tra i due, ma sicuramente –sappiamo oggi da studi critici approfonditi- Milton lesse e apprezzò l’AdamoImmagine caduto3.

Anche la tragedia di padre Serafino ripropone l’episodio della cacciata dal giardino dell’Eden e si svolge poi come un viaggio immaginario dove si alternano 28 personaggi, tutti partecipanti del dramma di Adamo la cui libertà fu condannata dalla volontà divina. La tragedia è fitta di lettere maiuscole, di realizzazioni allegoriche e fittizie che, nel loro intreccio dinamico e nel modo di porsi rispetto alla storia, ricordano i personaggi dell’Inferno dantesco.
La centralità del tema, comune a Milton e al meno noto padre Serafino, rimanda sicuramente a motivi di natura letteraria: le fonti sono grosso modo identiche, tra cui appunto Dante, gli episodi biblici e la letteratura delle “visioni” medievali. Comune è l’esigenza della spiritualità seicentesca che, anche nell’ambito figurativo, colse nell’episodio della cacciata dei primi parenti un’ampia metafora: la caduta è quella del secolo, il Seicento, in cui cominciavano a crollare le maggiori istituzioni, Stato e Potere, la cui crisi culminerà nella rivoluzione intellettuale degli Illuministi4. Anche altri autori si dedicarono al tema infatti: tra costoro U. Grotius con Adam exul (1611) e il fiorentino G. Andreini con Adamo (1613).
Le opere di Milton e padre Serafino hanno anche rimandi di natura formale e non solo contenutistica. Sul piano della finalità per la quale i due autori concepirono i loro versi può essere preso a titolo esemplificativo il primo libro di entrambe le opere. Da Milton leggiamo “svelare all’uomo la Provvidenza eterna” (I, 26). La tragedia sacra di Serafino si apre con i seguenti versi “Gli occulti deliri della mente, e gli nascosti attentati del Cuore/humano, gli è più che vero, Reverendissimo Padre, che solo son’aperti à/quell’occhio, che mai conobbe benda, men’in cosa creata ombratura alcuna”.
I due autori dunque si schierano a favore della volontà esegetica di spiegare, attraverso l’episodio del primo uomo, i limiti del libero arbitrio rispetto alla perfetta volontà divina. Gli approfondimenti dottrinali su tale questione hanno una tradizione storica lunghissima. Tuttavia fu proprio la Chiesa della Controriforma a sostenere con forza il tema, per ribadire la sua tradizione dottrinale e marcare le differenze rispetto ai Luterani, ai Calvinisti e ai Giansenisti. Adamo, i cui “potenti affetti fama di deitade e amor di donna han fatto il petto tuo perpetuo inferno”, è combattuto, è l’eroe fragile sulla scena, è l’uomo. Anche in Milton egli è l’uomo come avrebbe potuto essere se non si fosse innamorato di Eva, la cui caratterizzazione invece è ferina, demoniaca. Così anche in Serafino ella “ donnesco ha il volto e serpentino il corpo”. Sarebbe tuttavia incorretto dire che i due autori denigrino il ruolo della donna: per entrambi Eva è colei la quale, polarmente opposta ad Adamo, ne rappresenta la controparte meno razionale e lo aiuta a scoprire se stesso in quanto uomo. La caduta è propizia, infatti, è felix (e consapevole) culpa.

Gustave Doré, Raffigurazione di Satana

Gustave Doré, Raffigurazione di Satana

Satana è dapprima Lucifero, un angelo che si sente escluso tra gli altri. Egli sopravvive da sempre incarnandosi in tante forme, come –secondo alcuni filoni di critica- una faustiana attività intellettuale dell’uomo che non segue una morale. Secondo altri ancora, egli sarebbe colui che riflette lo spirito della Rivoluzione inglese contro un governo inerte5. Una caratterizzazione più vicina alle creature infernali di Dante colora lo stesso personaggio nella tragedia sacra di Serafino, laddove ne emerge un ruolo più forte, in quanto è colui che ha riunito i demoni per contrastare il progetto di Dio.
La tipizzazione dei personaggi si diversifica soprattutto per quanto riguarda la caratterizzazione di Dio. Milton infatti è un seguace dell’arianesimo e, non credendo nella Trinità, bipartisce i ruoli divini tra il Padre e il Figlio: l’uno è irascibile e sarcastico, l’altro generoso e ottimista. Dio incarna la ragione pura, infallibile, che permette il male soltanto perché da esso nasca il bene. Il Figlio è invece, nella sua prossima forma umana, il secondo Adamo, che andrà incontro al proprio sacrificio per redimere l’umanità dal peccato originale (così nell’ultima visione adamitica al libro XII). Per Serafino, Dio, che si esprime nei cori celesti, è sia spirituale che umano; di lui scopriamo anche la fisicità, senza ipostatizzazioni tra Padre e Figlio. Soffre come un uomo, quando assiste alla scomposizione del suo progetto originario. Ha voce tuonante ed è deliberatamente magniloquente per spaventare l’uomo: qui si riscontra, rispetto al maggiore lirismo di Milton, il tono da predicatore di padre Serafino.
Prescindendo dalla sola volontà di stabilire una relazione genetica tra le due opere, sebbene essa risponda a una serie di studi tutti autorevoli, l’accostamento tra Milton e il minore Serafino da Salandra ci lascia intendere come la produzione nostrana, spesso così trascurata, s’inserisca a pieno titolo nel panorama europeo di qualsiasi secolo. E procedendo dal più grande al più piccolo, dalla dimensione continentale a quella nazionale, possiamo invertire lo stesso parametro di grandezza e riscoprirci immensi.


 

1  cfr. E. RAIMONDI in Anatomie seicentesche, Pisa, Nistri-Lischi, 1966.

2  a sostegno dell’ipotesi di una diretta relazione genetica si cfr. F. GIACOMANTONIO, in Adamo Caduto and Paradise Lost: A Vexed Question, Cosenza, Effesette, 1988. Si è aperto solo recentemente un filone di studi che ha tra gli ultimi risultati i lavori del germanista N. DI MEOLA e di M. CLINTOK.

3  N. DOUGLAS ritiene che “senza l’Adamo caduto, il Paradiso perduto, come noi lo conosciamo, non esisterebbe”: così al capitolo X in Old Calabria, 1956.

4  così in un articolo argomenta A. PILIERI, citato nella rivista online “L’arca di Noé. Mediterraneo e altri mari”, agosto 2010.

5  tutte le visioni di Satana sono approfondite nel saggio The Satanic epic di N. FORSYTH.