“Dal caos al cosmo. Introduzione al cosmismo russo” di Silvano Tagliagambe
Fra cielo e terra
Nel milieu culturale e filosofico russo a cavallo tra XIX e XX secolo si affermò un movimento basato su una concezione olistica dell’universo; discipline come la fisica, la biologia e le scienze umane instaurarono un prolifico dialogo giungendo a una visione in cui scienza e tecnica si univano alla tradizione spirituale ortodossa: il cosmismo.
Per avere un quadro preciso circa l’importanza e la straordinaria influenza che tale movimento ebbe nel mondo russo ci vengono in aiuto le pagine di Dal caos al cosmo. Introduzione al cosmismo russo di Silvano Tagliagambe, uscito per Sandro Teti Editore lo scorso dicembre.
La comprensione di un fenomeno sfaccettato e permeabile come il cosmismo è necessariamente legata a quella della tradizione spirituale russa. È da tali presupposti, infatti, che prende avvio il testo di Tagliagambe secondo cui «Il cosmismo non è soltanto un intero filone della cultura russa, che l’attraversa nei secoli, è una chiave interpretativa imprescindibile per comprenderne i tratti distintivi, un motivo conduttore che permette di ricostruire i nessi tra i diversi ambiti e livelli in cui essa si articola».
Un elemento di capitale importanza è costituito certamente dalla dimensione spaziale, livello essenziale sul quale si sviluppa la natura russa. Osserva infatti Vittorio Strada in La questione russa. Identità e destino che «una caratteristica del continuum spazio-temporale russo così come è stato vissuto nell’esperienza artistica sembra quello di una preponderanza della sua prima componente sulla seconda, ossia dello spazio sul tempo». Questo predominio risulta un concetto intrinsecamente legato al volo; lo stesso Pavel Florenskij – una delle figure cardine del cosmismo, sul quale Tagliagambe si sofferma a lungo – sosteneva infatti che il volo rappresenta la modalità in cui l’essere umano che abita lo spazio della storia ricerca il senso della vita in uno spazio, appunto, che non coincide con quello circoscritto in cui vive bensì con quello cosmico.
Punto di partenza di questa riflessione è Nikolaj Fëdorovič Fëdorov (1829-1903) la cui filosofia rappresenta il trait d’union fra il pensiero russo della prima metà dell’Ottocento e quelle nuove tendenze che si affermarono verso la fine del secolo. I suoi scritti, pubblicati postumi a inizio Novecento, vennero raccolti nell’opera Filosofia dell’opera comune. Articoli, pensieri e lettere (Filosofija obščego dela. Stat’i, mysli i pis’ma) e riscoperti solo successivamente: il ruolo della scienza nella realizzazione concreta di un progetto per l’umanità e l’importanza attribuita alla fratellanza universale infatti erano idee che ben si sposavano con l’utopia sovietica. Un’utopia era d’altronde lo stesso pensiero di Fëdorov, secondo il quale l’umanità doveva raggiungere la “patrificazione dell’universo”, che avrebbe portato all’annichilimento e al superamento della civiltà moderna. Da tale processo sarebbe scaturita poi una liberazione tesa a una compiuta saggezza positiva e all’immortalità dell’uomo, nonché all’idea secondo cui «la Terra è solo un punto di partenza, e a diventare sfera della nostra attività deve essere l’intero universo».
Il pensiero di Fëdorov esercitò un grande influsso su un altro filosofo: Vladimir Sergeevič Solov’ëv (1853-1900), per il quale il perfezionamento dell’uomo e il suo fine ultimo rappresentato dalla divinizzazione si possono raggiungere solo mediante la perfetta interazione e comunione di due esseri omogenei e di pari dignità. Tale rapporto, sostiene Solov’ëv, non può realizzarsi che attraverso l’amore, strumento al tempo stesso di martirio e di rigenerazione. Una simile visione escatologica di trasfigurazione della carne influenzò non solo Dostoevskij ma anche i principali rappresentanti del simbolismo russo, come Belyj e Blok.
L’idea di un’evoluzione attiva e consapevole tesa al raggiungimento della pienezza del suo essere da parte dell’umanità non si esaurirà con Solov’ëv, si evolverà anzi nell’Unione Sovietica degli anni Venti con il contributo di Vladimir Ivanovič Vernadskij (1863-1945) e il suo concetto di noosfera. L’essere umano diventa pertanto la più importante forza geologica il cui scopo coincide con la ricostruzione dell’ambiente in cui vive.
Questo concetto di sviluppo verrà ripreso successivamente dal padre della cosmonautica teorica russa: Konstantin Ėduardovič Ciolkovskij (1857-1935). Il compimento dell’evoluzione di tutta la materia del cosmo nonché di ogni forma di vita verso la perfezione si accompagna qui alla convinzione che nel cosmo non esistano gradi della scala evolutiva superiori a quelli dell’essere umano. Ed è proprio all’essere umano, una volta sviluppate le proprie conoscenze e fatte progredire così scienza e tecnica, che è affidato il compito di portare l’intero Universo alla perfezione. Le sue teorie su come vincere la gravitazione terrestre, esplorare i pianeti del sistema solare o contornare il sole con dimore artificiali non si arrestano però allo stato di pura utopia filosofica. Il grande contributo di Ciolkovskij sta proprio nell’aver tentato di concretizzare questi scenari dedicando la sua vita alle ricerche di aereonautica e cosmonautica, arrivando perfino a lavorare per la conquista dello spazio da parte dell’umanità.
L’ultima parte di questo excursus all’interno della storia del cosmismo russo termina con un capitolo dedicato a un’altra importante figura: Pavel Aleksandrovič Florenskij (1882- 1937) che riprese alcune delle idee cardine del pensiero di Vernadskij e, in particolare, quella della biosfera. Grazie al suo contributo, pensava infatti Florenskij, la relazione tra tecnologia e biologia, tra artificiale e naturale, era destinata a subire una radicale svolta. Nel suo saggio del 1919 La proiezione degli organi (Organoproekcija) sosteneva che l’anello in cui è presente la circolarità tra vita e conoscenza viene completato da un secondo anello, questa volta rappresentato dalla circolarità fra “macchine interne” – gli organismi naturali (la vita) – e “macchine esterne”, gli organismi artefatti (la tecnologia).
Dal caos al cosmo risulta quindi un’ottima occasione per avvicinarsi non solo a questi grandi pensatori ma anche a quelle teorie che ispirarono autori come Dostoevskij, Tolstoj e Bulgakov, nelle cui opere possiamo ritrovare temi quali la trasfigurazione della carne o il volo. Il lavoro di Tagliagambe, tuttavia, si spinge ben oltre: il filosofo propone infatti uno spunto per una riflessione sull’antropocene – concetto già presente in Vernadskij – e sulla questione climatica, ponendo dunque le basi per un raccordo fra un movimento del XIX secolo e le più urgenti questioni del nostro tempo.