Edgar Degas
un insolito impressionista
Nessun’arte è meno spontanea della mia. Quel che faccio è il risultato della riflessione e dello studio; di ispirazione, spontaneità, temperamento, io non ne so niente. Bisogna rifare dieci volte, cento volte lo stesso soggetto. Nulla in arte deve sembrare casuale. Nemmeno il movimento.
Edgar Degas espose in sette delle otto mostre impressioniste e figura come personalità di spicco in ogni discussione sul movimento. Ma possiamo certamente considerarlo il meno impressionista tra gli impressionisti. Fu impressionista solo per determinati aspetti della sua opera e, come Manet, stette anche lui piuttosto in disparte dal resto del gruppo. Del resto era poco interessato al paesaggio e quindi non condivise l’attenzione dei pittori impressionisti alla resa degli effetti di cambiamento della luce e dell’atmosfera, a quella pittura en plein air che tanto attirava gli impressionisti. I personaggi immortalati nelle sue opere non sono affatto idealizzati, bensì colti con spirito verista e fissati in opere dal taglio quasi fotografico. Degas utilizzò le fotografie, da lui stesso realizzate, come punto di partenza di vari dipinti, prediligendo punti di vista poco comuni.
A cinquant’anni Degas ebbe seri problemi di vista e per questo passò dall’olio al pastello, tecnica che gli permetteva di stare fisicamente più vicino alla superficie su cui lavorava. In questi quadri le figure sono spesso ritratte in pose intime, come se lui stesso le osservasse da un punto di vista molto vicino, caratterizzato da un taglio fotografico.
L’opera di Degas è quindi sotto il segno della ricerca, dell’intelligenza, della volontà. È la stessa, contemporanea, ossessione nell’osservare la realtà in ogni suo elemento, e nel darne immagine, come nell’inventare ed laborare i segni e le forme dello stile, che assilla e regola ogni suo atto d’artista. Quindi Degas accetta in blocco, come mondo poetico, il suo mondo borghese, con tutte le sue regole di vita e i suoi valori convenzionali di sistema sociale. Come Monet o Renoir, guarda e traduce gli aspetti della realtà, senza piegarli a tesi ed a programmi. Ma il suo temperamento e la sua formazione culturale gli fanno preferire lo spettacolo della società umana a quello della natura.
Degas è un occhio in cui si specchia la realtà sensibile, ma il riflesso che di essa restituisce è un’immagine bloccata nelle “dimensioni” inventate secondo le regole di una spazialità non naturalistica, anzi strenuamente intellettuale.
La sua opera, pittura o scultura che sia, sembra riprodurre analiticamente, fotograficamente, un momento di vita vissuta, ma è invece una costruzione basata su norme e valori altri da quelli dell’impressione ottica. Tutto il contrario degli impressionisti.
Nell’apparente immediatezza della disposizione occasionale, colta sul vivo, si celano una serie di operazioni di slittamento, collocazione, rapporto tra le varie parti, che sfociano in un risultato di sconvolgente folgorazione del moto vitale, in un momento di vita cristallizzata. Degas sceglie dunque l’accettazione del motivo occasionale, del dato fenomenico presente, perché esso non ha altra ragione di interesse se non il suo stesso essere.
L’ossessione analitica e l’armonia della composizione, la cattura fulminea della tranche de vie che si rivela poi quale punto d’arrivo di una meditata sintesi strutturale. Grande osservatore, non cerca mai esagerazioni, l’effetto viene sempre raggiunto attraverso la realtà stessa, senza calcature. Questo fa di lui lo storico delle scene che presenta.
Articolo a cura di Giulia Mattioni