Hungarian Rhapsody
quando i Queen sfidarono la cortina di ferro
Quando sentiamo parlare di tournée mondiale di un qualsiasi cantante o gruppo musicale, immaginiamo concerti spettacolari, in ogni parte del globo, senza porci alcun limite. Ma trentatré anni fa, le cose erano molto diverse: il mondo era diviso in due blocchi, con gli Stati uniti e l’Unione Sovietica contrapposti per ideologia, stile di vita, modello economico e, soprattutto, modello culturale. Due mondi vicini, separati simbolicamente in Europa solo dal Muro di Berlino, ma diametralmente opposti e, per questo, lontanissimi. Questa contrapposizione così marcata, fece si che, quando nel 1986 i Queen pensarono di organizzare un grande concerto in Ungheria, paese satellite dell’Unione Sovietica, la notizia rimbalzò da una testata all’altra, destando stupore e clamore in tutto il mondo.
Ma perché i Queen volevano aprirsi al blocco orientale? Questa decisione è frutto di alcuni precedenti: due anni prima, alla pubblicazione del video di I Want to Break Free (in cui Freddie Mercury e gli altri membri della storica band erano “scandalosamente” vestiti da casalinghe disperate) seguirono moltissime critiche, tanto da essere censurato integralmente da MTV, negli Stati Uniti. Il blocco del video fece infuriare la band e Freddie giurò di non esibirsi mai più in America. Per questo, bisognava trovare un nuovo mercato: se non si poteva guardare ad Ovest, si decise di guardare ad Est! Inoltre, in Ungheria, dal 1982, esisteva un Fan Club della band molto attivo che lottava per far superare a buona parte dei brani il ferreo controllo della censura comunista: ogni volta che riusciva nel suo intento, il pubblico impazziva per quei pezzi unici nel genere. Budapest era perciò il posto giusto per i Queen. Ma non bastavano le buone intenzioni: era necessario convincere le autorità locali (che già erano in guerra con il mercato nero dei Blue Jeans americani, considerati immorali e frutto della corruzione occidentale) a far entrare nel paese una band inglese, con un frontman singolare, dichiaratamente omosessuale che, certamente, non incarnava il modello ideale dalla logica comunista. I Queen, infatti, avevano già tentato, senza successo, di organizzare concerti in Unione Sovietica e Cina, ma la possibilità era sfumata, come ammise lo stesso Freddie Mercury in un’intervista:
Temevano che avremmo corrotto i loro giovani … o qualcosa del genere
Fu necessario un grande sforzo da parte di Jim Beach, storico manager della band, e di László Hegedüs, un rappresentante ungherese della società Multimedia che, lavorando congiuntamente, riuscirono a convincere le autorità locali: un concerto del genere sarebbe stata una mossa propagandistica di enorme valore per la logica del consenso, complice anche una parziale modifica delle norme relative al comportamento del pubblico ai concerti che, solitamente, doveva restare seduto e applaudire solo alla fine di ogni brano. Addirittura, si attivarono per finanziare parte del costo dei biglietti, per consentire al pubblico ungherese, che non era in grado di sostenere grandi spese, di affluire in massa. Il costo effettivo dei biglietti a carico del pubblico, variava dai 3,30 a 5,30 Dollari, gonfiato fino a 7 volte per effetto del bagarinaggio.
Era fatta! I Queen potevano aggiungere il Nepstadium (letteralmente “Stadio del Popolo”) di Budapest al Magic Tour, la loro quattordicesima tournèe: la data del 27 luglio 1986 sarebbe stata ricordata come quella del più grande concerto mai visto nell’Europa dell’Est. Il Magic Tour registrò un Sold out generale fin dalla prima tappa, quella in Svezia a Stoccolma, ma la grande attesa per tutti era il concerto di Budapest: le richieste di permessi, da tutti i paesi del blocco sovietico e non, per andare a Budapest, furono addirittura milioni! Solo il primo giorno furono venduti più di 45 mila biglietti sugli 80 mila disponibili! Questo dato diventa ancora più importante se si considera che le autorità vollero controllare, con minuziosa attenzione, i documenti di tutti coloro che avrebbero partecipato al grande evento. La MAFILM Dialóg Filmstúdió, compagnia cinematografica governativa ungherese, fu l’unica ad avere i diritti per riprendere in video il concerto e la permanenza della band in Ungheria: per mostrare al mondo l’evento, furono chiamati i migliori cameramen e messi a loro disposizione le migliori cineprese dell’industria sovietica, con l’ordine di documentare ogni istante della storica permanenza dei Queen e della loro esibizione: alla fine, utilizzarono l’incredibile quantità di 35 chilometri di pellicola. La band giunse in Ungheria 5 giorni prima del concerto e i quattro membri videro dal vivo il mondo oltre la cortina di ferro. Arrivarono in aliscafo (lo stesso che sarà utilizzato dal futuro leader Sovietico Michail Gorbačëv, in visita ufficiale), accolti da una folla festante e, da subito, misero in mostra il loro bizzarro modo di fare: Freddie e Mary Austin, sua ex fidanzata prima del suo coming out, fecero incetta di antiquariato locale e, con il resto del gruppo, si svagarono tra giri in mongolfiera, corse di go kart, visite alle terme, prove del concerto all’aperto della terrazza dell’Hotel Duna Intercontinental e visite guidate, durante le quali Freddie chiederà ironicamente di acquistare il Palazzo del Parlamento:
È in vendita? Quante camere da letto ci sono? Non ci sono abbastanza camere da letto per la servitù!
