Culturificio
pubblicato 4 mesi fa in Di parola in parola

Petricore – Cristò

tra esattezza e ambiguità

Petricore – Cristò

Lo scrittore Cristò ci parla di petricore, una parola evocativa che rappresenta in modo efficace la sua idea di letteratura


Mi piacciono le parole molto precise.

Mi piacciono anche le parole ambigue.

Le parole che preferisco sono, quindi, quelle che sanno essere estremamente precise pur mantenendo un’ambiguità potenziale; parole che significano una cosa sola, proprio quella, ma che conservano una natura irrisolta in alcuni dei loro aspetti.

Petricore è una di queste parole, probabilmente la mia preferita.

Il petricore è un odore. Un odore molto preciso, unico e inequivocabile. Un odore che, percepito, contiene una profezia a brevissimo termine e, insieme, una previsione del tempo.

Un odore che tutti abbiamo sperimentato e che riconosciamo immediatamente, probabilmente segnato nella memoria collettiva di specie, che è capace di evocare sensazioni precise e personali; nel mio caso una malinconia piacevole e serena che porta con sé il sentore del presagio e la percezione di un’anima mundi, la gioia di sentirsi per una volta abbastanza animale da comprendere il linguaggio segreto del pianeta.

La parola petricore indica l’odore che sentiamo quando, dopo un lungo periodo arido e caldo, sta per cominciare a piovere. È un aroma molto preciso che preannuncia la terra bagnata e spinge le piante ad aprirsi al sollievo dell’acqua, alcuni animali a cercare riparo, altri ad uscire.

Mi piace la precisione di questa parola e la sua unicità, ma mi piace anche l’ambiguità nascosta nel suo suono.

In italiano ci sono nomi di odori altrettanto precisi e unici: c’è la geosmina che indica il profumo terroso che percepiamo dopo la pioggia (il petricore, poi la pioggia, poi la geosmina), la lignina che è l’odore della carta dei libri antichi, la cumarina che ricorda il fieno appena tagliato. Ma il suono di queste parole è in qualche modo nudo, ne rivela, per così dire, il luogo di nascita e la costruzione, la loro etimologia è così chiara da mostrarne simbolicamente la composizione chimica, il loro aspetto al microscopio.

Petricore, invece, ha un suono e un’eleganza che fa pensare a qualcosa di antico. Sarà quel core che richiama il cuore messo dopo petri (sembrerebbe il cuore della pietra, o un cuore di pietra) che inconsciamente scrive questa parola su un antico tomo stampato a mano coi caratteri mobili e conservato gelosamente in una biblioteca intrisa di piacevole lignina.

Non è così? Che vi succede se provate a pronunciarla ad alta voce questa parola, ditela: petricore. Ripetetela: petricore. Ancora una volta.

Scivola nella bocca, è più dolce di una caramella come Luigi Pirandello faceva dire al suo Uomo dal fiore in bocca che ripeteva il nome del tumore che l’avrebbe ucciso: epitelioma.

Sembra, dunque, una parola antica e invece è una parola pronunciata la prima volta nel 1964 in lingua inglese, petrichor, da Isabel Joy Bear e Richard G. Thomas che scoprirono come quel particolare odore derivasse dall’attivazione di alcuni batteri del suolo al contatto con l’umidità. Sarebbe quindi l’icore della pietra: la linfa, l’essenza o, se vogliamo estendere per amore di pareidolia, il sangue della pietra.

È, quindi, nell’etimologia la natura ambigua del petricore; nella sua data di nascita, nel laboratorio scientifico in cui viene per la prima volta pronunciata, nel carattere scientifico dell’articolo su Nature in cui viene per la prima volta scritta e, per contrapposizione, nell’universo di sensazioni che il petricore suscita e in quell’attribuire una linfa vitale all’inanimato per eccellenza: la pietra.

Per tutte queste cose devo aver affidato al petricore una delle scene centrali del mio romanzo Restiamo così quando ve ne andate, in cui un uomo in profonda crisi di identità comincia a percepire come animato il mondo inanimato istintivamente cercando di mettersi in vibrazione con l’oltreumano.

Il petricore, in effetti, rappresenta con grande precisione ciò che penso della scrittura e della letteratura; la sua natura ambigua e insieme precisa, il suo carattere di universalità non solo umana, il suo indicare la parte viva del non vivo, la sua potenza evocativa e sinestetica.

Sono proprio queste le qualità che cerco quando leggo letteratura e a cui ambisco mentre scrivo.


Da Restiamo così quando ve ne andate, TerraRossa 2017

Esco sul balcone, la città è silenziosa e c’è l’odore della pioggia che sta per cadere, quello che in campagna si sente molto di più, quello che tutti pensano venga dalle piante e che invece viene dalla pietra: il petricore.

«La pietra è sacra – dice il pensiero pomeridiano con la voce di gola di un quindicenne. – È sacro il suo odore poco prima della pioggia.»

Comincio a sentire battere sulla pensilina. Le prime gocce isolate e poi sempre più frequenti che anticipano lo scroscio mi ricordano sempre lo scoppiettio dei popcorn sul coperchio della pentola. Il petricore si fa sempre più forte, svanirà poco dopo l’arrivo della pioggia vera. Un tuono, lontano, granuloso.

Mi sporgo dal parapetto, lascio che la pioggia mi bagni la testa. Un leggero vento fresco mi passa sulle braccia, la strada deserta si comincia a segnare di gocce grosse e pesanti, ancora estive. Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Oltre i palazzi, dal mare, vedo avvicinarsi nuvole nere. Arriva anche il lampo.

La pioggia è diventata più fitta, ho i capelli bagnati, mi sistemo sulla sedia a sdraio sotto la pensilina e mi accendo una sigaretta.

«Il temporale è sacro. I capelli bagnati sono sacri. E per te è sacro anche suonare – dice il pensiero pomeridiano. – Ricorda di santificare ogni giorno.»


Cristò (1976) è uno scrittore e musicista barese. Tra i suoi romanzi La meravigliosa lampada di Paolo Lunare e Uno su infinito (TerraRossa), La carne (Neo) e il romanzo per ragazzi L’estate in cui sparirono i cani (Giunti). Il suo ultimo romanzo Penultime parole è uscito ad Aprile 2025 per Mondadori.


Di parola in parola è una rubrica a cura di Emanuela Monti. Dalla nota introduttiva è possibile scaricare l’archivio della rubrica, uscita fino al 2019 in forma cartacea nella rivista «Qui Libri».