Inganno e ingenuità: la triste sorte di Eracle
Eracle (o Ercole) fu l’eroe della mitologia greca per antonomasia. Il figlio nato dall’infedeltà di Zeus per eccellenza. Senza nessun’ombra di dubbio, il possente Eracle fu il semidio più celebre dell’antichità. La sua forza, come la sue gesta, sono diventate leggenda nella civiltà greco-romana: dalle proverbiali dodici fatiche, al salvataggio del titano Prometeo, ai suoi viaggi in Asia e oltre i confini del mondo. Sempre stando alle leggende e dicerie sul suo conto, nei suoi innumerevoli viaggi fondò diverse città, tra cui alcune in Italia: Tibur (Tivoli) e Ercolano (a cui dà il nome).
Divenne una figura leggendaria, così ammaliante fu il suo mito, che anche il primo tra i conquistatori, Alessandro Magno, decise di prenderlo come modello, cercando in tutti modi di emularne le imprese tramite la conquista dell’Asia. Il condottiero macedone, si sentì dire fin dall’infanzia di discendere da Achille e, appunto, da Eracle. Nel corso della sua breve (ma intensa) vita, i suoi exploits sul campo di battaglia e le successive conquiste, dimostrarono che gli spettasse di diritto un posto nell’Olimpo assieme agli altri Dei.
L’immagine e mito di Eracle ebbero un forte impatto nel mondo romano; in particolare, nel caso dell’imperatore Commodo. L’indegno successore del Divo Antonino (Marco Aurelio), lasciò ai posteri molte statue di se stesso che lo ritraevano come Eracle: capelli mossi, barba lunga, pelliccia del Leone di Nemea sul capo, e clava in mano. Inoltre, cercò di emulare la sua forza fisica combattendo svariate volte all’interno dell’arena del Colosseo. Inutile aggiungere che la maggior parte di quegli scontri furono truccati e che Commodo fu il simbolo del lento e lungo declino che l’impero romano avrebbe attraversato nel III secolo d.C.
Le eroiche imprese del possente Eracle furono così immense, che anche all’interno della stessa mitologia greca hanno saputo ispirare altri miti o figure mitologiche. La figura più eccelsa che spicca sopra a tute le altre, è senz’altro il fondatore di Atene, Teseo. Il futuro fondatore, nonché primo re di Atene, iniziò come compagno di viaggio di Eracle. All’inizio, il ruolo di Teseo si limita a quello di semplice spalla di Eracle. Infatti, lo accompagna in molti dei suoi viaggi. Tuttavia, guadagna via via sempre più spazio nei racconti, tanto da diventare successivamente comprimario con Ercole in una delle sue fatiche: la presa della cintura d’Ippolita, regina delle Amazzoni. Tutto questo, lo porta a diventare un amico fidato dell’eroe, sul cui consiglio poteva sempre contare. Nelle storie successive, la figura di Teseo riesce a “staccarsi” dall’ombra di Eracle, ma neppure lui nelle imprese personali, riuscirà ad evitare l’appellativo di «Allos houtos Herakles» (questo è un altro Eracle). Come poter dar torto a questa affermazione? Le imprese di Teseo sono molto simili a quelle di Eracle. Innanzitutto, anche lui ha dovuto compiere una serie di fatiche (sei, però, e non dodici) per dimostrare il proprio valore. Le creature leggendarie che ha dovuto affrontare il giovane Teseo, come ad esempio il Toro di Maratona, era una vecchia conoscenza di Eracle. Molto spesso, i suoi viaggi lo portano a liberare città e villaggi da tiranni e oppressori, riportando la giustizia in quelle terre. Teseo è tuttora considerato come l’eroe fondatore degli Ioni (popolo che andrà ad occupare la regione Attica della Grecia e parte dell’Asia minore). La sua sorte è dunque sempre in parallelo con la vita e alle gesta d’Eracle, reputato – lui- il fondatore della civiltà dorica.
