“La zattera della Medusa”: una lezione sull’immigrazione
Delle volte basta guardare un dipinto per accorgerci in che mondo viviamo.
L’arte è una menzogna che ci fa comprendere la verità
così Picasso in una delle sue frasi celebri. Già, perché spesso pensiamo di avere a che fare con semplici raffigurazioni, illustrazioni, riproduzioni di personaggi o paesaggi e la cosa finisce là; spesso apprezziamo un’opera d’arte nel momento stesso in cui la ammiriamo ma subito dopo ritorniamo alla nostra vita piena di problemi da risolvere, come se niente fosse. E invece Picasso ci insegna che è proprio attraverso l’arte che viviamo meglio e capiamo la realtà che ci circonda; celebre il caso del Guernica, una delle opere più significative e iconiche del pittore spagnolo, dove questi ha saputo creare un’opera d’arte godibile esteticamente e allo stesso tempo portare l’osservatore a riflettere sulla realtà.
All’apparenza un guazzabuglio di figure e forme irregolari, oltretutto monocromatiche, in realtà questo quadro è un vero e proprio manifesto di denuncia sociale contro le devastazioni dell’omonima cittadina da parte dell’esercito nazista.
Ma oltre alla trasfigurazione artistica della realtà la grande arte ha anche un altro potere, quello di anticipare i tempi. È il caso de La zattera della Medusa di Théodore Géricault, anch’esso un dipinto molto iconico, tra i più celebri del Romanticismo. Ciò non toglie, però, che molte volte il quadro venga analizzato in un’ottica piuttosto limitata al contesto in cui è stato realizzato senza gli approfondimenti necessari a comprenderlo fino in fondo.
L’opera rappresenta il naufragio della fregata francese Meduse avvenuto il 2 Luglio 1816 davanti alle coste dell’attuale Mauritania, probabilmente per l’inesperienza del comandante. La nave arrivò a incagliarsi sul fondale sabbioso, con conseguenze importanti: 400 superstiti furono trasportati verso la costa a bordo delle scialuppe e circa 140 persone furono dirottate su una zattera della fortuna, che dopo pochi chilometri affondò per il peso degli uomini. In quel periodo Géricault, come tutti i francesi, era profondamente scosso dall’evento. Dopo un’accurata fase preparatoria in cui studiò al dettaglio il corpo umano, realizzò il dipinto, anche per lanciare definitivamente la sua carriera data la risonanza dell’evento in quegli anni.
Ciò che di tanto in tanto sfugge è una visione più ampia, una riflessione al di là delle precise coordinate spazio-temporali di un’opera. Chi ci impedisce di guardare a La zattera della Medusa, seppur con le sembianze di un’allegoria, come a un ritratto dell’angoscia di gente che oggi mette a repentaglio la propria vita pur di guadagnarsi un futuro migliore?
D’altronde non è difficile vedere somiglianze nella disperazione degli uomini, nella paura di morire da un momento all’altro, nella speranza ultima di trovare qualche soccorritore, nel trovare il mare in tempesta e improvvisamente vedersi passare davanti tutta la propria vita come un rapido fotogramma.
Così come medita l’uomo barbuto che cinge con la mano il corpo di un cadavere sulla sinistra del dipinto, anche noi dovremmo riflettere sulla quotidiana tragedia che avviene sulle coste del nostro territorio e non, e se l’arte ci viene incontro tutto diventa più semplice. Potremmo, dovremmo smetterla di lasciare che le immagini della morte ci attraversino passivamente senza porci delle domande profonde.
di Leonardo Ostuni