Boy Erased – Vite cancellate (2018)

di Joel Edgerton

Boy Erased – Vite cancellate (2018)

Fingi finché riesci, diventa l’uomo che non sei.

È questo uno dei messaggi ripetuti alla scuola di conversione, di cui si racconta nell’ultimo film che vede protagonista l’attore Lucas Hedges, Boy Erased – Vite cancellate.

La storia parla di uno di quei centri che pretendono di curare dall’omosessualità ragazzi e ragazze, rei di provare sentimenti per le persone “sbagliate”.

La possibilità di cambiamento prospettata da questi programmi è possibile poiché coloro che li gestiscono credono che un orientamento non eterosessuale sia una scelta peccaminosa, che in quanto tale si può e si deve controllare.

Si ricercano le colpe nella famiglia, in quell’esempio negativo, soprattutto relativo alla figura paterna per quanto riguarda i ragazzi, che ha determinato questa fuoriuscita dai binari della normalità.

Il titolo della pellicola esprime bene ciò che accade in questi luoghi in cui, spinti da genitori molto religiosi e anche dal proprio senso di colpa, molti giovani si recano sperando di guarire e ritrovare la retta via, diventando invece vittime di programmi che vorrebbero appunto cancellare ciò che sono, per ridisegnarli come si pensa dovrebbero essere.

Ma se occorrono delle lezioni per imparare a comportarsi da veri uomini è evidente che non si tratta di qualcosa di naturale e innato, ma di costruzioni sociali che tentano di imprigionare la personalità di ognuno soltanto in base al genere di appartenenza. Non a caso, una delle accuse rivolte alla società contemporanea da parte dell’insegnante del corso è che ormai c’è troppa scelta, e ciò in un’ottica che vede il mondo diviso in bianco e nero, senza possibilità di libero arbitrio, non è una conquista ma al contrario un sacrilegio, che si combatte adeguandosi a quello che invece, secondo loro, è il progetto di Dio.

In particolare, fanno quasi sorridere i momenti in cui il terapeuta cerca di insegnare ai giovani uomini ad essere virili, assumendo determinate pose, atteggiamenti, e valorizzando la loro prestanza fisica, se non fosse che oltre al fatto che il film è ispirato al memoir di Garrad Conly, tali terapie continuano ad essere praticate in 36 stati americani, in cui queste presunte conversioni sono ancora considerate legali.

Protagonista del film è Jared, il figlio di un pastore, il quale in seguito ad un’esperienza traumatica è spinto a confessare ai genitori la propria omosessualità. La reazione da parte della famiglia, soprattutto del padre, è quella di affrontate subito tale situazione per loro inaccettabile, che va contro quei principi religiosi in cui credono fermamente. Così l’amore per il proprio figlio si scontra con la fede, o meglio con una sua versione molto manichea, e quest’ultima prende il sopravvento, portando alla decisione di risolvere il problema tramite l’iscrizione del ragazzo ad un programma di conversione.

D’altra parte Jared, influenzato da anni di convinzioni religiose e desideroso di essere l’uomo che i suoi vogliono che sia, sebbene molto confuso, sente a sua volta di avere qualcosa di sbagliato, e allora abbandona per qualche settimana il college in cui si è iscritto da poco, per partecipare a questa terapia.

Inizialmente l’ambiente è quasi accogliente, non a caso viene chiamato programma Rifugio ed è organizzato da un centro il cui nome è Love in action (un gruppo ancora attivo, ma rinominato Restoration path). Alla prima lezione, inoltre, viene da subito precisato che Dio ama tutti loro, a prescindere dalle proprie azioni, anche se ciò comunque non toglie che i loro sentimenti siano considerati un peccato da cui redimersi.

E infatti pian piano le “lezioni” diventano sempre più umilianti, dal momento che i ragazzi sono costretti a fare confessioni di gruppo in cui devono raccontare le proprie esperienze intime illecite, o a partecipare a delle vere e proprie messe in scena che servono a rappresentare l’errore in cui sono caduti, così da essere puniti platealmente. Ciò ovviamente costituisce una violenza psicologica che si trasforma in autocolpevolizzazione e che l’unica cosa che insegna ai ragazzi è a odiare se stessi, portando talvolta a conseguenze drammatiche.

Il film diretto e sceneggiato da Joel Edgerton, il quale interpreta anche il terapeuta del centro, si focalizza sulla vicenda e sulle emozioni del protagonista, attraverso primi piani che evidenziano il turbinio di emozioni che lo invadono, senza bisogno di utilizzare troppe parole.

Un certo spazio, inoltre, è dato al rapporto con la madre (a cui presta il suo volto un’ottima Nicole Kidman), la quale è anch’essa presa da sentimenti contrastanti, dovuti al fatto che mentre da una parte è succube del marito e delle sue idee, a cui finisce per accondiscendere, dall’altra soffre nel vedere il proprio figlio, che ama così com’è, sottoposto a un programma che invece vorrebbe cambiarlo.

Tale scelta, però, rende gli altri giovani partecipanti alla terapia, personaggi potenzialmente molto interessanti e che sarebbe stato utile approfondire, soltanto un contorno nella vita di Jared, il quale non instaura con nessuno di loro un rapporto più stretto.

Quella del protagonista di Boy Erased dovrebbe essere una storia anacronistica, ormai ricordo lontano di tempi passati, e invece sono più di 70000 i giovani americani che negli ultimi anni sono stati sottoposti a questa sedicente terapia di conversione.

Ma alla fine della pellicola, come dice Jared al padre, coloro che devono cambiare non sono quei giovani, colpevolizzati per il loro orientamento sessuale, bensì le persone che li credono sbagliati.Articolo a cura di Maria Concetta Fontana

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