Come detto in precedenza, Eracle è una delle figure greche più ricorrenti della mitologia. Ma come perse la vita tale eroe? Come perì colui che riuscì a sconfiggere creature mostruose come l’idra di Lerna o il leone di Nemea? Fu sopraffatto dall’ennesimo complotto orchestrato dalla matrigna Giunone, l’odiata regina degli Dei che fin dalla nascita non aveva sopportato l’esistenza d’Eracle? La sua gelosia era più che legittima: Giove era noto per la sua infedeltà. La stragrande maggioranza dei semi-dei greci furono figli illegitimi di Giove. Ma nel caso di Eracle, l’astio nei suoi confronti superò ogni limite immaginabile. Pensate, già all’età di 8 mesi, quando era ancora in culla, Eracle dovette combattere per la propria vita: accecata dall’odio, Giunone cercò di assassinare il piccolo, inviando due serpenti estremamente grossi e letali a soffocarlo nelle loro spire. Fu la prima dimostrazione della sproporzionata forza fisica del piccolo, che in breve istante riuscì a togliere di mezzo i due rettili. Per tutto il corso della sua vita, dall’infanzia all’adolescenza, dalla maturità al matrimonio, Giunone cercò sempre di ostacolare l’eroe nel suo gloriose imprese. Tuttavia, i suoi tentativi finirono quasi sempre in un fiasco colossale. Quasi. Stando a uno dei più celebri drammaturghi greci, Euripide, attraverso l’inganno Giunone riuscì almeno una volta a vendicarsi del figliastro. Secondol’Eracle furente di Euripide (420 a.C.), infatti, un piano ben escogitato – tramite Lissa (personificazione della rabbia) – convincerà l’eroe che i propri figli siano il frutto dell’unione di Megara (la sua prima moglie) e uno dei suoi storici nemici: Euristeo – l’uomo che costrinse l’eroe (traendone vantaggio) a compiere le sue dodici fatiche. Il piano ebbe successo: Eracle impazzì e uccise moglie e figli. Una volta tornato in sé, se ne vergognò profondamente e meditò il suicidio. Prima di essere sopraffatto dal suo senso di colpa, intervenne l’amico Teseo riuscendo a convincerlo a non togliersi la vita. Anzi, lo spronò a espiare le sue colpe continuando ad aiutare i deboli e gli oppressi.
Alla fine, non fu l’ennesima fatica disumana, né un complotto orchestrato da Giunone che posero fine alla sua esistenza. No, furono l’inganno e la stoltezza a uccidere Eracle, o per meglio dire, a causarne la prematura dipartita.
Si narra che un centauro di nome Nesso tentò di rapire la seconda moglie di Eracle, Deianira. Nesso non ebbe successo nel suo intento, e di conseguenza fu rapidamente ucciso dal semidio greco. Poco prima di spirare, Nesso si accorse dell’insicurezza di Deianira. La moglie dell’eroe temeva infatti che il marito potesse tradirla in futuro. In parte, le sue paure erano più che legittime: gli eroi non erano celebri per essere fedeli alle loro consorti. Basti ripensare a Ulisse, Teseo e Giasone. Dunque, approfittando di questa sua insicurezza, il centauro si finse suo amico e consigliò all’ingenua Deianira di raccogliere qualche goccia del suo sangue di centauro. Il motivo? Le sarebbe stato utile per riaccendere l’interesse amoroso del marito nei suoi confronti, nel caso egli si fosse invaghito di un’altra donna. Allora sarebbe bastato intridere di questo sangue un indumento nuovo e farglielo indossare.
L’occasione non tardò a presentarsi e prese forma nel volto della giovanissima e bellissima Iole. Deianira, in preda al panico e conscia di non poter superare in bellezza la sua rivale, decise di seguire il consiglio di Nesso. Sotto consiglio della moglie, Eracle indossò la tunica intinta con il sangue del centauro. Le conseguenze furono drammatiche: il sangue ebbe su Eracle un effetto ancora più atroce di qualsiasi veleno.
E fu così che morì uno dei più grandi eroi della mitologia greca: per mano di un morto (come un oracolo gli aveva profetizzato) e tra urla strazianti di dolore.
Tuttavia, neanche la morte e il destino beffardo riescono a intaccare le gesta eroiche di colui che fu riferimento per i grandi della storia, e che tuttora è simbolo di forza, tenacia e indomito coraggio.
di Romain Iovinelli
Fonti
Angela Cerotti, Miti greci e di Roma antica, Firenze, Giunti, 2018.
Plutarco, Vite Parallele. Teseo e Romolo, I-II sec. d.C., Milano, Rizzoli 2018, a cura di Barbara Scardigli, testo greco a fronte.