Piero della Francesca e il “moderno”
Ho intitolato questo articolo come uno dei capitoli della mia tesi di laurea triennale in Storia dell’arte moderna: Piero della Francesca: l’esempio della Flagellazione. Lettura, resoconto, esplorazione, viaggio, riflessione. Qui alcuni frammenti del capitolo, incentrato sulla fortuna artistica di Piero della Francesca e del suo stile nella cultura otto-novecentesca.
[…] La piena riscoperta critica di Piero della Francesca nella pittura tra Ottocento e Novecento si deve maggiormente al contributo di due straordinari studiosi, Bernard Berenson e Roberto Longhi. Il primo, nel saggio Piero della Francesca o dell’arte non eloquente (1950), ha individuato il motivo principale del moderno successo dell’artista di Sansepolcro, ovvero la mancanza di espressione dei personaggi che si accontentano di esistere. Nel terzo volume delle sue Opere complete (1963), Longhi ha sostenuto che Piero è stato riscoperto da Cezanne e Seurat, non da Picasso. Artisti come Carrà, Casorati, Morandi, Balthus, Hopper sono stati identificati come i principali “seguaci” novecenteschi di Piero, sulla base di una scoperta postimpressionista dell’artista quattrocentesco partita, secondo Longhi, dall’esperienza di Cezanne e Seurat.
La critica più recente ha ulteriormente anticipato di qualche decennio il “recupero” di Piero: è il caso dei macchiaioli e del contemporaneo impressionista Edgar Degas. […] L’artista pisano Odoardo Borrani in Le cucitrici di camicie rosse (1863) riprende l’atmosfera sospesa, i gesti bloccati e la geometria dei quadri di Piero; nel capolavoro Le primizie (1868) ripropone, invece, la luce e la maestosità delle figure della Flagellazione urbinate. Quest’ultima è stata oggetto di confronto anche con Il Pergolato di Silvestro Lega, a proposito dell’impostazione dello spazio. Nella cultura di Degas rientra anche la pittura italiana del Quattrocento, come testimonia il suo viaggio a Firenze nell’estate del 1858; e infatti Georges Monnier ha proposto un interessante paragone tra L’Adorazione del sacro legno e Semiramide che costruisce Babilonia, soprattutto per la solennità e la ieraticità dei soggetti. Roberto Longhi, nel tentativo di descrivere gli effetti suscitati dal notturno del Sogno di Costantino ad Arezzo, fa riferimento alla “pesatura pulviscolare del Seurat”; dunque, qualora ci fosse stato un qualche legame tra i due artisti, secondo il critico sarebbe più facile individuarlo nella rappresentazione delle scene notturne. […]
Nell’arte italiana del Novecento Giorgio Morandi rappresenta uno dei principali scopritori di Piero della Francesca, il tutto mediato da un costante studio di Cezanne; […] Affascinato dalla visione degli affreschi del Tempio Malatestiano di Rimini e poi dal ciclo aretino, Morandi lasciò traccia della pittura di Piero in molti suoi paesaggi e nature morte. Il punto di maggior contatto si realizzò probabilmente con la Natura morta di oggetti in viola, datata 1927. […] Il dipinto, sulla scia delle nature morte di Cezanne, mostra nella resa della luce e dei colori (bianco, bruno e azzurro) grande vicinanza alla londinese Natività di Piero della Francesca. Negli stessi anni Piero fu oggetto di studio di numerose correnti artistiche italiane (Metafisica, Realismo magico, Scuola Romana). Due capolavori testimoniano quanto questo studio sia stato approfondito: uno è L’amante dell’ingegnere di Carlo Carrà (1921), l’altro il Ritratto di Silvana Cenni di Felice Casorati, realizzato nel 1922. Il primo dipinto è un omaggio al Ritratto di Battista Sforza, il secondo una chiara allusione alla Madonna della Misericordia.
In ambito cinematografico, Pier Paolo Pasolini ha mostrato un vivo interesse per la pittura di Piero della Francesca. […] Nel Vangelo secondo Matteo Piero compare tra gli ispiratori di Pasolini, insieme a Giotto, Masaccio, El Greco. La Vergine, una ragazzina calabrese incinta nella scena dell’Annunciazione, è molto simile alla Madonna del Parto di Monterchi. In realtà i due modelli differiscono notevolmente: nel dipinto di Piero dominano i colori e le simmetrie, e la particolare posa degli angeli ai lati suggerisce un movimento verso l’esterno; nel secondo domina, invece, la fissità del fotogramma in bianco e nero. La stessa Madonna del Parto gioca un importante ruolo nel film La prima notte di quiete del 1972, diretto da Valerio Zurlini. Alain Delon interpreta un problematico professore giunto a Rimini e sentimentalmente legato alla studentessa Vanina; il regista inserì anche una scena ambientata nella cappella di Monterchi, dove l’insegnante tiene una lezione alla sua allieva sulla ragazza del popolo che improvvisamente diventò madre di Gesù.d