Il tutto si concluse con la visita all’ambasciata inglese, dove i giornalisti della BBC parleranno de “I Queen nella Regina del Danubio”, e con una grande festa per il compleanno di Roger Taylor durante la quale, intervistato dalla tv locale, Freddie pronuncerà con leggerezza una frase, purtroppo, profetica:
… Se sarò ancora vivo tornerò!
Forse sapeva già che quello sarebbe stato il suo ultimo Tour, sapeva che l’AIDS lo aveva ormai contagiato, che presto sarebbe rimasto solo il ricordo di quell’istrionico cantante, capace di mostrare in modo tangibile il concetto ideale di “forza della musica” … forse … ma a Budapest Freddie avrebbe mostrato al mondo cosa volesse dire essere un vero Performer!
Il concerto cominciò dopo l’esibizione di altre band per scaldare il pubblico presente ma, all’arrivo della batteria di Roger Taylor, il pubblico impazzì. Gridò di gioia, poi venne ammutolito dall’ingresso di Brian May, John Deacon e, soprattutto, di Freddie che, con un completo bianco e rosso molto eccentrico, fece esplodere la sua energia con One Vision! Il pubblico era in delirio: mai avevano ascoltato qualcosa di simile! Il concerto proseguì con diversi brani, tra i quali spiccano A Kind of Magic, il brano per cui fu lanciato il Magic Tour cui seguirono Under Pressure, Who Wants to Live Forever e I Want to Break Free, che Freddie cantò con orgoglio per rimarcare, ancora una volta, il grande errore di MTV negli Stati Uniti. Alcuni dei momenti più commoventi e indimenticabili seguirono poco dopo: quando Brian May iniziò a suonare l’introduzione di Love of My Life, il pubblico riconobbe immediatamente la canzone. Freddie cantò le primissime strofe:
Love of my life, you’ve hurt me
You’ve broken my heart and now you leave me
Love of my life, can’t you see? …
A quel punto, provò ad incitare il pubblico con il microfono e, incredibilmente, tutto il Nepstadium rispose con il ritornello:
Bring it back, bring it back Don’t take it away from me, because you don’t know
What it means to me …
La conoscevano tutti, pur non parlando inglese! E come il pubblico si era avvicinato alla cultura occidentale, Freddie e i Queen decisero di avvicinarsi a quella locale. Freddie disse:
Adesso arriva la parte difficile! Questa è una canzone speciale dai Queen per voi!
La Band iniziò a cantare Tavaszi Szel Vizet Araszt, un brano locale, con cui si esibirono solo quella volta e che rese la performance unica.
Seguirono alcuni tra i brani più famosi della band: Bohemian Rhapsody, Hammer to Fall, Crazy Little Thing Called Love. Ma fu poco dopo che si palesò come la musica avesse il potere di varcare ogni barriera: i Queen cantarono Radio Ga Ga, il cui video promozionale non era mai stato “ufficialmente” trasmesso in Ungheria… eppure tutto il pubblico sapeva perfettamente quando alzare e battere le mani, per partecipare alla coreografia! Il regime poteva bloccare tante cose ma la musica dei Queen era arrivata prima dei Queen. Quando la batteria di Roger Taylor introdusse We Will Rock You, Freddie si presentò sul palco, a dorso nudo, con una bandiera della Gran Bretagna sulle spalle! Un messaggio politico, che fece rabbrividire i membri della commissione che aveva concordato con il manager della band un programma diverso. Ma quando Freddie si voltò, dando le spalle al pubblico, sull’altro lato della bandiera era cucita quella ungherese: ciò che era sembrato un affronto, divenne un messaggio di apertura e fratellanza tra i popoli che solo Freddie poteva lanciare con quello stile! (in realtà questa scelta della bandiera doubleface era stata proposta anche nel concerto di Rio e in altri ma, in Ungheria, aveva un significato molto più profondo). Con il canto unanime di We Are The Champions, si concluse uno dei più grandi concerti dei Queen.
Era stato il più grande evento Rock di tutti i tempi, in un paese dell’Est Europa. I Queen erano entrati di prepotenza nella storia e, come disse David Colvin, l’incaricato d’affari facente funzione di Ambasciatore britannico di Budapest:
Questa visita da parte dei Queen in rappresentanza della cultura popolare è di aiuto vitale nell’abbattimento delle barriere fra Est e Ovest. La musica pop è un campo in cui la divisione fra Est e Ovest è meno evidente”.
Il Magic Tour fu l’ultima Tournèe dei Queen con Freddie Mercury che, solo cinque anni dopo, si arrese all’HIV lasciando al mondo intero l’immagine di un uomo che, con il suo stile unico e la sua musica, poteva unire popoli e culture, oltre i muri, sia fisici che ideologici.
Per vivere la magia di quel concerto, è possibile vedere i molti video dal canale ufficiale dei Queen su YouTube o il film del concerto intitolato “Hungarian Rhapsody – Live in Budapest”.
Le Fonti
Libri:
L-A. Jones, Freddie Mercury. I Will Rock You. La biografia definitiva, Sperling & Kupfer, 2018.
J. Gunn – J. Jenkins, Queen. La biografia ufficiale, Arcana, 2015.
Video:
Hungarian Rhapsody – Live in Budapest, 2012, prodotto da Jim Beach e László Hegedüs.
Collegamenti esterni:
https://comunitaqueeniana.weebly.com/more-of-that-jazz/rapsodia-ungherese-30-anni-dallo-show-al-nepstadion-di-budapest
Fonte per l’immagine: https://funnyjunk.com/funny_pictures/4596633/Some+facts+about+hungary/4