Tonia Samela
pubblicato 6 anni fa in Everyday tips

Credo di sapere a cosa stai pensando

articolo semiserio su un ambito applicativo della cosiddetta “lettura del pensiero”

Credo di sapere a cosa stai pensando

Quando penso a mia moglie penso sempre alla sua testa. Immagino di aprirle quel cranio perfetto e srotolarle il cervello in cerca di risposte alle domande principali di ogni matrimonio: – a cosa pensi? – ; – come ti senti? – ; – che cosa ci siamo fatti? – .

Il monologo di apertura del film Gone Girl, di Fincher, del 2014, recita più o meno così e dà voce in realtà a una delle domande che hanno pervaso la storia della psicologia – e della parapsicologia – per moltissimo tempo.
Ancora oggi, la “Lettura del Pensiero” sembra essere un argomento che suscita moltissimo interesse nelle persone e per trovare conferma di ciò, basta digitare su google le due paroline chiave: “lettura” + “pensiero”, per scoprire un mondo sommerso fatto di occultismo, parapsicologia e cialtronerie di ogni genere, gettate nella rete per i fini più diversi, tra cui, chiaramente, il lucro.
In realtà, anche questo bisogno di spiegazione e questa fitta rete di credenze costruite attorno al tema, potrebbe celare la volontà mai estinta e tutta umana di comprendere il funzionamento – soprattutto dal punto comunicativo e linguistico – degli altri esseri umani.
Sul versante della ricerca scientifica l’interesse per la lettura della mente è stato altalenante e si è spesso dovuto confrontare con difficoltà di ordine tecnico. Nel 1913 J. B. Watson ha pubblicato un articolo-manifesto intitolato: La psicologia come la vede un comportamentista, dando origine al Comportamentismo. L’assunto alla base di questo movimento è legato allo studio scientifico del comportamento, cioè degli aspetti visibili, praticamente osservabili, dell’attività mentale. Si può affermare con una certa sicurezza che, con la nascita del movimento comportamentista, il concetto stesso di psicologia che si era diffuso negli anni precedenti subì un radicale mutamento. Watson era infatti convinto che l’oggetto di studio privilegiato dei primi psicologi – la “mente” – per quanto affascinante fosse in realtà un’entità troppo vaga, mal definita, studiabile soltanto da un punto di vista soggettivo, al punto da non poter essere assunto in alcun modo come oggetto di studio di una disciplina che voleva proporsi come sperimentale e scientifica. In poche parole, secondo il padre del comportamentismo leggere la mente è impossibile, o almeno lo è se si vogliono rispettare gli standard del metodo scientifico.
Alla luce d tale assunto, soluzione che Watson trovò alla poca replicabilità delle osservazioni sul comportamento umano fu quello di considerare i prodotti della mente solo sul versante del comportamento da essa prodotto, considerando la mente, appunto, come una “black box”, un oggetto imperscrutabile, di cui non valeva la pena occuparsi.
Dai tempi di Watson molte cose sono cambiate e le nuove tecnologie ci sono venute in soccorso allo scopo di far luce nella “black box”.
Certo, siamo ancora ben lontani dal “leggere nel pensiero”, anche perché gli scopi della ricerca, la maggior parte delle volte, sono finalizzati al miglioramento di condizioni avverse specifiche e non a generiche velleità sciamaniche; ad esempio, per le persone che sono paralizzate o che non sono più in grado di parlare ma che sono ancora in grado di creare network cerebrali adatti a formare un linguaggio c’è una speranza. Attualmente queste persone possono “pensare” a un discorso, ma nessuno è in grado di decifrare i loro messaggi neuronali direttamente, quindi nessuno è in grado di capire cosa ci vogliono dire.
Per dare una speranza a queste persone, tre gruppi di ricercatori hanno recentemente fatto progressi nel “tradurre” (o “trasformare”) i segnali elettrici provenienti da elettrodi cerebrali in linguaggio umano, usando come trasduttore una intelligenza artificiale. Usando modelli computazionali, meglio conosciuti come reti neurali, i ricercatori sono stati in grado di ricostruire parole e frasi che, in alcuni casi, si sono dimostrate essere intellegibili alle orecchie di ascoltatori umani in un range di casi che vanno dal 40 all’80% delle volte.
In particolare in uno dei tre esperimenti, l’intelligenza artificiale, attraverso l’analisi dell’attivazione della corteccia uditiva (che si attiva sia nell’ascolto di parole che durante il parlato) è stata in grado di ricostruire e riprodurre dei numeri che il soggetto sperimentale stava ascoltando, in una sequenza da zero a nove, durante il task sperimentale. I numeri, trasdotti dall’attivazione cerebrale all’intelligenza artificiale e poi vocalizzati dal computer, sono stati riconosciuti poi da ascoltatori umani indipendenti nel 75% dei casi.
Nessuna condizione sperimentale è riuscita ancora a ricreare un discorso che era stato solamente “pensato” dai soggetti sperimentali, tuttavia anche risultati di questo tipo ci avvicinano sempre di più ad aiutare quelle persone che hanno perso la capacità di emettere frasi.
Purtroppo, capire invece cosa c’è nella testa del nostro partner quando appare imperscrutabile, invece, occorre ancora far affidamento al buon vecchio metodo: domande dirette, empatia e comprensione.

 

 

 

 

Bibliografia, Filmografia, Sitografia e fonti:
Gone Girl (Gone Girl), 2014, David Fincher;
Science online : https://www.sciencemag.org/news/2019/01/artificial-intelligence-turns-brain-activity-speech
Watson, J. B. (1913). Psychology as the behaviorist views it. Psychological review, 20(2), 158.

L’immagine di copertina è tratta da: http://tjsacks.com/reading-pr-clients-mind/