Firma in stato di ebbrezza
La relatività delle regole
Tutto è relativo.
È incredibile come conoscendo persone provenienti da altri Paesi ci si possa spesso scontrare con idiosincrasie di abitudini, usanze e atteggiamenti.
In ogni Paese esistono differenti modi di comportarsi all’interno della società e può accadere che persone prevenienti da diverse realtà vengano a contatto e, in totale buona fede, creino veri e propri scontri culturali.
Questi incidenti, nel migliore dei casi, si risolvono con un sorriso e una stretta di mano, ma c’è la possibilità che si finisca per commettere qualche errore meno veniale.
L’abitudine italiana di gesticolare nel parlare – ad esempio – è assolutamente unica nel suo genere.
Mi è capitato, del tutto involontariamente, di offendere persone perché durante la nostra conversazione le avevo indicate con il dito per rafforzare il concetto (esempio: “ma questo posto è il tuo?” con susseguente indicazione dell’interlocutore con l’indice).
Altro esempio: mai toccare faccia e collo ad una persona di nazionalità egiziana.
Questo verrà preso come un affronto personale e un’offesa.
È curioso notare come gli esempi citati riguardino questioni di tutti i giorni ed è facile pensare che queste piccole idiosincrasie culturali non trascendano nel modo del lavoro o degli affari.
Sbagliato.
Esiste anche nel business una serie di comportamenti che sono differenti da cultura a cultura.
L’esempio più eclatante che posso fare riguarda il mondo giuridico.
La base di ogni affare nel mondo è il contratto, e un contratto di vendita è (grossomodo) lo stesso da Londra a Città del Capo.
Nel mondo giuridico occidentale esistono infatti dei principi cardine imprescindibili.
Uno di questi principi è la libertà delle parti, ossia la possibilità delle parti nel contratto di autodeterminarsi liberamente e decidere se concludere l’accordo o meno e a quali condizioni.
Al fine di garantire la libertà delle parti, quindi, il diritto pone dei precisi requisiti per la validità di un accordo.
Tra questi requisiti i più importanti riguardano le persone coinvolte nel contratto, che devono essere maggiorenni, sane di mente e liberi da ogni minaccia o influenza.
È evidente, quindi, agli occhi di un giurista italiano, che un contratto sottoscritto da una persona completamente ubriaca sia assolutamente invalido (o meglio, annullabile).
Nonostante la ragionevolezza di questo principio, si può affermare che anche questo sia legato all’aspetto culturale e sia tutt’altro che universale.
I businessmen cinesi, infatti, sono soliti bere (e molto!) durante la fase di trattative che porta alla firma di un contratto.
Trattenersi con una persona e bere in sua compagnia è infatti visto come una affermazione di rispetto e riconoscimento di un pari status sociale.
Un rifiuto in tale circostanza offenderebbe la controparte, che lo vedrebbe come l’affermazione di una superiorità da parte dell’incolpevole astemio.
È evidente che, dopo tutti i bicchieri bevuti nelle trattative, al momento della firma le parti siano entrambe in stato di ebbrezza, ma ciò non pare avere conseguenze dal punto di vista della validità dell’accordo.
Nuovamente si può dire: tutto è relativo.
Ciò che in Italia (e in occidente) è causa di invalidità dell’accordo in Cina è visto come un passaggio dovuto e necessario per la buona riuscita di un affare.