Patti Smith e il punk rock in versi agrodolci
Patti Smith, genio del rock & roll, delle braccia protese verso anarchiche voglie e libertà rapite all’arte, da ogni vena in cui pulsa, purché viva e verace: dai versi impetuosi alla musica urlata, la ricerca di un’espressione universale, per difendere e conquistarsi una lotta che pare estinta insieme alla sua generazione ma, forse, ancora permane in qualche recesso, o della quale perlomeno permane il senso.
Donna e artista di riferimento per la cultura punk che nei ’70s albeggiava, purissima, mai nascose il suo legame profondo con la letteratura, con le parole. Il suo modo di sentirle, sincero e quasi mistico, le permise, e permette, di accostarsi a esperienze uniche come quella di Rimbaud, di Pasolini, di poeti distanti dalla sua America, esperienze tra cui sa cogliere un filo rosso essenziale, che le percorre: quello della poesia, della carta fattasi linfa. Quel filo che lei ha, indelebile, segnato sui polsi fin dal principio del suo percorso artistico, giacché proprio coi versi inizia ad esprimersi, dalle parole nude, senza musica e senza voce eppure inarrestabili.
Ma non fruga, per scrivere, in quel lato celestiale – ideale – dell’esperienza poetica che in genere, ingenuamente, molti identificano con la poesia stessa: ovvero quello dell’estasi limpida, dell’etereo e del puro e dei sentimenti sottili, evanescenti. Bensì fa del torbido la sostanza dei suoi versi, che sembrano colare su carta quasi saliva mista a inchiostro. Ha un’altra estasi: sgraziata, a tratti violenta. Che tuttavia risulta dolce in egual misura.
Può dunque la poesia esser feroce, volgare, impoetica? Può essere sporca, e insieme pura?
La sua ci urla addosso il suo esistere, tanto da non poterne ignorare la natura, innegabile, autentica.
Un fiume in piena: scomposta, delirante, a tratti brutale. È poesia che nasce dall’oscurità delle viscere e mira a trafiggere, perché nel sangue trova la sua compiutezza e germoglia.
Con un ritmo incalzante e duro che è già quello del rock, e sembra battere su un punto tenue della carne di chi leggere per andare irrimediabilmente, inequivocabilmente a fondo.
Penetrare.
Ebbene può, la poesia, esser feroce, volgare. Impoetica. Ed essere sporca, scomposta e sublime.
Poiché essa è sempre prevalentemente sesso.
the last metallic moments of dragnet. after the murderer
(lover) is caught. no captured is the better word. the
difference between naked and nude.the intimacy of two runners. ride the same ride. caught
in the same stream. no king salamander. noone victim.
not to pass me. do not pass thru me. when overstep bald
me. bruise me back to our reality. back to oxygen. to
sweet immediate union again.
Patti Smith, Dragnet, Witt, 1975
Articolo a cura di Elena Cappai