Culturificio
pubblicato 3 anni fa in Bacchette corsare

Bacchette corsare

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La Cina è onnipresente nelle nostre case sotto forma di manufatti e componenti tecnologiche, eppure talvolta è quasi, se non del tutto, assente dalle nostre librerie e dal nostro panorama culturale. Parliamo sempre dell’influenza economica della Cina, ormai seconda solo agli USA (anche se si ritiene che nel 2025 i ruoli si invertiranno), ma conosciamo ben poco della sua civiltà millenaria. Propongo dunque un percorso di lettura che possa illustrare alcune tra le più celebri opere di letteratura cinese contemporanea. Si tratta di testi di facile reperibilità nella loro edizione italiana, ma non sempre di altrettanto facile approccio.  

Attraverso i testi scelti, proveremo ad aprire una possibilità di comunicazione con questa cultura così lontana e diversa dalla nostra. Scopriremo che l’Oriente non è quella dimensione mistica e spirituale immaginata da alcuni, né una gigantesca fabbrica a ciclo continuo come pensano altri. Incontreremo varie anime della Cina, e varie modalità di essere cinesi oggi, attraverso un viaggio che ci porterà dalle grandi e frenetiche metropoli agli sperduti villaggi rurali, ripercorrendo la storia recente del Dragone.

Avendo vissuto in Cina, ho capito che la cosa più interessante di questo paese sono i suoi contrasti, le contraddizioni che ad occhi occidentali appaiono inconciliabili, che però convivono nel dinamismo e sincretismo della società cinese contemporanea. Grazie alla letteratura, possiamo illuminare alcune di queste peculiarità e aprirci a nuovi orizzonti di comprensione.

Ho scelto autori di diversa origine geografica, estrazione sociale, formazione e schieramento politico. Alcuni di questi hanno abbandonato la Cina a causa dell’avversione al regime di Pechino. Altri (su tutti Mo Yan) sono l’emblema della nuova gloriosa tradizione letteraria nazionale. Tutti loro si distinguono per la potenza del linguaggio e la profondità narrativa.

Proponiamo un percorso di lettura che possa avvicinare alla letteratura cinese contemporanea anche il lettore non sinologo e non specificamente interessato alle faccende orientali. L’approccio sarà prettamente divulgativo, per evitare almeno due ismi: accademicismi e orientalismi. I romanzi scelti sono ormai classici contemporanei per gli addetti ai lavori, mentre possono rappresentare per tutti gli altri un’interessante novità. Ecco la selezione:

Mo Yan, Il paese dell’alcol, 1992.  Una delle opere più particolari del più celebre autore cinese contemporaneo, nonché premio Nobel nel 2012. È considerato tra i testi più rappresentativi del realismo allucinato.

Yu Hua, La Cina in dieci parole, 2010. Il libro a stampo saggistico di questa selezione. Yu Hua, molto amato in Cina ma sempre critico e diretto, ci propone dieci parole indispensabili per comprendere società e cultura del Dragone.

Hao Jingfang, Pechino Pieghevole, 2012. Tradotto e pubblicato in italiano da pochissimo, rientra nel genere dell’ultra-irrealismo (affine allo sci-fi, molto popolare in Cina) e racconta la disumanizzazione dell’individuo nelle gigantesche megalopoli globalizzate.

Ma Jian, Pechino è in coma, 2008. Un racconto della strage di Piazza Tian’anmen dal punto di vista di uno studente partecipante, prigioniero del coma in seguito alla repressione della rivolta. Il romanzo è censurato in Cina, dove le vicende di Tian’anmen sono tuttora argomento tabù.

Gao Xingjian, La montagna dell’anima, 1990. La prima opera di un autore cinese contemporaneo (esule e oggi cittadino francese) a ottenere un significativo riconoscimento in Occidente, il Nobel del 2000. Un viaggio nella Cina sud-occidentale, una riflessione su letteratura, sentimenti e storia.

Jung Chang, Cigni selvatici, 1991. La storia cinese del Novecento narrata attraverso tre generazioni di donne. Romanzo autobiografico e fortemente critico (edizione originale in inglese).

Su Tong, La casa dell’oppio, 1995. Una drammatica saga familiare che racconta la società feudale e la piaga dell’oppio nella Cina del Novecento.  

Yan Lianke, Servire il popolo, 2005. Breve novella erotica, critica la società burocratizzata dei funzionari di partito. Censurata, è comunque divenuta molto popolare in Cina. Irriverente già dal titolo, che è una parodia del celebre slogan maoista.

Prima di addentrarci tra le pagine di questi libri, potrebbe essere opportuno fare delle brevi “considerazioni bussola”. La storia cinese ci è, ahimè, talvolta sconosciuta. Il sistema scolastico italiano è ancora radicalmente eurocentrico, e tende a non prendere troppo in considerazione gli avvenimenti non strettamente attinenti alla nostra parte di mondo. La storia, però, è legata alla letteratura e, ovviamente, alla cultura. In molte delle storie proposte, incontreremo uno o più eventi tra quelli che hanno cambiato per sempre il corso delle cose.

