Sbadataggine e stress
sul perché quando siamo sotto pressione diventiamo carogne
Alle volte, probabilmente, ci è capitato di apprendere in maniera accidentale -e poi di ricordare- la data del compleanno della nostra zia di terzo grado da parte di madre -che abbiamo visto due volte nella nostra vita- in maniera semplice e naturale. Altre volte, nonostante il massimo della concentrazione e della buona volontà, ci siamo invece dimostrati incapaci di ricordare un appuntamento, una scadenza, un particolare fondamentale per la nostra esistenza.
Gran parte della nostra capacità di ricordare dipende dal contesto motivazionale ed emotivo in cui ci troviamo mentre apprendiamo e mentre ricordiamo: più una cosa ci stupisce, incuriosisce, spaventa, o ci rende felici o tristi, più probabilmente la ricorderemo; più una cosa ci è indifferente, più la etichettiamo come non rilevante, quindi ci sfuggirà di mente.
Questo paradigma funziona la maggior parte delle volte, tranne che per una varabile particolare: lo stress.
Per stress si intende, in fisica, il tensore degli sforzi in un sistema continuo.
In medicina, per stress si intende ogni causa capace di esercitare sull’organismo, con la sua azione prolungata, uno stimolo dannoso, provocandone di conseguenza una reazione.
In cosa consiste questa reazione?
Poniamo che il logorio della vita moderna ci stia risucchiando: il nostro cervello riceve dal mondo esterno delle informazioni – di solito più di quanto se ne possa permettere di assorbire- e noi, presi da queste, iniziamo a organizzare le nostre giornate. Il problema risiede nel fatto che è possibile che queste informazioni siano rese tutte ugualmente rilevanti, a causa di pressioni interne o esterne a noi stessi. Il nostro calendario e la nostra agenda sono piene di scadenze, i nostri impegni si moltiplicano, le nostre promesse gravano sul collo e soprattutto iniziamo a considerare tutta questa roba come ugualmente prioritaria per la nostra vita, come se fossimo inseguiti h24 da una valanga o da un tornado da cui non ci è possibile sfuggire. Risultato? Il nostro cervello sovraccaricato inizierà ad inviare dei segnali chimici a tutto il corpo, ordinandogli di accelerare: battito cardiaco più elevato, pressione arteriosa più alta, valori più alti di cortisolo, di citochine infiammatorie e una valanga di altre sostanze che hanno un chiaro significato: emergenza, efficienza, pericolo, catastrofe imminente da cui occorre fuggire.
Prendete questo stato e spalmatelo abbondantemente per i mesi, gli anni, le decadi che trascorriamo senza prenderci una vera pausa da ciò che ci fa preoccupare.
Ulteriore risultato? A questo stato ci abituiamo. Nemmeno ci rendiamo più conto dei segnali che il corpo ci invia; tuttavia, a parte le tremende malattie a medio e lungo termine che ci aspettano dopo una vita di stenti (tumori, malattie cardiache, pressorie, di natura autoimmune etc, etc, etc.), il corpo e il cervello ci regalano degli altri piccoli ma potenti segnali:
– difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno;
– irritabilità (chi è “fortunato” diventa una carogna nei rapporti interpersonali, chi è “sfortunato” soffre in silenzio e si chiude in se stesso);
– brusche oscillazioni del peso corporeo (e il dimagrimento è in percentuale meno probabile dell’aumento di peso a causa di tutta una serie di variabili alimentari. Così, per dire che “la dieta dello stress” è fallimentare);
– difficoltà di concentrazione e di apprendimento di nuove memorie.
Un cervello che si sente in pericolo non ha tempo e modo di imparare o tenere a mente nuove cose; ha solo un obiettivo: aspettare che l’uragano passi per potersi riposare.
In più, un cervello che conosce ormai solo il pericolo inizia a non “curarsi” delle aree che servono all’immagazzinamento di nuove memorie: le aree dell’ippocampo e simili iniziano a ridursi di volume. Se le esperienze della vita fanno tutte schifo, tanto vale non processarle affatto.
Ecco spiegato per sommi capi perché quando siamo sotto pressione ci può capitare di dimenticare i compleanni, gli appuntamenti, le confessioni che le persone a noi vicine ci hanno fatto. “Hai la testa da un’altra parte”, “non mi ascolti quando parlo”, “certo che per te sono diventato/a invisibile”, “ti interessa solo della tua vita, a me non pensi mai” sono frasi che ci sentiamo dire in questi casi, le quali aggiungono ulteriore peso sulla nostra già instabile palafitta edificata sulla disperazione.
Lo stress fa male al cervello e lo danneggia come se fosse una sostanza fisica, come se fosse un veleno, una sostanza d’abuso. Attenzione dunque a fare i salutisti ma con l’agenda piena di impegni o obblighi accavallati e mal organizzati. Attenzione a chiedere a voi stessi e a chiedere a chi vi sta intorno delle cose che sono francamente non fondamentali e accessorie facendole passare invece come ineluttabili; in questo modo state disseminando delle mine, state lanciando bombe a mano al vostro cervello e a quello degli altri. Il mondo è già abbastanza incasinato, nessuno di noi ha bisogno di nuovi guerrafondai.