La forza del desiderio
tributo a Oriana Fallaci
Poche sono le figure che hanno inciso sulla mentalità e sul modo di vivere la propria cultura a tal punto di difenderla con tutti i mezzi, e tra queste spicca il nome di Oriana Fallaci. Nata nel 1929, è stata la prima donna italiana al fronte in qualità di inviato speciale, grande giornalista, scrittrice e pensatrice che con i suoi libri e articoli ha posto le basi di una modalità nuova e affascinante di pensare e ri-pensare gli avvenimenti che hanno caratterizzato il ventunesimo secolo. Sulle orme dello zio, giornalista direttore di “Epoca”, lei e le sorelle, Paola e Neera, si appassiona al mondo del giornalismo e comincia a scrivere per “Il Mattino dell’Italia Centrale”, quotidiano fiorentino di ispirazione cattolica, occupandosi di vari argomenti di cronaca nera (che la vedranno infatti a svolgere indagini in prima persona), poi di cronaca giudiziaria per approdare poi al mondo dello spettacolo. Dopo varie peripezie lascia il “Mattino” (anche per contrasti ideologici) e continua la sua attività di scrittrice presso il giornale dello zio. Ma le cose non andarono per il verso giusto infatti
Mio zio aveva allevato, come una chioccia alleva i pulcini, molti fra i più noti giornalisti italiani. Io rappresento uno dei pochi casi sfuggiti alla sua generosità; temeva talmente le accuse di nepotismo…
Lasciato “Epoca”, Oriana viene assunta da “L’Europeo” dove comincia a occuparsi degli accadimenti della Roma dell’epoca, di ciò che animava l’eterna città nel suo cuore pulsante , nella sua quotidianità e semplicità, nel suo splendore. Comincia così l’ascesa della sua grandiosa e brillante carriera. Pubblica i libri che la renderanno famosa ai posteri, come “Lettera a un bambino mai nato”, capolavoro che tratta il tema dell’aborto, e “Un uomo”, dove narra la storia dell’amore di una vita, Alekos Panagulis. Diventa così famosa che riceverà di li a poco la laurea honoris causa
in Letteratura dal Columbia College di Chicago, che farà maturare in lei la volontà di trasferirsi negli Stati Uniti lasciando la sua Firenze. La nuova esperienza americana porterà alla pubblicazione di Insciallah (tratto dall’omonima invocazione islamica), romanzo che narra la guerra in Libano, e dove, attraverso l’analisi dell’attacco terroristico che ne era alla base, descrive con lucidità e brillante professionalità le condizioni psicologiche ed esistenziali vissute dai combattenti. Il titolo del romanzo, oltre a riflettere l’invocazione nella preghiera islamica, rimanda alla famosa ricerca della “formula della vita”, contrapposta alla situazione di entropia delineata da Boltzmann, secondo cui l’universo segue una tendenza ad essere inghiottito dal caos che si alimenta degli stessi sforzi compiuti per evitarlo: ovvero l’universo va verso una auto-nullificazione. Formula che potrebbe trovarsi, a detta di una dei protagonisti, nella invocazione religiosa “come Dio vuole”, e che porta alla visione della vittoria della vita sulla morte e sul “caos nullificatore”. Potremmo dire che è il racconto o lo scenario della Vita Vincitrice, della forza “distruttrice” della Vita sulla Morte. Non si può non notare nelle sue opere il sentimento di nostalgia e di attaccamento alla sua Firenze, al “suo mondo”, alla città che faceva da fondamento a tutta la sua vita. Così esprimeva questo forte sentimento:
Sono nata a Firenze. Fiorentino parlo, fiorentino penso, fiorentino sento. Fiorentina è la mia cultura e la mia educazione. All’estero quando mi chiedono a quale paese appartengo, rispondo: Firenze. Non: Italia. Perché non è la stessa cosa
Sono due gli avvenimenti che l’accompagneranno nei suoi ultimi anni: l’ “Alieno”, la malattia, il cancro ai polmoni che l’aveva colpita, e l’idea di un’opera sulla sua famiglia, una specie di “ritorno al passato” che riconduceva fino alla sua nascita. L’esordio giornalistico si interruppe a seguito dei fatti dell’11 settembre 2001 che la Fallaci così ricorda:
Quell’11 settembre pensavo al mio bambino, dunque, e superato il trauma mi dissi: “Devo dimenticare ciò che è successo e succede. Devo occuparmi di lui e basta. Sennò lo abortisco”. Così, stringendo i denti, sedetti alla scrivania. Ripresi in mano la pagina del giorno prima, cercai di riportare la mente ai miei personaggi. Creature d’un mondo lontano, di un’epoca in cui gli aerei e i grattacieli non esistevan davvero. Ma durò poco. Il puzzo della morte entrava dalle finestre, dalle strade deserte giungeva il suono ossessivo delle ambulanze, il televisore lasciato acceso per l’angoscia e lo smarrimento lampeggiava ripetendo le immagini che volevo dimenticare.
