Il Bafometto. Klossowski e il suo azzardo visionario
il mondo rividenuto favola
E adesso sollecito il tuo intervento, Gran Maestro del Tempio! Accoglimi come hai ricevuto loro! Giacché io mi sono esclusa dal novero degli eletti e ho distolto i miei occhi dalla contemplazione del volto di Dio!
Ritorna in libreria, edito da Adelphi, “Il Bafometto” di Pierre Klossowski (1905-2001), scrittore, pittore e tra i principali promotori della Nietzsche-renaissance. Adelphi ci ripropone il suo ultimo romanzo in una nuova traduzione a cura di Giuseppe Girimonti Greco.
Opera totalmente visionaria questa di Klossowski dove i personaggi sono ‘soffi’ , invisibili anime potenti con la capacità di tramutare parole in gesti, spostamenti in pianti e viceversa… assistiamo al mondo ridivenuto favola, sacro amplesso in una stanza vorticosa o spazio non specificato, dove sussurri appaiono, le anime si spengono, si riaccendono vacanti; dove la storia dei Templari è il massimo di attualità possibile. Poco l’autore presta attenzione ai fatti storici, a volte tralascia questi passaggi per spostarsi sul punto mistico delle apparizioni.
De “Il Bafometto” scrisse Maurice Blanchot che esso “trasformando in mito la leggenda dei Templari, spiega con sontuosità barocca l’esperienza dell’eterno ritorno di Nietzsche.”
“In un mondo senza il sacro siamo diventati solo turisti” (L’innominabile attuale, Roberto Calasso, 2017)
Il Bafometto del sacro ne è pregno, forse capovolto, rigurgitante di blasfemia. Così questa sacra creatura ci appare occulta, idolo pagano della cui venerazione accusati furono i Templari; si presenta qui esso nel corpo di un quattordicenne definendosi il Principe delle modificazioni, poi in altro tempo sotto forma di formichiere. Bafometto vanifica e insulta l’illusione all’uomo donando solo oblio, e che, per fare ciò deve essere offeso a sua volta, in perpetuo vagare ad un eterno ritorno è esso condannato. In questo libro teologico si esplora la bassezza della natura umana; i gesti dei protagonisti (Jacques de Molay, Teresa d’Avila, Damines, Ogier) vagamente ricordano neonati, bambini mai diventati adulti, escono e rientrano; un gioco del totale o della perdizione in cui campo è vita o morte, si tiene o si lascia.
Dice Klossowski in una lettera a Jean Decottignies: “Per il termine ‘Bafometto’ ho proposto varie etimologie , non ho tenuto conto delle ipotesi di Albert Olivier, secondo la quale si tratterrebbe di un errore di pronuncia del nome Maometto. I tre fonemi che formano il termine starebbero invece a significare, in linguaggio cifrato, ‘Basileus philosophorum metallicorum’: sovrano dei filosofi metallurgici , cioè delle officine di alchimisti che sarebbero sorte presso alcune comunità di Templari.” Tornando ancora sulla distinzione tra il Bafometto e l’Anticristo, egli spiega che “le due figure sono nettamente distinte. Assimilare l’una all’altra equivale a disfare l’intreccio della mia favola.”
Parlare in modo fruibile di questo romanzo che sfugge anche a se stesso è assai faticoso, potrebbe esso spiegarci il perché di tali stupri, delle violazioni interiori che raddoppiano, si decuplicano nel mondo non bastando a dare lo sbocco a siffatti travestimenti; per questo le nascite aumentano, gli spirati che vorrebbero rinascere superano sempre il numero dei corpi che nascono, e Dio? Sempre più lontano, qui lo si nomina sempre per tramite ma mai è presente se non per bocca dei ‘soffi’ ad insultarlo perché forse da lui abbandonati al proprio giudizio.
Gravi ne sono le conseguenze al di là delle loro vite, perché, in tutte queste anime da padrona è la colpa, la perdita stessa della loro coscienza di essere o corpo o anima. Klossowski così ci regala la sua visione trasformata in ciclo stilistico, di ottima altitudine e alquanto retorico, applicando il pensiero nietzschiano dell’eterno ritorno e mettendo il lettore a dura prova. Ma badate, con una piccola concentrazione in più non si potrà fare a meno di ascoltare le grida e strazianti pianti delle anime perdute/ottenute, che continuamente vagano dai discorsi storici ai mistici, nascondendo alle spalle un’entità che fa da maître a tutto il romanzo: il misterioso principe delle modificazioni, se questo solo nome gli vale.
Articolo a cura di Marius Ghencea