Pollock e la scuola di New York a Roma
Anticonformismo, introspezione psicologica e sperimentazione: da ottobre arriva a Roma l’action painting di Pollock e dei più grandi rappresentanti della Scuola di New York. L’Ala Brasini del Vittoriano, dal 10 ottobre al 24 febbraio, accoglie uno dei nuclei più preziosi della collezione del Whitney Museum di New York: Jackson Pollock, Mark Rothko, Willem de Kooning, Franz Kline e molti altri irrompono a Roma con tutta l’energia e quel carattere di rottura che fece di loro eterni e indimenticabili “Irascibili”.
La mostra raccoglie infatti circa 50 capolavori dell’astrattismo americano tutti provenienti dal museo newyorkese.
Il percorso della mostra è articolato in sei sezioni, di cui la prima è dedicata a Jackson Pollock il più importante e popolare esponente dell’espressionismo astratto americano, inventore del dripping. Con il suo lavoro davanti ad una spazialità nuova, il quadro non è più superficie ma il luogo dell’azione del corpo.
A seguire Verso la scuola di New York con opere degli artisti Arshile Gorky, William Baziotes, Robert Motherwell, Clyfford Still, Mark Tobey, Richard Pousette-Dart, Bradley Walker, Tomlin, James Brooks e David Smith. Buona parte di questi artisti ha radici profonde nella cultura europea, ma si lascia alle spalle il realismo e la figurazione vedendo nella pittura astratta il futuro.
Statunitense come Pollock, Franz Kline è il protagonista della terza sezione, in cui l’uso esclusivo del bianco e nero trova nella grande tela dal titolo Mahoning un esempio vibrante.
Segue Dall’Espressionismo astratto ai “Color Field” che attraverso le opere di Ad Reinhardt, Helen Frankenthaler, Grace Hartigan, Jack Tworkov, Theodoros Stamos, Al Held, Adolph Gottlieb e Philip Guston, testimonia la tendenza dell’espressionismo astratto verso la smaterializzazione e la flatness del Color Field.
La quinta sezione è dedicata Willem de Kooning artista nato a Rotterdam e dal 1926 attivo a New York, nelle sue opere il contrasto tra astratto e figurativo non si risolverà mai, anzi questa bipolarità è il motore stesso del suo lavoro.
Concludono la mostra due opere di Mark Rothko in cui le superfici pulsano ed emanano luce attraverso la sovrapposizione di velature di colore. Le sue opere sono capaci di sottrarre lo spettatore alla realtà ordinaria: sono uno spazio di meditazione.
Questa mostra offre al grande pubblico la possibilità di conoscere parte di una importante collezione newyorkese, in cui gli esponenti dell’astrattismo americano più o meno conosciuti trovano tutti spazio. Il nome di Jackson Pollock è sicuramente di richiamo ma i capolavori non sia limitano di certo alla celebre tela Number 27 – penso anche solamente a Doors to the River di de Kooning oppure ai due Rothko che chiudono il percorso.
Una particolarità nell’allestimento è un video che vale più di mille spiegazioni riguardo il dripping, proiettato sul soffitto mostra Pollock a lavoro; così noi, guardando in alto, diventiamo la tela, riceviamo oggetti, schizzi di colore e la danza del pittore: per Pollock, lo spazio del quadro si identifica con lo spazio della vita.
Articolo a cura di Camilla Agnoloni
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