L’italiano di Catarella rispetto allo standard
La produzione linguistica del maldestro appuntato dei romanzi di Montalbano, Catarella, presenta caratteristiche peculiari, poiché articolata secondo elementi afferenti a diverse categorie dell’italiano – regionale e popolare – e in larga misura al dialetto, siciliano. Egli infatti è caratterizzato come un parlante dialettofono, semi-colto e con scarsa abilità di sorveglianza della propria produzione linguistica.
I tratti tipici dell’italiano popolare si riscontrano nella presenza di frasi preconfezionate, paretimologie, cancellazione di morfemi e accumulo di preposizioni, tautologie e impiego di lessemi propri di sottocodici, principalmente di burocratese e di foreign talk.
Inoltre, ci si può imbattere in dialettismi e regionalismi, i quali, spesso, sembrano contaminarsi e dare luogo a forme che si potrebbero definire “ibride”. Ciò si vede, in modo chiaro, nell’ambito della morfologia: Catarella tende a selezionare un morfema lessicale tipico del dialetto, e ad aggiungervi un morfema grammaticale, flessivo, proprio dell’italiano. Pertanto, si originano veri e propri ibridismi, che si presentano come parole prodotte dalla combinazione di un morfema lessicale di una lingua di partenza (o lingua X) con un morfema grammaticale di una lingua d’arrivo (o lingua Y), come sostiene Gaetano Berruto in “Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo”. In aggiunta, se si considerano le sequenze dialogiche presenti nei romanzi (per questo articolo ho fatto riferimento al testo “La danza del gabbiano”, del 2009), dall’interazione verbale fra Montalbano e Catarella emerge l’effetto di questo particolare comportamento linguistico. Il commissario si rivolge all’appuntato operando precise scelte, attingendo soprattutto dal dialetto o dall’italiano, cosiddetto, sub-standard, talvolta ripetendo esattamente forme o strutture del suo interlocutore dialettofono. Ciò non deve stupire, in quanto è assodato che le interferenze con le forme tipiche del dialetto o dell’italiano regionale della propria area geografica, sia a livello lessicale sia a livello morfosintattico, permangono nella produzione di un parlante, anche piuttosto colto. Tale atteggiamento permette al commissario Montalbano non solo di interagire efficacemente con Catarella, ma anche di guadagnarne l’approvazione, in conformità con il principio, denominato da Grice, “di cooperazione”. Quanto detto è particolarmente importante per il fatto che costituisce una prova della distanza del linguaggio di Catarella dall’italiano standard.
La commistione di tratti, dialettali, popolari e regionali propria del linguaggio di questo personaggio, avrebbe, almeno, due possibili spiegazioni. Da un lato, infatti, sarebbe verosimile considerarla alla luce di un’interferenza a partire dal dialetto: gli elementi ibridi e di difficile spiegazione sarebbero giustificati dalla dinamicità e dalle caratteristiche tipiche del sistema, nonché da fattori extralinguistici di carattere socio-culturale. Dall’altro, la complessità troverebbe spiegazione nel fatto che, essendo il “popolo” fruitore naturale del dialetto, quest’ultimo costituisce la base preferenziale del linguaggio di Catarella.
La produzione linguistica del personaggio, in conclusione, è composita e attinge dal dialetto; in conseguenza di ciò si può affermare che l’italiano standard, per l’insieme di parlanti che Catarella impersona sembra noto soltanto per competenza passiva. Quando ci si accosta al testo che ne rappresenta la produzione linguistica, la contaminazione di tratti conduce ad un’incongruenza stilistica originale, che anche un parlante non dialettofono può riconoscere. L’italiano scritto, ma parlato, del personaggio è il risultato di una stratificazione di registri alle cui estremità si trovano il dialetto e l’italiano popolare, come varietà diastratica alta, quale che ne sia la definizione.