Culturificio
pubblicato 2 anni fa in Primulètte

Prehistorica: Sigma di Julia Deck

Prehistorica: Sigma di Julia Deck

Le primulètte sono le prime letture dei libri che leggeremo, quelli che non ci vogliamo dimenticare. E per questo vogliamo seminarli prima che fioriscano tra gli scaffali delle librerie. Ecco la primulètta numero dieci, Sigma di Julia Deck (traduzione di Lorenza Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco, Prehistorica).


Da Sigma, operazioni elvetiche, a Sigma, direzione esecutiva, Berna, 15 marzo, 17:50

Siamo venuti a sapere che un’opera scomparsa del pittore Konrad Kessler sarebbe riapparsa nei pressi di Ginevra. È dalla fine del secolo scorso che la nostra Organizzazione tenta di limitare l’influenza di questo artista sovversivo. Ma dal momento che, nonostante i nostri sforzi, la sua fama continua a crescere, temiamo che il ritrovamento di un suo capolavoro possa incrementare la sua capacità di nuocere. Salvo parere contrario, siamo pronti a rendere operativa la nostra rete affinché la ricezione pubblica dell’opera avvenga in maniera conforme alle nostre esigenze.

Da Sigma, direzione esecutiva, a Sigma, operazioni elvetiche, New York, 15 marzo, 12:23

Il consiglio d’amministrazione si compiace della vostra diligenza. Come sempre, farete leva sui meccanismi più profondi della personalità, che nelle grandi questioni del mondo contano decisamente più delle idee. Le idee non ci piacciono molto.

Da Sigma, operazioni elvetiche, a Sigma, direzione ese- cutiva, Berna, 16 marzo, 23:45

L’operazione Kessler è scattata, i nostri agenti si stan- no infiltrando presso tutti i soggetti interessati. Alcuni di questi sono già sotto la nostra sorveglianza per via delle posizioni influenti che occupano nei rispettivi am- biti. Raccomandiamo agli agenti incaricati di tenerli sotto controllo e di fare attenzione a qualsiasi elemento che li colleghi al controverso pittore.

1

Da Béatrice Bobillard a Sigma, Ginevra, 25 marzo, 23:50

Lo vedo apparire quando il tram si allontana, non più nascosto dalla lamiera in movimento. La nebbia che sale dal lago invade tutto il cantone e ricade in goccioloni molli nella luce dei fari, costringendolo ad aprire l’ombrello. Si dirige a passo lento verso il Remor. Sul marcia- piede umido si disegna per un istante l’impronta delle sue suole, dopodiché sull’asfalto si ricompone, intatto, il riflesso dell’insegna luminosa.

L’uomo spinge la porta con l’aria dell’habitué, senza consultare la lavagna. All’interno i clienti si accalcano sotto i lampadari ossidati, chiacchierando sopra bevande fumanti, piatti di minestra e quei dolciumi massicci tanto apprezzati nei paesi dell’Europa centrale.

– Un altro fascicolo e mollo tutto, dichiara una giova- ne donna seduta sul divanetto accanto a lui.

Con due dita decise posa il cucchiaio sul tavolo, lanciandogli uno sguardo di sfuggita. La mano scende ver- so il ginocchio avvolto in un paio di calze nere sotto la minigonna color crema, poi risale verso un lobo incrostato d’oro tra i riccioli lucenti.
Il giovanotto che le sta di fronte – pantaloni grigio

ardesia, giacca blue marine e fazzoletto rosso granata tempestato di pois bianco latte – si è spostato un po’ per lasciar passare il nuovo arrivato. E nel farlo lo ha osservato, dapprima con indifferenza, poi con una certa sorpresa e infine con vivissimo piacere.

– Devi avere pazienza, Sarah, spiega alla giovane donna. Gli analisti vengono tenuti sotto osservazione a lungo prima di essere mandati in missione.

– Per te è facile, Thadeus, si addolcisce lei con una smorfia graziosa. Ormai sono tre anni che lavori in quella galleria.

Il loro vicino ha ordinato una vellutata di acetosa e una porzione di Emmental, e quell’antipasto e quel formaggio sono tutta la sua cena. Mentre il cameriere apparecchia, lui tira fuori dalla tasca un telefono e una rivista con in copertina una smagliante Pola Stalker. Ha la mano sinistra posata sul corpo dell’attrice e intanto, con la destra, scorre la rubrica del telefono, seleziona un nome con uno sfioramento del pollice e chiama un numero con un colpetto un po’ più deciso.

– Sono Alexis, dice quando all’altro capo qualcuno ri- sponde. (Dice Nalexis, strascicando la i, con un leggero accento nella voce, una vaga reminiscenza geografica.) So Nalexis, ripete come per convincersene lui stesso, ti disturbo? Ah, sei in viaggio. Sì, me l’avevi detto. Sì, me n’ero dimenticato. Sarò brevissimo. Volevo solo dirti, per domenica. Non posso. No, mi dispiace, ho già un impegno, eh peccato, purtroppo è impossibile.
Il cameriere serve la vellutata, mettendo la tavola sot- tosopra e costringendolo a spostare la rivista dall’altra parte del piatto, al di là del bicchiere nel quale ora tremola la sagoma perfetta dell’attrice.
– Come sarebbe a dire che non ho niente in programma per domenica, si indigna l’uomo al cellulare. No, non mi arrabbio, ma tu non sei la mia segretaria, non sei il responsabile della mia agenda, il padrone dei miei spostamenti. Tanto più che la mia segretaria mi ha appena mollato, quindi non è proprio il momento di farmi innervosire.

Poi si interrompe, scosta il bicchiere e riavvicina a sé la rivista. Mentre continua a discutere, la sua attenzione sembra essere attratta dal volto perfetto di Pola Stalker: Non è vero che me ne sto sempre chiuso in casa, ho da fare e mi sorprende che tu ci trovi qualcosa da ridire, tu che non hai mai tempo per nessuno. Cos’è, non puoi passare una domenica in famiglia? Dopotutto sono tua moglie e i tuoi figli, no? E il fatto che tu mi voglia a tutti i costi come testimone della vostra felicità domenicale, detto tra noi, mi sembra sempre più sospetto.

Al tavolo accanto i due giovani alzano gli occhi al cielo, poi tornano a parlare dei fatti loro, e io posso seguire la conversazione mentre l’uomo lascia la parola al suo interlocutore, che a quanto pare si è lanciato in una re- plica tanto furibonda quanto fluviale.

– Sì, devo dire che mi trovo bene alla galleria, prosegue con soddisfazione l’uomo di nome Thadeus. Stiamo allestendo una mostra su Konrad Kessler. Lo conosci?

– È il più grande pittore svizzero del Ventesimo secolo.

– In realtà è tedesco, la corregge il giovanotto. Ricco possidente di Amburgo, prima della grande guerra è stato un ingegnere navale e un pittore di marine. Ma dopo quattro anni al fronte, non c’è più niente che gli interessi. Viene mandato a Ginevra dove, in mancanza di meglio, riprende a dipingere. E nel giro di qualche anno ecco che diventa, come dici tu, il più grande pittore svizzero del Ventesimo secolo.