La grande guerra attraverso le immagini della letteratura:
Emma Giammattei presenta il suo volume “Il racconto italiano della grande guerra. Narrazioni, corrispondenze e prose morali (1914-1921)”
In occasione del centenario dell’entrata in guerra dell’Italia, il giorno 23 Novembre 2015 il dipartimento degli studi umanistici dell’Università di Roma tre ha avuto l’onore di presentare il volume “Il racconto italiano della grande guerra. Narrazioni,corrispondenze e prose morali (1914-1921)”edito da poco dall’Istituto dell’enciclopedia italiana nella collana “La letteratura Italiana Ricciardi” e realizzato da Emma Giammattei con la collaborazione di Gianluca Genovese, entrambi ordinari presso l’università degli studi di Napoli “Suor Orsola Benincasa”.
Alla presentazione del volume presiedevano, oltre all’autrice, i professori Amedeo Quondam in veste di coordinatore e Luca Serianni, entrambi ordinari emeriti presso l’università di Roma “ La sapienza”, il professor Giuseppe Galasso, ordinario emerito dell’università di Napoli Suor Orsola Benincasa e il professor Franco Contorbia, ordinario presso l’università degli studi di Genova.
Il volume in questione, stando alle parole di Emma Giammattei, «è nato dopo un faticoso lavoro di quattro anni» che ha visto una grande azione «disinfestante» nell’ambito della letteratura italiana a sfondo bellico conseguito con la scelta di otto tra quelle opere che dal 1914 al 1921 «hanno gettato luce sugli anni prima della guerra e nella guerra, non dopo». Le otto opere selezionate, accomunate da quelle che Serianni ha chiamato «omogeneità linguistica e tematica», sono le seguenti: “Romanzo della guerra” di Alfredo Panzini (1863-1939) edito nel 1914, “Discorsi militari” di Giovanni Boine (1887-1917) edito nel 1915, “Racconti del primo semestre” di Luigi Barzini (1874-1947) edito nel 1916, “Racconti di guerra” di Luigi Ambrosini (1883-1929) edito nel 1917, “Diario di trincea” di Renato Serra (1884-1915) edito nel 1917, “Nostro purgatorio” di Antonio Baldini (1884-1962) edito nel 1918, “Kobilek: giornale di battaglia” di Ardengo Soffici (1879-1964) edito nel 1918 di e infine “Viva Caporetto” di Curzio Malaparte (1898-1957) edito e censurato nel 1918 e ristampato nel 1921 con il titolo “La rivolta dei santi maledetti”. Grandi sono state le esclusioni che ha visto la letteratura italiana, solo per citarne alcune, all’appello sono assenti nel volume Prezzolini (1882-1982), Renato Serra con l’”Esame di coscienza di un letterato” e “Guerra dell’idea” di Luigi Antonio Borgese (1882-1952). Nonostante questo, Emma Giammattei ha realizzato un’opera destinata a diventare una pietra miliare nell’ambito dell’indagine storico letteraria, un’opera che la cultura italiana umanistica accoglierà a braccia aperte, perché contribuirà in un modo o nell’altro alla trasmissione del sapere e, come il professore Giuseppe Galasso ha puntualizzato, alla trasmissione del «modo italiano di raccontare la guerra».
Tralasciando l’aspetto letterario, filologico e linguistico del volume, l’evento ha offerto, tramite l’apporto dei professori sopramenzionati, monumenti viventi del nostro Sapere, una profonda riflessione sui tragici aspetti strutturali, antropologici e psicologici della “grande guerra” smorzando anche i toni con riferimenti alla storica pellicola di Mario Monicelli, “La grande guerra” (1959). Tenendo conto dei dati oggettivi, è stato mostrato come tale evento bellico, seppur drammatico, sia stato edificante e vittorioso per il nostro paese solo da un punto di vista linguistico e per la costruzione di un sentimento nazionale comune visto che, prima della guerra, la stragrande maggioranza dei soldati non aveva motivazione alcuna ma solo un entusiasmo superomistico scomparso dopo le prime bombe e i primi mesi guerra.
A cento anni dall’avvento dell’Italia in guerra è importante stimolare in noi una profonda riflessione specialmente nel contesto storico nel quale tutt’oggi viviamo, ogni qualvolta si invoca la guerra dobbiamo fare lo sforzo di ricordare le sofferenze dei nostri nonni, la loro esperienza nel fango, tra i topi e i cadaveri dilaniati dei loro commilitoni nelle trincee, dobbiamo ricordarlo sì, perché se oggi ci lamentiamo per un vestito non comprato o per un selfie con pochi “mi piace”, c’era chi a diciotto anni fu costretto a celare dietro un grido di guerra la paura della morte.