“Scrittori russi” di Leone Ginzburg
Scrittori russi di Leone Ginzburg è un testo fondamentale che, per quanto possa venir letto e studiato, non sarà mai abbastanza.
Con queste parole Readerforblind introduce il “numero zero” della sua collana le polveri black edition (2022), un ventaglio di saggi critici raccolti tra prefazioni e riviste che Leone Ginzburg consacra alla letteratura russa tra il 1927 e il 1942, pubblicati postumi nel 1948 da Einaudi e qui arricchiti dall’accurata prefazione di Dario Pontuale.
Ginzburg guida alla lettura dei classici attraverso una carrellata di scrittori, da Puškin a Gor’kij, passando per Gončarov, Leskov, Garšin, Turgenev e l’immancabile coppia Tolstoj-Dostoevskij. Ripercorre così le tappe del processo evolutivo della cultura russa fino a descrivere lo stato dell’arte della poesia a lui contemporanea (post-rivoluzione e post-conversione in universo sovietico), nella quale stana ingredienti canonici, creduti impropriamente inediti. Tutto assume un senso di continuità, romanzi proletari e racconti ottocenteschi di piccoli impiegati pietroburghesi sono, agli occhi dell’autore, la medesima rappresentazione di una tradizione letteraria che adotta terminologie diverse, ma resta – per certi versi – la stessa. Ginzburg spalanca le porte a una letteratura inconsueta, meno nota al grande pubblico, per molti straniera ed estranea, con l’auspicio che «non accada che dinanzi a un Oblòmov si dimentichi di dire se il libro è bello o brutto, per dire che il protagonista è uno strano tipo e “noi non si farebbe certo come lui”». Da studioso e docente di letteratura russa emigrato già da bambino a Torino, si contrappone all’approccio medio italiano, all’epoca diffidente e sordo all’invito di quella cultura cresciuta nel grembo della Grande Madre Russia, banalmente declinato dietro un alibi che per comodità la vede classificata, in quanto «diversissima», tra le ‘incomprensibili’.
Anche gli anglosassoni sono profondamente diversi dai latini: ma nessuno si è mai sognato di vedere un alibi per la propria pigrizia o la propria incapacità di giudizio in questa diversità: eppure molte volte si ha da fare un piccolo sforzo per intendere, per esempio, i libri di Dickens; ma chi non l’ha fatto?
Assiduo frequentatore dei dibattiti politico-culturali italiani, intellettuale attivista vicino al gruppo radical-liberale di area socialista, Ginzburg si impegna in una campagna di sensibilizzazione volta a incrementare le traduzioni dal russo ma, soprattutto, ad appassionare il pubblico a una terra misteriosa dove tutto nasce, «guerre e pestilenze, meraviglie e miserie, cattedrali e villaggi, campi di battaglia e grano; una terra di genesi stratificate misurate in vèrste». Esalta così scambi e intrecci, schemi comuni in un costante gioco di specchi con il vecchio continente, da Manzoni e Fogazzaro, da Stendhal a Dante, e rivendica l’europeità di un mondo – quello da cui trae le proprie origini – erroneamente creduto distante ma al contrario, a suo avviso, mai straniato dai procedimenti occidentali. Nell’abbondanza di flash e rimandi, gli amanti di letteratura tout-court, di quella cara letteratura ‘a-nazionale’ e cosmopolita, non potranno che (ri)vivere esperienze di lettura e apprezzare il confluire di idee e fotogrammi provenienti dalle più diverse penne.
Tra rumors e osservazioni, Ginzburg vaglia meticolosamente lo scenario intellettuale della Madre Patria e la produzione dei geni russi, tessendo l’elogio dell’anima slava e della sua umanità. Autore dopo autore, offre un’immagine a tuttotondo delle personalità e delle opere che analizza, evidenziandone motivi ricorrenti, riferimenti biografici e passaggi essenziali con la semplicità propria soltanto dei grandi insegnanti.
Sfogliando Scrittori russi si ha la sensazione di essere convivialmente incoraggiati a spingersi più in là, di appartenere a una ristrettissima cerchia di curiosi in presenza di un buon amico con il quale leggere alcuni passi scelti. Profondo conoscitore dell’universo letterario russo, Ginzburg non assume mai la postura del profeta, ma accompagna il lettore nel flusso delle sue riflessioni, lo guida nel corso di minuziose considerazioni in cui scoprire, o riscoprire, angolini nascosti di romanzi talvolta già letti e riletti.
ma io credo che non si faccia un lavoro utile alla penetrazione del valore poetico se non risalendo ogni volta dalle parole e dai periodi allo spirito del poeta come si è palesato nel complesso dell’opera, ovverossia stabilendo continuamente delle relazioni fra il fatto particolare e l’ispirazione generale.
In quanto alle pratiche traduttologiche, l’autore oppone alla tentazione di attualizzare la ricerca del valore più intimo dell’opera, della sua integrità. Similmente, in Scrittori russi voce del critico e voce dello scrittore si mescolano, fino a fondersi, senza lasciare spazio a punteggiatura e virgolette: i dialoghi dei romanzi irrompono tra le pagine, prepotenti celebrità alla ricerca di visibilità. Spiegare non è sufficiente, mostrare è la parola d’ordine per il maestro Ginzburg che consegna le chiavi dei suoi scritti ai miti della Letteratura, persuaso della loro bellezza intrinseca e certo che ben più importanti dei saggi critici siano i testi stessi, fonte diretta contro pregiudizi e false generalizzazioni. Dario Pontuale sottolinea infatti che:
Ginzburg esplora l’immensa Grande Madre Russia senza assiderare, senza paura, ma con doverosa circospezione, nel rispetto dei cicli umani e di quelli naturali.
Come sempre, di fronte alle idee di un critico, si schiereranno sostenitori e oppositori e ognuno di loro cercherà di scovare tesi da accreditare o smentire. Difficilmente il lettore potrà però dissentire sulla grandezza di un insegnante così appassionato, convinto combattente su terreni letterari e non solo o, per citare Pontuale, dell’«apolide che ha invaso la Russia consegnandola all’Italia, il traduttore di romanzi e racconti, il redattore di bozze, il direttore di collane, il critico militante, il valoroso antifascista che ha sfidato il Generale Inverno».