Labadessa si racconta
Inizialmente si parlava di un’intervista, poi il Culturificio mi ha scritto: Labadessa, ti va di raccontare qualcosa in più su di te?
Ho accettato volentieri, quindi piacere, Mattia Labadessa.
“Labadessa” doveva essere tutt’altro: niente giallo perenne, né uomini uccello preda di ansie e problemi della vita, solo una pagina in cui avrei caricato periodicamente i miei lavori. Essendo un illustratore abbastanza poliedrico, ho sempre sperimentato, muovendomi bene o male su tre stili differenti.
Ho iniziato esattamente il 22 Dicembre del 2015, e nel giro di pochi giorni ho notato una cosa: l’uccello piace. Detta così suona male, ma (tralasciando i doppi sensi) quel pennuto rosso, depresso e buffo, oltre a rappresentarmi alla perfezione, si riflette perfettamente nelle persone che mi seguono, così mi sono detto: perché no? Se non fossi l’unico che guarda video di carlini alle quattro del mattino per distrarsi dalla morte?
In questo modo, “Labadessa” ha preso la piega giusta, trasformandosi nel nido del piccione/cigno/corvo/gallo/oca (e tutte le altre specie animali che gli sono state affibbiate in questi quattro mesi) e delle sue vicende. Quell’essere non ben definito sono proprio io, butto letteralmente me stesso lì dentro (ovviamente mi riferisco a quella fetta di lavori più introspettivi, ho realizzato anche una “storia breve” a tema pedofilia, quindi la precisazione è doverosa!).
Fino ad oggi, la vignetta che più mi rappresenta (e più mi soddisfa) è sicuramente “dire ti voglio bene ad un genitore”: spesso è difficile confessare l’amore che si prova verso i propri genitori, e se anche riuscissimo a dire “ti voglio bene”, sarebbe come quel ciobar, buono, si, ma “se lo facevi poco poco più denso spaccavi”.
Anche l’uomo uccello nasce “per caso”: realizzai questa illustrazione lasciandomi guidare dai Tame Impala (precisamente ascoltando “Feels like we only go backwards” –> https://www.youtube.com/watch?v=wycjnCCgUes *).
Quello strano omino mi piacque da subito, il naso così spigoloso (grazie anche all’assenza della bocca) ricordava tanto un becco: non potevo saperlo, ma questo caos avrebbe dato origine ad uno dei progetti a cui più tengo, Labadessa.
(crediti per l’immagine in evidenza –> https://www.facebook.com/mattlabaart/?fref=ts & https://www.facebook.com/gekoit/?fref=ts)