Culturificio
pubblicato 8 anni fa in Letteratura

Calvino e le Città Invisibili

Calvino e le Città Invisibili

Così viaggiando nel territorio di Ersilia incontri le rovine delle città abbandonate, senza le mura che non durano, senza le ossa dei morti che il vento fa rotolare: ragnatele di rapporti intricati che cercano una forma

Queste parole concludono l’immagine descritta da Calvino della città di Ersilia, una delle cinquantacinque Città invisibili descritte dall’autore, ciascuna portatrice di un proprio denso valore simbolico: questa metropoli rappresenta l’essenza intricata dei rapporti umani, come questi si formino e si distruggano. Io, Ersilia, la leggo come la città dell’abbandono. Come immagini fluide si districano infatti le città di Calvino, davanti agli occhi del lettore e del Kublai Khan: si legge di morte, di rapporti umani, di specchi, di acqua, di ninfe. Le città invisibili di Italo Calvino è un viaggio del lettore attraverso i meandri delle percezioni umane: un vero e proprio viaggio dentro e fuori gli occhi dell’autore. Per ogni città descritta, a ciascuna delle quali lo scrittore assegna il nome di una donna, il lettore è invitato ad addentrarsi, in un fluente e al contempo intricato svolgersi di immagini e concetti, nella realtà complicata, nelle mille sue sfaccettature, espresse dall’autore con incredibile padronanza. Chi viaggia è Marco Polo, alla ricerca dell’ordine, a caccia di simboli, profumi, volti, occhi, da riportare e raccontare poi all’imperatore Kublai Khan, tra i fumi delle centinaia di sere trascorse nel giardino del palazzo. Marco Polo viaggia attraverso le città, osserva e racconta solo ciò che riesce ad esprimere, lasciando il Khan libero di immaginare il resto, il resto delle città esistenti e non. Nelle descrizioni delle città Calvino segue una metodica che fa parte del suo essere scrittore, e vi assegna un’ulteriore denominazione che molto dice della loro essenza: le città e la memoria, le città e il desiderio, le città e i segni. Per dare un’idea di come l’autore abbia catalogato, filtrato e cucito l’insieme di immagini, nella presentazione al libro (pag VII) scrive: «Tanti pezzi non sapevo classificarli e allora cercavo delle definizioni nuove. Potevo fare un gruppo delle città un po’ astratte, aeree, che finii per chiamare Le città sottili». image_bookIl letterato dalla voce esitante e dalla penna magica percorre, come un boomerang, le strade delle varie città e poi torna indietro con incollate addosso le botteghe, le voci, i colori, i comignoli, le bandiere. I temi affrontati sono vari, come sono varie le percezioni associate a ognuno di essi: si tratta di un classico che, come tutti i classici, esige un’immersione totale che mai si slega, però, dalla realtà; mai è fantasticheria effimera. Come spiega lo stesso Calvino in un’intervista: «Se tutto è fantasia non si tocca niente, non si realizza niente… se abbiamo intorno uno scenario di parallelepipedi, possiamo addobbarlo con bandierine, festoni e ali di farfalle; se abbiamo intorno invece uno scenario solo di ali di farfalle, non viene fuori niente». Un libro che richiede una lettura pedissequa, un viaggio da intraprendere poco per volta, magari una città al giorno, perché nelle strade di quelle città ci si viaggia per davvero: ci si può fermare ad ogni passo per osservare, incontrare gli occhi delle donne che ci vengono incontro, assaporare i profumi.

Articolo a cura di Cinzia Di Bernardo