Culturificio
pubblicato 6 anni fa in Arte

Anna Maria Terracini

Anna Maria Terracini

Anna Maria Terracini (1943-2012) nasce ad Algeri, luogo in cui i suoi genitori si erano rifugiati dopo aver lasciato l’Italia nel 1938 per sfuggire alle Leggi razziali.

Il padre Enrico, console italiano, si è interamente dedicato alla causa degli emigranti. Pervaso da un grande senso del dovere, tendeva a dimenticarsi della famiglie. La madre di Anna Maria, Jeanne Scebat, scrittrice e traduttrice, era era una figura affettuosa e molto comprensiva. Anche lei, proprio come il marito, si interessava alle persone che avevano incontrato difficoltà e ostacoli durante il loro cammino. Entrambi i genitori, peraltro, venivano da famiglie di commercianti ebrei.

L’esistenza di Anna Maria fu scandita da un susseguirsi di viaggi, trasferimenti, separazioni e instabilità. Per sei anni vive in Svizzera nel Cantone dei Grigioni. Nel 1952 il padre viene nominato console a Dakar e il trasferimento nell’Africa nera le provoca uno sconvolgimento, perché si ritrova improvvisamente a passare da una vita piena di regole austere a un’esistenza completamente diversa.

Non sopportando il clima umido si trasferisce con la madre a Grasse, in Francia. La separazione dal padre è l’ennesimo sforzo, l’ennesima sofferenza. Continuano i cambiamenti di scuola, lingua e abitudini.

Incomincia a dipingere. Ecco che la tela e i colori entrano nella sua vita per donare conforto. La pittura le procura momenti di pace interiore e di serenità, di benessere. La stessa passione per l’arte, tuttavia, la conduce all’isolamento più totale. Anna Maria vive in uno stato di costante guerra interiore, di combattimenti, afflitta da lutti che faranno nascere un forte desiderio di dipingere.

Sarà la visita alla Biennale di Venezia nel 1954 a decidere definitivamente la sua vocazione per la pittura. Anna Maria è attirata soprattutto dalle composizioni astratte, perché le danno l’idea di rappresentare reminiscenze essenziali organizzate in forma figurativa. È la strana magia dell’irreale, la speranza di rivelare l’invisibile. Dove gli altri dicono che un determinato simbolo non assomiglia a niente, Anna Maria capisce che un oggetto (o la sua natura pazientemente scomposta) può diventare, grazie ai colori e alla loro disposizione, non una semplice forma ma il confronto con la pittura pura.

Denis Lavalle, scrittore e critico d’arte francese, scrive che lei non ha mai smesso di interrogarsi sulle linee primitive che si sprigionano da un paesaggio. Scrive invece Renzo della Rovere in un suo articolo:

“Ricca da molto tempo di misteriosi fermenti pittorici, l’artista non tralascia di continuare ad evolversi, progredire, in una inesausta ricerca delle tematiche più adeguate al nostro tempo.”

È come se Terracini rifiutasse la felicità, respingendola, incapace di accoglierla. La sua pittura è carica di autentica dignità tecnica e consistenza contenutistica, evidenzia una moderna interpretazione intrisa di sensibilità lessicale e di rara tensione emotiva-espressiva.

Sempre Renzo della Rovere ci spiega:

“Avente, quasi per istinto, una crescente passione plastica, essa ha iniziato la dura e difficile strada della pittura attraverso un primo astrattismo. Anna Maria Terracini abbandona lentamente i primi smorzati accenni ad un certo impressionismo, per affrontare le folle amare, esasperate, solitarie.(…)

Al periodo degli uomini viventi in un deserto abitato da ombre, segue quello della città quasi che l’artista ci dica quanto queste siano povere di vera vita, non abbiano più storia. La pittrice aderisce a questo giudizio; la sua pittura lo conferma.

Ritorna al colore, alla gloria di una tavolozza interprete della sua vera natura. Non può fare a meno del piacere di trovare armonici accordi.”

L’artista non smette di stupirci. Scopriamo infatti che, in parallelo alla solida identità da pittrice, Anna Maria è pure una mosaicista di talento. Fra le sue opere più importanti troviamo i muri cromatici, i labirinti di tasselli pietrosi o di vetro che possono essere visti a Strasburgo, a Tolosa, a Grasse e in altre località francesi. La sua ambizione, trasmessa in ogni sua opera, è accompagnata sempre da una certa dose di ansia, quasi fosse la sua ombra.

Il suo linguaggio è affascinante e si evolve costantemente. Le sue opere lasciano in ognuno di noi un ricordo indelebile di puro sentimento e potenza pittorica. In conclusione, si può dire che esse la contraddistinguono sia per il senso di spontaneità comunicativa (forse soltanto apparente) che per una propria individualità stilistica.

Articolo a cura di Dan Terracini

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