Ripercorriamoli brevemente, anche a costo di renderne un’idea superficiale, giusto per raccapezzarci: nel 1911, dopo lunghi anni di crisi, l’ultima dinastia regnante della Cina, quella dei Qing 清, dovette abdicare. Secondo i Cinesi, l’Impero aveva perso la capacità di governare, ed era perciò oggetto di umiliazione da parte delle potenze straniere. I rivoluzionari, guidati da Sun Yat Sen, instaurarono la Repubblica di Cina. L’innovazione si spostò presto sul piano letterario: si fa risalire al 1919 la nascita della letteratura moderna, non più strumento di potere imperiale e inaccessibile a chi non fosse un colto funzionario mandarino. La fase repubblicana fu però più complicata del previsto. Dopo la morte di Sun Yat Sen, la Cina dovette affrontare una lunga guerra civile tra repubblicani e comunisti.

Questi ultimi erano guidati da un personaggio che incontreremo spesso nelle nostre letture, e che è ad oggi una presenza costante e ineludibile nella società, nella politica e nella cultura cinese: Mao Zedong 毛泽东. Dopo l’eroica Lunga Marcia, i comunisti riuscirono ad entrare vittoriosi a Pechino. Era il 1949 e nasceva così la Repubblica Popolare Cinese. I repubblicani ripararono a Taiwan, e la Cina continentale si dedicò alla costruzione della nazione. La politica maoista poggiava le proprie basi sulle comunità rurali; a differenza del comunismo europeo, quello cinese parlava alle immense masse di contadini cinesi. Vediamo alcune delle fasi più delicate della storia della RPC:

  • Grande Balzo in Avanti, 1958-1961 (Dayuejin大跃进): fase di massiccio sforzo collettivo per l’industrializzazione del paese. Tutti i cittadini furono chiamati a contribuire all’apertura dell’orizzonte produttivo, fondendo ad esempio i propri beni in acciaio. Mao pose grandi enfasi sulla collettivizzazione, con l’obiettivo di trasformare al più presto la Cina in una vera nazione socialista.

  • Rivoluzione Culturale 1966-1976 (Wenhua da geming 文化大革命): mobilitazione collettiva indirizzata al risanamento ideologico del paese, da raggiungere attraverso la lotta di classe. Molti cittadini cinesi furono mandati nelle campagne per rieducarsi. La volontà di cancellare ogni residuo della mentalità feudale e confuciana portò a ogni genere di eccessi; soprattutto nella prima fase, le Guardie Rosse demolirono edifici, bruciarono libri e si scagliarono violentemente contro ogni cosa o persona che non fossero al passo con la nuova mentalità. Questa fase fu oggetto di revisionismo dopo la morte di Mao; la si considera tuttora come l’errore principale (e unico) della sua leadership.

  • Apertura (dal 1978 in poi): sotto la guida di Deng Xiaoping, la Cina intraprese una fase di apertura economica e culturale. La nuova politica aveva come obiettivo quello di aumentare il benessere della popolazione. La liberalizzazione non ha però intaccato l’egemonia politica del PCC, né ha messo in dubbio i valori comunisti alla base dello Stato cinese. Questo nuovo approccio ha preso il nome di “socialismo con caratteristiche cinesi”.

  • Rivolta di Tian’anmen (1989): è forse il più celebre (e controverso) capitolo della storia cinese contemporanea. Si tratta di una delle “Tre T”, gli argomenti tabù in Cina; le altre due sono Taiwan e Tibet. Le vicende di piazza Tian’anmen hanno rappresentato l’unica vera crisi nel sistema statale cinese post-maoista, e sono spesso sbandierate dall’Occidente come prova dello scarso rispetto del PCC nei confronti dei diritti umani. In realtà, la questione è assai complessa e non è possibile liquidarla come estemporanea repressione di una protesta; le istanze di democratizzazione erano portate avanti in Cina da più di dieci anni e hanno rappresentato la spina nel fianco nella governance di Deng. Torneremo su questo argomento in un articolo futuro, quando lo scrittore Ma Jian ci racconterà la storia di uno studente coinvolto nelle proteste.

Proverò a portarvi in viaggio in un paese dagli incredibili contrasti, incapace di lasciare indifferente il visitatore curioso. Come per l’Africa, si dice che una volta attraversato il Dragone si debba convivere per sempre con una sensazione di mancanza e nostalgia, il “mal di Cina”. Perché la Cina è una terra dal sapore a volte amaro, ma altre volte così dolce da portarci al punto di non potercene staccare. È un dramma, è un sogno, è una visione. A patto di abbandonare i pregiudizi, può regalare la più assoluta ebbrezza di sensazioni in uno spazio piccolissimo, da tenere in punta di bacchette.

di F. Ceccarelli