Sant’Agostino e la Ricerca della felicità
Nel 2006 Gabriele Muccino dirige un film che incassa 162 milioni di dollari, dal titolo “La ricerca della felicità”. Il film racconta una storia vera, la storia di Chris Gardner, imprenditore statunitense che, all’inizio degli anni ’80, si trovò a vivere in uno stato d’intensa povertà, senza casa e senza la moglie, ormai stanca dei continui sogni irrealizzabili del marito. Gardner si trovò in questo stato dopo aver speso i risparmi di una vita per l’acquisto di vari scanner che misuravano la densità ossea, ma questi scanner venivano considerati troppo costosi e al tempo stesso inutili. Un errore di valutazione, una credenza sbagliata portò Gardner alla povertà più assoluta. Dopo anni, arriva una svolta : Gardner incontra un broker all’ingresso della Dean Witter con una Ferrari, al quale chiese come avesse fatto a permettersela: dopo mesi da stagista, non retribuiti, riesce ad entrare anche lui in quell’azienda. Illuminato da quel broker, trova la felicità. Ora, chi nella storia della Filosofia più ci ricorda Chris Gardner? Facendo i dovuti paragoni, non possiamo non menzionare Agostino d’ Ippona. La vita di Sant’ Agostino, da lui magistralmente riportata ne “Le confessioni”, è una vera e propria odissea, una vera e propria ricerca della felicità. E così, per citare le metafore della sua “De beata Vita”, navigatore, in mezzo al mare, amante delle avventure, vedendo la tempesta e preso dall’angoscia, Agostino riesce a ritrovare la sua strada, quel porto tanto agognato, quel porto che lui chiama “filosofia”. Ma di quale filosofia stiamo parlando? Lui è sempre stato un amante della filosofia. Ancora nel “De beata vita “ci ricorda che, appena diciannovenne, s’innamora della filosofia grazie all’ “Hortensius” di Cicerone. La cosa interessante dell’opera di Agostino è che basta guardare la sua biografia per scorgere il senso profondo del suo filosofare e la sua esegesi biblica. Nella sua storia si manifestano, allegoriche, importanti figure bibliche. Lui è un Adamo, che sulla strada di “Damasco” diviene Paolo di Tarso. E perché non affermare che sia anche un Chris Gardner? Povero di spirito viene arricchito da un incontro, il verbo, la verità, che puro retore spirituale, diventa il “fiato” che esce dalla bocca di Sant’Ambrogio, diventa Parola che persuade Agostino. Non è sbagliato, dunque, paragonare la storia di Agostino con quella di Gardner, non è sbagliato paragonarle e questo lo si può fare analizzando il primo scritto esistenzialista della storia dell’occidente, il secondo libro cristiano più letto nella storia di questa religione: Le confessioni. Agostino, nacque a Tagaste nel 354 d.C., in Algeria, figlio di Patrizio, pagano e di Monica, cristiana. Agostino, quindi crebbe fra due visioni diverse del Mondo. Alla fine però sarà la fede della madre ad avere la meglio, non solo su Agostino, ma anche su Patrizio riuscendo a convertire tutti e due: infatti, oggi è venerata come santa dalla chiesa cattolica. Africano di nascita, usò spesso il latino nel quale utilizzo era molto portato. Odiò il greco e alcuni aspetti della loro cultura. Patrizio, fiero del rendimento scolastico del figlio, decise di mandarlo a Cartagine a conseguire gli studi florensi. Ci volle molto tempo per racimolare i soldi necessari a farlo studiare e, per questo motivo, passò il suo sedicesimo anno a Tagaste, dove visse un grande periodo nell’ozio e vittima di una forte crisi intellettuale. Agostino stesso si considerò in quel periodo risucchiato in un vortice di passioni, di vizi, di peccati. Uno di questi, forte e potente immagine allegorica, metafora edenica, è quella del furto delle pere che Agostino organizzò con alcuni suo coetanei. Nel 370 d.C. Si trasferisce a Cartagine, dove il grande successo letterario e il fascino della grande città, i teatri e gli amici ebbri, lo spingevano ad essere sempre il primo, anche nel peccato. Questo è il periodo della sua vita denominato “Crisi Cartaginese” che durò fino al momento in cui si trovò costretto a confessare a Monica la nascita di suo figlio Adeodato (372 d.C.) frutto di un lungo concubinato (Circa quindici anni) con una donna della quale non rivelerà mai il nome. Nel 373 d.C. Agostino, preso