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pubblicato 4 anni fa in Interviste

Intervista a Chiara Frugoni

Intervista a Chiara Frugoni

Un presepio con molte sorprese. San Francesco e il Natale di Greccio di Chiara Frugoni, primo libro edito da Mauvais livres, si presenta come un ottimo connubio tra precisione storica e impronta divulgativa. Abbiamo posto qualche domanda all’autrice, medievista e storica della Chiesa.

Federico Musardo: Quando ho incominciato a leggere Un presepio con molte sorprese. San Francesco e il Natale di Greccio onestamente non immaginavo di trovarmi di fronte a un panorama così eterogeneo. Studiando la storia, tra racconto e testimonianza esiste una differenza? Com’è possibile discernere? Penso soprattutto all’adolescenza di Francesco, da una parte uomo, dall’altra santo.

Chiara Frugoni: Nel caso di Francesco, per quanto riguarda il presepe di Greccio, noi non abbiamo a che fare con una testimonianza diretta, non possiamo ascoltare la voce del santo. Di quella notte parlano due agiografi che hanno riportato le testimonianze ma in forma di racconto. Era un racconto veritiero? Non sempre, e qui sta alla bravura dello storico scoprire contraddizioni o affermazioni impossibili.

F.M.: Come si comporta quando studia fonti al confine tra apologia, falsificazione a scopo propagandistico, e documento storico? Come conciliare tutte le biografie (e le agiografie) di Francesco con la verità storica? A oggi, possiamo dire di avere una ricostruzione verosimile della sua vita?

C.F.: Di nuovo, per quanto riguarda Francesco, lo storico si trova di fronte a fonti difficili da interpretare. Ad esempio il francescano Tommaso da Celano scrisse due biografie a distanza di quindici anni l’una dall’altra in cui si contraddice clamorosamente. Nella prima afferma che i genitori di Francesco lo avevano traviato e che era un grande peccatore, nella seconda dice che la madre sembrava un’altra Elisabetta e che era da sempre santo. Per prima cosa bisognerà capire il perché di queste contraddizioni, da quali elementi il biografo era condizionato, che modello di santità voleva proporre. Solo così si potrà cercare di capire.

F.M.: Francesco vive e predica in un contesto fragile, attraversato da numerose crociate, fatto di equilibri precari tra poteri che si intersecano (religioso, politico, culturale). In un clima così pregno di odio verso l’alterità, però, sembra restare coerente e diffondere il suo pensiero senza compromessi troppo gravosi – a parte quelli con le direttive papali, come l’accondiscendenza verso Onorio III per la Regula bullata. Oggi, oltre che pacifista e in un certo senso trasgressivo, potremmo definirlo rivoluzionario? Sovversivo?

C.F.: Francesco applicò radicalmente il Vangelo. Questa applicazione totale anche oggi suonerebbe come una rivoluzione.

F.M.: Lei scrive: «Il Dio che prospetta Francesco è invece non il Dio soltanto dei cristiani, ma un Dio creatore di tutto, nei cui piani sono compresi perciò anche gli “infedeli”, un Dio che non giudica e non condanna, ma accoglie e redime. Il battesimo ai saraceni, che solo i frati sacerdoti possono impartire, conclude questo percorso». Francesco insomma si rapporta agli «infedeli» in modo egualitario? L’incontro tra Francesco e Malik al Kamil mi ha affascinato molto. Le va di raccontarlo?

C.F.: Francesco riteneva che tutti gli uomini fossero figli di Dio e tutti perciò fratelli. Ai suoi frati impose, andando fra i musulmani, di non sollevare né dispute né liti. Non ebbe mai una parola offensiva nei confronti delle religioni non cristiane, se mai, proprio da quella islamica trasse delle abitudini, come quella di chiedere che ogni sera qualcuno dall’alto del campanile della chiesa chiamasse alla preghiera. Andò davvero Francesco dal sultano? Non è certo. L’importanza dell’andata di Francesco non è il suo viaggio di una durata limitata. È che lui avesse ipotizzato che si potesse vivere fra i musulmani in piena pace in un tempo in cui il pontefice li trattava come nemici, insultandoli e disprezzandoli.

F.M.: Nel suo libro descrive minuziosamente alcune opere che raccontano uno o più episodi della vita di Francesco. Che ruolo hanno le fonti iconografiche per uno storico? Come leggerle e interpretarle?

C.F.: Fin dalla mia laurea ho creduto e ritenuto che le immagini, se opportunamente interrogate, vadano considerate una fonte storica alla pari di una fonte scritta. Contengono particolari e dettagli a volte impossibili da trovare nelle fonti scritte. Il mutare ad esempio della figura di Francesco, del suo abbigliamento, ci segnalano quali tensioni e quali problemi fossero in atto nell’Ordine francescano al tempo in cui furono dipinte.

F.M.: Dopo la lettura del suo libro l’impressione è che Francesco non abbia sperimentato su di sé il male, salvo che durante l’adolescenza. Si tratta forse di una mia mistificazione. Domanda naive: Francesco era sempre buono? Nella ricerca di un’evangelizzazione ecumenica, ha sempre posto il bene a ideale di vita? Non si rischia una mistificazione di secondo grado?

C.F.: Francesco ha sofferto molto durante la sua vita anche perché i compagni ben presto trovarono troppo dura la sua proposta di vita cristiana e non lo seguirono più. Francesco diede le dimissioni da capo dell’Ordine proprio perché contestato. Francesco è stato un uomo, e dunque anche con dei difetti, a volte duro con i compagni, in nome della santa obbedienza. Aveva iniziato un progetto aperto alla pari a uomini e donne e accortosi che era impossibile portarlo avanti per le difficoltà che gli opponeva la Chiesa abbandonò, si può dire, Chiara, che coraggiosissima continuò comunque a portare avanti il progetto dell’origine.

F.M.: Ha scritto molto su San Francesco. Come mai ha così tanto a cuore la sua figura?

C.F.: Francesco è stato, come uomo, di una intelligenza ed apertura mentale straordinarie, avanti di secoli. Le fonti francescane, ognuna delle quali si contraddice con l’altra, sono una grande palestra per lo storico.