Il caso di Georgia O’Keeffe
da “moglie di...” ad artista emergente della scena artista americana
At last a woman on paper!
Con quest’espressione, che da lì a poco diverrà un celebre aforisma, Alfred Stieglitz accolse i primi disegni a carboncino di Georgia O’ Keeffe. Due realtà provenienti da mondi diversi entrano in collisione: da una parte il carismatico gallerista di origini tedesche, che riuscì a far emergere l’arte avanguardista europea capeggiata da un giovane Picasso; dall’altra una maestra d’arte del Texas appassionata di pittura che mai avrebbe sperato di poter un giorno competere con i nomi più illustri dell’arte, così come mai poté credere, fino al momento della sua realizzazione, che i suoi sogni da ragazza potessero essere coronati da un’esposizione personale all’interno della Gallery 291. Una carriera artistica che la porterà ad essere apprezzata per quell’arte definita dai critici come sensuale, capace di far trasparire i propri tormenti, le proprie vicissitudini amorose con Stieglitz ed in grado di far emergere un forte dato panteistico. Al periodo che passò in New Mexico, non corrisponde la semplice rappresentazione di bucrani ma vi è la fusione tra l’artista e il mondo animale, così come tale simbiosi emerge nella rappresentazione del cielo che, come la stessa affermò, mai prima di allora riuscì a vedere con tale splendore e tale chiarezza; tutto si riduce ad un forte panteismo. E cosa meglio dei celeberrimi fiori, rappresentati in maniera talmente ravvicinata da perdere la concezione dell’intera forma del vegetale, possono render chiara l’idea che l’artista riporta nella propria arte? Passioni viscerali ed erotismo sono i temi guida della sua intera produzione; ma dall’analisi della sua evoluzione notiamo un dato peculiare. Partendo dal modo in cui O’Keeffe entra nel palcoscenico dell’arte americana potremo dedurre come di fondamentale importanza fu il supporto da parte del fotografo Strieglitz. Senza il suo appoggio avremmo potuto conoscere l’artista? Forse no. Siamo negli anni in cui gli artisti che segneranno l’ingresso dell’arte americana nel quadro competitivo europeo emergono grazie alla mediazione e alla lungimiranza di curatori di mostre; l’arte diventa mercato e emerge l’artista il cui mecenate si pone come miglior offerente. Con ciò capiamo che fu fondamentale l’apporto di Strieglitz. Ma ugualmente basilare fu la sua presenza per la produzione artistica della O’Keeffe? Sappiamo che i primi anni di convivenza dei due furono segnati da uno stimolo reciproco; lei dipingeva e lui la fotografava, creando istantanee considerate troppo passionali anche per l’ambiente avanguardistico americano. Furono anni di forte ispirazione in cui emerge anche la volontà da parte di Georgia di diventare madre, idea a cui non sembrava molto favorevole Alfred in quanto anziano e segnato dal rapporto non idilliaco con la prima figlia. O’Keeffe richiede continuamente l’approvazione e l’eventuale correzione del suo lavoro da parte del compagno, il quale non si esime dal compito di duro critico. L’amore era l’ingrediente che teneva legati due caratteri opposti. Lui, uomo mondano, aperto alle relazioni sociali, carismatico, in grado di far emergere qualsiasi artista volesse; lei, amante della solitudine, cercava continuamente spazi per sé e la propria arte. Sarà proprio la preclusione di quest’ultimo dato, per lei fondamentale, a dare l’avvio al tracollo della loro relazione, senza dimenticare la natura fedifraga di lui. Cosi nel 1929, a pochi anni dal matrimonio, Georgia decise di ritirarsi in New Mexico; ed è proprio a questo periodo che risalgano le opere pittoriche che oggi possiamo ammirare al MoMA di New York. Dal rapporto epistolare scambiato con Strieglitz emerge tutto l’entusiasmo scaturito dall’incontro con un ambiente naturale che mai prima di allora aveva avuto la possibilità di vedere; la sua meraviglia ci è offerta dall’analisi dei suoi quadri. Ci troviamo di fronte ad una donna in rinascita, il cui rapporto con il marito aveva spento la sua vena creativa. La libertà di quel periodo gli offre nuova linfa, la sprona a superare i propri limiti e a farsi conoscere non come “moglie di Strieglitz” ma come Georgie O’Keeffe. Il suo benessere, il suo bisogno di libertà appagato emerge dalla lettura delle lettere scambiate con il marito: “ E ho scelto di andarmene perché qui, almeno, mi sento bene – e mi sembra di crescere anche interiormente”. I due continuano a nutrire un forte amore reciproco, ma la consapevolezza di non poter star insieme a causa delle divergenze caratteriali li porterà a prendere strade diverse. Strieglitz continuò a curare le sue mostre personali, difendendola da qualsiasi attacco della critica, senza che O’Keeffe vi si opponesse . Il loro matrimonio, nonostante la lontananza sia fisica sia caratteriale, continuò fino al sopraggiungere, nel luglio 1946, della morte di Strieglitz.
Ci troviamo di fronte due geni, capaci di esprimere il proprio senso artistico solo stando a distanza; vicini si annullavano, ma allo stesso tempo, la consapevolezza di poter contare sul supporto dell’altro li teneva vincolati. Un rapporto viscerale, quasi come le opere portavoci delle passioni intimistiche di lei, scaturite dal desiderio che nutre nei confronti del suo compagno di vita; se tutto inizialmente era indirizzato a compiacere il volere e il gusto dell’amato, successivamente O’Keeffe matura una profonda autostima che la porterà ad essere autonoma rispetto al consenso del marito. Solo sapendo la storia dell’autore si può conoscere il messaggio che si cela dietro opere tante delicate ed eteree, che a un occhio poco esperto potrebbero sembrare opere di gusto ma prive di valore sentimentale.
Articolo a cura di Chiara Tondolo