Di fronte al dramma delle Torri Gemelle, la Fallaci decide di “rompere il silenzio” e di scrivere sui fatti accaduti, offrendo spunti di riflessione intorno ai rapporti tra occidente e fondamentalismo islamico. Ma la sua attività non si ferma qui: scriverà su vari giornali a proposito di temi etici scottanti come l’eutanasia, le cellule staminali, o circa temi come l’antisemitismo. Pubblicherà “La Trilogia di Oriana Fallaci” (comprendente La rabbia e l’orgoglio, La forza della ragione, e Oriana Fallaci intervista se stessa- L’Apocalisse) dove esporrà in modo chiaro l’invito a usare la Ragione, il libero pensiero proprio come ha fatto, ed ha effettivamente incarnato nella sua vita, Mastro Cecco, un ascolano arso vivo per eresia. Sono stati molti i luoghi in cui la Fallaci si è dimostrata un grande spirito libero, svincolato da ogni influenza sia politica che religiosa, pensatrice rivoluzionaria che guardava con occhio critico le vicende che le accadevano intorno. Si pensi ai tanti interventi riguardanti tematiche che aveva già affrontato, come la sua contrarietà all’aborto, al matrimonio omosessuale e alle adozioni alle coppie omosessuali, gridando il carattere femminile e vitale della maternità. Così scriveva:
E tu mi sei venuto accanto, mi hai detto: Ma io ti perdono, mamma. Non piangere. Nascerò un’altra volta. Splendide parole, bambino, ma parole e basta. Tutti gli spermi e tutti gli ovuli della terra uniti in tutte le possibili combinazioni non potrebbero mai creare di nuovo te, ciò che eri e che avresti potuto essere. Tu non rinascerai mai più. Non tornerai mai più. E continuo a parlarti per pura disperazione.
Negli ultimi anni della sua vita si avvicinò a tematiche avanzate dalla Chiesa cattolica, pur rimanendo sempre atea, o come preferiva chiamarsi, un’atea-cristiana. Su tale linea portò avanti le sue battaglie culturali, soprattutto quelle riguardanti l’affermazione e la valorizzazione dei simboli religiosi cristiani come sintesi della cultura occidentale, dell’universo occidental-cristiano. Il dramma che vive l’occidente, secondo l’autrice, è quello che chiamava il “cancro morale e intellettuale”, il dimenticarsi delle proprie origini sociali, culturali, religiose, morali. Nonostante le molte critiche ricevute, la Fallaci rimane un faro nella nebbia del Novecento, una voce potente, un profeta dei nostri tempi che annunciava e leggeva il futuro degli eventi che viveva la società del suo tempo, con lucidità, serenità, lungimiranza. Lei è riuscita con il suo lavoro e la sua instancabile forza d’animo, a farsi interprete dei problemi e delle questioni che attanagliavano l’essere umano, tanto da interrogarlo perfino sui temi più importanti e fondamentali che riguardavano la sua stessa “umanità”. Grazie a quel «Apro la mia boccaccia. […] E dico quello che mi pare», ci ha lasciato libri-capolavori che si rivelano finestre sugli eventi che ancora oggi viviamo. Nonostante non si definisse femminista, lei con la sua vita e le sue opere rappresenta la figura più luminosa e reale di tutte le donne che lottano per la libertà.
Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai.