Dialoghi oltre il miraggio
Su gentile concessione dell’autore, Marco Penzo, pubblichiamo un estratto di Dialoghi oltre il miraggio (Morlacchi, 2019).
L’opera è una raccolta di dialoghi che hanno il fine di sviscerare l’aspetto più intimo dell’essere umano, che non è solo fatto di carne e ossa, ma è composto da elementi che ne caratterizzano l’aspetto “spirituale”: ecco domande come quelle sull’esistenza di Dio o sul concetto di Verità. I dialoghi tentano di far emergere soprattutto un elemento molto importante dell’uomo, forse essenziale, quale la speranza: infatti ogni dialogo è intessuto di speranza come ricerca del Bene, come itinerario verso la scoperta del vero, da contrapporsi al miraggio, quale “creatore” di inganno ed illusione e, quindi, di falsi idoli. I personaggi sono colti in differenti situazioni, in cui un soggetto espone teorie o fa domande al suo interlocutore, così da permettere l’emersione della Verità e della Bellezza, concetti che si contrappongono a quelli di falsità ed assurdità, fondanti, secondo buona parte dei protagonisti, la società a loro contemporanea, basata, di fatto, su un miraggio effimero.
L’uomo è, a mio avviso, un “animale dialogico”, che, attraverso l’utilizzo della parola, può modificare, cambiare, se non quindi migliorare il mondo. Partendo da questo punto di vista mi piace pensare che tale natura dell’uomo permetta l’emersione del medesimo da una realtà che troppo spesso fa valere ideali o anche valori fallaci, che spingono verso la via dell’intolleranza e dell’ignoranza. Scopo di ognuno è cercare il miglior modo per arrivare alla verità, che rappresenta il punto più alto del percorso umano. E questa verità non può non essere universale, non può non guardare all’umanità nella sua totalità, nel suo concetto più nobile. In questo senso mi piace ricordare Terenzio, il quale affermava: «Niente di umano mi è alieno». Ecco, l’uomo, seppur essere imperfetto, ha la capacità di comprendere, migliorare, esaltare la sua potenzialità di inventore di grandi opere. In fondo l’uomo è faber fortunae suae, ha la capacità di farsi “attore” della Storia, il paladino di uno sviluppo che possa portare al benessere e alla felicità, che non può essere considerata una mera utopia senza alcun fondamento, ma una libertà assoluta. Purtroppo tale ricerca della felicità è “vittima” della giusta frase di Eschilo: «Si impara soffrendo». L’uomo deve “patire”, sentire pienamente il limite dell’umanità, ossimoro di grandezza e pochezza, di bravura e mediocrità, che lo rendono un essere “speciale”, soggetto per di più alle logiche della Storia. Il miraggio, in questo senso, è preso nel suo aspetto più “oscuro”, nella sua idea di falso idolo, di fallace strumento per il raggiungimento della Libertà, della Felicità, della Verità: una sorta di “alterazione”, di deviazione dalla retta via. I dialoghi sono lo strumento, a mio avviso, migliore per superare l’ostacolo del miraggio, che si mostra come speranza che inganna, come figura ambigua, oltre il quale bisogna procedere per poter scoprire e “conquistare” la verità. La Speranza vera è alla base dell’essere umano, il percorso, il fine, l’inizio di tutto: sperare è un grande metodo per sopravvivere a questo mondo e vivere per il raggiungimento del sommo Bene.
Marco Penzo