Sara Gargano
pubblicato 12 mesi fa in L'angolo russo

“Incendio” di Daniil Charms

“Incendio” di Daniil Charms

Sono il genio di discorsi ardenti

Il signore dei pensieri indipendenti

Lo zar delle bellezze insensate

Il Dio delle altezze eclissate

Il signore dei pensieri indipendenti

Il flusso delle gioie splendenti.

Anti-disciplina, stravaganza, carisma e nonsense: tutto questo è Daniil Charms. Se dovessimo indicare nelle lunghe liste della letteratura russa uno tra i suoi scrittori più originali e camaleontici della prima metà del Novecento questo potrebbe essere, senza alcun dubbio, Daniil Ivanovič Juvačëv, autore di opere per l’infanzia, drammaturgo, ma soprattutto prosatore e poeta dai toni estremamente variegati.

Compendio delle sue estrose nuances avanguardiste, Incendio, pubblicato da Sandro Teti Editore a cura di Simonetta De Bartolo, è la perfetta reificazione di un uomo in lotta con la logica comune. In un saliscendi di volgarismi e suppliche al Signore, il libro raccoglie poesie composte tra la metà degli anni Venti e la fine degli anni Trenta, passaggi dalle tinte spesso esplicitamente lascive dei taccuini in cui l’autore soleva raccontarsi e raccontare gioie e dolori vissuti nel quotidiano tra il 1924 e il 1940, oltre a un’opera teatrale sperimentale, Commedia della città di Pietroburgo, mai andata in scena. A questi si aggiungono una nota della curatrice, una prefazione e un’introduzione firmate rispettivamente da Paolo Nori e Valerij Sažin. Il risultato è un ritratto dello scrittore impreziosito da considerazioni, dettagli biografici e critici che aiutano il lettore nella comprensione del folle universo dipinto dal re dell’assurdo e di quel surreale che in fin dei conti, suggerisce Nori, è il mondo che ci circonda.

Ciao tavolo,

hai sostenuto per molti anni la mia lampada e il mio libro

ma anche polpette multicolori

Ho camminato sotto di te senza piegar la testa

raccogliendo cuscinetti di mucche pensanti.

Le liriche contenute in Incendio, circa un sesto del corpus integrale delle poesie scritte in neanche quarant’anni di vita, sono la sapiente ricostruzione delle tipiche «incongruenze congruenti» charmsiane. Troviamo nel testo versi sulla sauna e sull’amore, livelli e registri differenti, il tormento e l’erotismo; incontriamo un certo Gregorio che si strozza con l’arrosto e, poco distanti, preghiere rivolte a Dio, invocato affinché possa risvegliare la fiamma dell’immaginazione, concedergli nuova ispirazione e superare lo stallo dell’impotenza creativa, che – sottolinea Simonetta De Bartolo – è direttamente proporzionale all’impotenza sessuale.

Non mancano, poi, poesie di scherno e «distruzione creativa», secondo la definizione di Sažin, in veste di decostruzione e svalutazione nei confronti dei grandi antenati universalmente riconosciuti quali divinità nell’Olimpo delle Lettere russe, cui Charms, esponente della letteratura d’avanguardia in aperta lotta col passato e dispettoso demonietto, dedica il proprio cinico umorismo. Se è vero che la produzione poetica di Charms abbonda di riferimenti letterari, da Aleksandr Puškin a Nikolaj Gogol’, un esempio esilarante è il componimento del 1936 all’interno del quale, nel sogno di due signore imbrattate di nero, l’eminente genitore di Guerra e Pace, Lev Tolstoj, finisce vergognosamente in un pitale: 

Tolstoj entrò e tolse il paltò

tolse scarpe e soprascarpe

Van’ka, aiutami! – gridò

Ivan allora un’ascia afferrò

E stonk! sulla testa di Tolstoj.

Tolstoj cadde. Vergogna totale!

E tutta la letteratura russa nel pitale!

Ciascun passaggio di Incendio ruota attorno allo scontro con il flusso logico dei pensieri e con il senso comune delle cose, tratto distintivo di questo «genio di discorsi ardenti», come lui stesso si definisce in un componimento del 1935, che rifiuta la costruzione di trame, per lasciare spazio alle mareggiate di idee in libertà su una varietà di temi legati all’assurdo. Pagina dopo pagina si prefigura sempre più chiaramente agli occhi del lettore la straordinaria sete di coerenza dell’autore e la sua volontà di costruire un reticolo di violazioni, procedimenti irrinunciabili nella produzione letteraria dell’ingegnosa indole di uno tra gli ultimi difensori dell’avanguardia. Allo stesso modo emerge la rottura con lo sperimentalismo e la crisi che lo porterà a riconsiderare la propria poetica e a virare verso una progressiva normalizzazione e regolarizzazione della scrittura.

«Un tormento sentir ogni secondo la propria impotenza / Le poesie proprio non riescono» scriverà in un componimento nel 1938.

Non riesco a pensare in modo fluido

La paura me lo impedisce

Taglia il mio pensiero

Come un raggio

Due, tre volte al minuto

Mi fa venire le convulsioni alla mente

Ora non faccio nulla

E solo mi tormento l’anima.

E leggiamo ancora in un’altra poesia composta tra il 1936 e il 1937:

Sì, sono un poeta dimenticato dal cielo

Da molto tempo <da molto tempo dimenticato dal cielo>.

Nell’ottantesimo anniversario della morte dell’autore, Incendio e i suoi ideatori si sono inseriti in un filone di studi di resurrezione del ‘personaggio Charms’ e hanno saputo restituire la voce a uno scrittore spesso dimenticato, a un escluso, a un rifiutato dalla comunità, come suggerisce il termine ebraico herem (hrm) da cui ha origine lo pseudonimo da lui scelto. Estraneo e distante dalla realtà sovietica, immerso in un mondo astratto e disallineato alla contemporaneità assieme ai suoi sodali, i membri dell’OBĖRIU, Charms dovette attendere ben venti anni per poter essere riabilitato, poi diffuso e letto nell’Unione sovietica degli anni Sessanta. Allora il miracolo dell’immortalità aveva appena avuto inizio, ora, possiamo esserne certi, si è definitivamente compiuto.

E io ad occhi aperti

Saluto il mattino.