Andrea Talarico
pubblicato 6 anni fa in Arte

Behind the world

Julien Friedler

Behind the world

Domani, venerdì 9 novembre, aprirà al pubblico la mostra monografica Behind the word dell’artista belga Julien Friedler, presso l’Ala Brasini del Complesso del Vittoriano a Roma. Arthemisia, il gruppo responsabile dell’organizzazione, ci ha gentilmente invitato a partecipare alla preview dell’esposizione, cui ha presenziato Friedler in persona, insieme alla curatrice della mostra, Dominique Stella.
Classe 1950, nato a Bruxelles, Friedler segue studi di filosofia ed etnologia, per poi iniziare la sua formazione da psicanalista (durante la quale intraprende personalmente un percorso di psicanalisi nientemeno che con Jacques Lacan).

La sua carriera di artista figurativo inizia piuttosto tardi. Come lui stesso ci ha raccontato, quando aveva ormai passato da tempo i 40 anni (siamo intorno al 1997), si è trovato ad affrontare un totale “blocco” nella sua attività di scrittore e ricercatore, di più: non vedeva più il senso di quello che stava facendo (buffo che l’allievo di Lacan si trovi in prima persona a fronteggiare l’insufficienza del linguaggio); su consiglio di un’amica, Friedler inizia a dedicarsi alla pittura, con un approccio piuttosto personale (per sua stessa ammissione, i tentativi di approccio convenzionale alla tecnica pittorica sono naufragati piuttosto rapidamente), i risultati però sono sotto gli occhi di tutti: in poco più di venti anni di carriera artistica le sue opere sono state esposte in città come New York, Parigi, Bruxelles, Berlino e adesso anche Roma.

Proprio a Roma, da domani i visitatori del complesso del Vittoriano (che attualmente ospita anche mostre su Pollock, la scuola di New York e Warhol) potranno ammirare le 20 opere di grande formato in esposizione (per lo più acrilici su tela), cui si aggiunge l’installazione La Forêt des Âmes (La Foresta delle Anime), vero fulcro della mostra e del lavoro di Friedler in generale.
Nove colonne, sulla cui cima sono poste delle maschere appena abbozzate, quasi dei totem (immagine ricorrente tanto nelle opere dell’artista quanto nella teoria psicanalitica) che si facciano collettori delle anime di cui sarà formata questa foresta.

Ai visitatori è data infatti la possibilità di partecipare attivamente rispondendo ad un questionario, le cui risposte sono raccolte in tutto il mondo e contenute, simbolicamente, nelle colonne dell’installazione. Il progetto prevede che la somministrazione del questionario sia portata avanti per 80 anni (a partire dal 2006), supportata dall’operato dell’associazione Spirit de Boz, e le risposte possono essere date in qualsiasi forma: un breve scritto, un disegno, c’è chi addirittura ha fornito la propria risposta in forma di rap.
Nell’idea di Friedler, la sua arte risponde dunque a due esigenze: da una parte la ricerca di una forma collettiva di fruizione dell’arte, dall’altra lo sfogo di un bisogno interiore di espressione e di indagine di quanto è subliminale e inconscio.

Significativamente l’artista ha dichiarato di continuare a dipingere semplicemente perché dipingere lo fa sentire meglio, e la stessa speranza nutre verso gli spettatori: ogni sua opera è pensata per essere contemplata dallo spettatore, perché ne possa dare liberamente la propria interpretazione, attribuirle un significato, ma soprattutto per provare una sensazione di pace, perché oggi come oggi trovare anche solo cinque minuti di pace è pur sempre una gran cosa. Parola di psicanalista.