dalla ricerca dell’assoluto, aderisce al Manicheismo, insieme al suo amico Onorato. La cosa che lo affascinava di questa dottrina era il fatto che cercava di dare spiegazioni naturaliste ai dubbi delle sacre scrittura: ma a lui non bastò. Nonostante la libertà che questa dottrina mostrava nei confronti dei dogmi religiosi, c’era un altro tipo di libertà che non veniva professata negli insegnamenti: quella dell’arbitrio umano. Infatti, ad Agostino non convinceva il dualismo fra le due divinità, quella del Bene e del Male, e non convinceva il fatto che l’uomo in questo modo non sarebbe stato responsabile di alcun illecito da egli commesso. Non si può non notare il carattere ossessivo, instabile, irrequieto di Agostino. Sempre alla ricerca di una felicità, che egli chiamerà nel “De Civitate Dei” “pace”. Finiti gli studi, Agostino preferì la carriera letteraria (come insegnate di Retorica) piuttosto che la carriera florense (sarebbe dovuto entrare nel forum litigiosum). Tornò a Tagaste per “insegnare la grammatica” e così incantò molti dei suoi alunni, uno su tutti Alipio, che lo seguì sempre dal periodo manicheo fino a battezzarsi insieme, a Milano. Si ritrasferì a Cartagine, dove raggiunse la maturità e vinse addirittura la corona agonistica nel torneo di Poesia. Fu da questo momento che iniziò ad abbandonare il manicheismo, da quando il maestro Fausto di Milevi arrivò a Cartagine. Nel momento in cui Agostino interrogò il maestro manicheo , egli vi trovò solo falsa retorica e niente di giusto per quanto riguardava dottrine scientifiche e matematiche. Da questo momento in poi, arriverà per lui, come per Chris Gardner, il momento della svolta, il momento in cui poté fuggire da quell’inquietudine che lo accompagnava sin dai suoi primi anni di vita. è datato 383 d. C, l’incontro con Ambrogio, il “ricco Broker” che permetterà ad Agostino la svolta decisiva, il primo passo verso la tanto agognata felicità. Infatti, all’età di 29 anni Agostino decise di sbarcare nell’affascinante Italia. Si trasferì prima a Roma dove, però, i suo alunni utilizzavano sporchi trucchi per non retribuirgli l’insegnamento. Per questo decise di cercare una cattedra libera a Milano, che gli venne affidata dal prefetto Quinto Aurelio Simmaco, per contrastare la fama del vescovo Ambrogio. Ma Agostino finì dall’essere persuaso dalle parole del Vescovo e per questo iniziò a frequentare regolarmente le sue predicazioni. Ma cosa c’era nelle parole di Sant’ Ambrogio che tanto affascinarono Agostino? La terra ferma, il beato porto, la vera filosofia, la felicità, la pace. Mentre iniziava ad Adorare lo scetticismo accademico, preso dalla vorticosa problematica della teodicea (si chiedeva soprattutto perché un Dio onnipotente non riuscisse ad annientare il male) ecco che dalla bocca di Ambrogio fuoriuscì la vera filosofia: il neo-platonismo. Ma la ricerca non era del tutto finita, Agostino continuò a peccare fino a quando, con Paolo di Tarso, non arrivò a stabilire che non bisogna dominare la verità, ma dalla verità bisogna essere dominati. In pratica, non era Ambrogio a Parlare, ma era Dio che parlava tramite Ambrogio: in Romani , Agostino troverà la formula decisiva:“ La legge uccide e lo spirito vivifica”. In breve, noi conosciamo i precetti di Dio, ma Dio a Paolo ha rivelato che questi non bastano. La legge rappresenta il decalogo, i comandamenti che Dio ha lasciato in eredità a Mosè. E lo spirito rappresenta la grazia di Dio. Per Agostino, come per paolo, l’uomo è carne e questa carne è infetta dal morbo del peccato originale che solo lo spirito di Dio, tramite la resurrezione in cristo, può illuminare e portare verso il sommo bene, la beatitudine, la felicità. L’uomo è impotente se Dio non entra in lui, se Dio non lo illumina e lo acceca come ha fatto con Paolo sulla via di Damasco. È lo spirito vivificatore il “milionario broker” che può solo decidere di illuminarci la retta via. È lo spirito vivificatore l’incontro magico di Agostino che gli concede “La grande possibilità”. E questo spirito si chiama Grazia. Perché? Perché non vi è alcuna costrizione dietro questo atto di Dio, questo atto di Dio è un regalo, questo atto di Dio è completamente gratis.
Articolo di Antonio di Cesare