Giovanna Nappi
pubblicato 2 anni fa in Recensioni

“La scoperta dell’assoluto e altre storie del mistero” di May Sinclair

“La scoperta dell’assoluto e altre storie del mistero” di May Sinclair

Per la teoria del signor Spalding non esiste alcuna realtà eccetto l’assoluto. Le cose sono reali solo perché esistono in esso, perché esso è loro.

Uncanny stories, ovvero La scoperta dell’assoluto e altre storie del mistero, arriva in Italia alla fine del 2021 nella traduzione di Cristina Cicognini grazie all’interessante lavoro di 8tto Edizioni, che «si propone di portare all’attenzione dei lettori italiani autori anglofoni che si esprimono sia nella forma del romanzo sia in quella del racconto».

Considerata antesignana di Virginia Woolf, May Sinclair (1863-1946) è stata una figura di spicco del panorama letterario inglese e americano; strinse rapporti con personaggi come Thomas Hardy e Henry James, fu un’autrice estremamente prolifica, nonché critica letteraria. A lei si deve l’espressione «flusso di coscienza» usata in contesto letterario: nella recensione che scrisse su Il pellegrinaggio di Dorothy Richardson sottolineò quanto la realtà psicologica avesse la meglio su qualunque trama. Un elemento – quello psicologico – che si rivelerà fondamentale anche per la sua opera.

Le sette storie che compongono il libro lo rendono quasi inclassificabile. A metà strada tra racconti del mistero, narrazioni gotiche e romanzi dell’Ottocento, rifugge da ogni categorizzazione e si configura come una raccolta originale e sorprendente. Da un lato tra queste pagine Sinclair indaga la psicologia umana, tra errori, colpi bassi, scelte sbagliate; dall’altro sostiene l’intero impianto di elementi oscuri, soprannaturali, che non interrompono il flusso narrativo ma gli danno un carattere evocativo e stregato. L’autrice rivisita il genere letterario con un gusto per l’occulto e uno spiccato senso dell’ironia, che conferisce alla prosa un clima allo stesso tempo ambiguo e beffardo.

All’epoca non sapeva da quale regione, da quale landa di mistero incredibile e inesplorata le fosse giunto l’aiuto. Arrivò un giorno, una notte quando stava molto male. Ricordava come si fosse accasciata sul pavimento della stanza, con un rinvigorito e definitivo istinto di resa, come avesse spalancato le braccia sul letto nel gesto supremo della supplica, e fosse così entrata del tutto, con gli occhi chiusi e nessun pensiero e sensazione in lei, nell’oscurità dove la Cosa l’aveva trovata, come se la stesse aspettando.
La Cosa l’aveva trovata. Agatha era precisa su quel punto. Non era il contrario. Lei non ci era nemmeno inciampata per caso, scontrandovisi mentre andava a tentoni nel buio. Il modo in cui funzionava, la meraviglia del suo istantaneo sentirsi bene, era stato il primo, il primissimo indizio della sua presenza.

Simile a un deus ex machina, l’elemento oscuro, irrazionale irrompe nella scena e travolge l’individuo a volte con un’epifania, altre come la conseguenza naturale del corso degli eventi. In ogni caso, qualunque sia la modalità privilegiata nel racconto, lo divide. I fatti così come sono, o come sembrerebbe che siano ‒ un uomo geloso della propria fidanzata, un impulso verso una donna, un amore filiale, tutti sentimenti autentici e plausibili ‒ celano un inedito piano del reale, una realtà parallela che, pur inconcepibile, è altrettanto vera e interferisce nella vita, spesso drasticamente.

Tutti i racconti custodiscono questa doppiezza, sebbene alcuni siano più efficaci di altri. Nel racconto d’apertura, ad esempio, Dove il fuoco non è estinto, si ritrovano tutti le qualità finora descritte. Protagonista è una donna, che l’autrice accompagna per l’intero corso della sua vita tra salti temporali e avvenimenti decisivi, e la sua incapacità di intrattenere relazioni amorose definitive. Ogni rapporto sembra destinato a essere interrotto per fattori esterni: a causa di un’altra donna, di una partenza o una morte imminente. Se la prima parte si snoda tra umorismi e situazioni talvolta inconcludenti, a un tratto, nella seconda il cambio di scenario e l’irruzione dell’irrazionale sono funzionali per comprendere ciò che fino a quel momento restava confuso, poco chiaro. Sinclair tende ad applicare questa struttura quasi a tutti i racconti, senza che risulti una scialba copia della precedente.

I personaggi, come ottocenteschi peccatori in attesa di una punizione dantesca, attendono il loro contrappasso; in ogni situazione si ritrovano a fare i conti con le scelte compiute, a comprenderne loro malgrado la portata, le conseguenze implicite. Ma non sono mai immobili, mettono sempre in discussione le proprie convinzioni, agiscono e non vengono agiti.

È il caso del protagonista del racconto intitolato Se i morti sapessero, in cui Wilfrid Hollyer si trova combattuto tra la possessiva presenza materna e una simpatia, pronta a sbocciare, nei confronti della giovane Effie Carroll. La sua condizione di scapolo non può, per ragioni economiche, trasformarsi in quella di coniuge, come desidererebbe, a meno che non rimanga solo al mondo e possa ereditare un patrimonio dignitoso. Ciò a cui si assiste è una magnifica celebrazione del dilemma dell’essere umano, combattuto tra i propri egoismi e i propri doveri, mettendo in piedi un uomo distrutto, eppure profondo, pieno.

Non sorprende che Sinclair abbia dato quello spessore a ogni personaggio della raccolta, in particolare a quelli femminili. Attiva dagli inizi del Novecento nel movimento per il suffragio femminile, la scrittrice fu anche coinvolta nell’istituzione di una delle prime cliniche in Inghilterra a offrire una formazione psicoanalitica alle persone. Questa esperienza influenza profondamente le storie raccontate, strutturando lo spessore delle protagoniste: ogni donna sembra qui completamente formata, grande conoscitrice di sé stessa e del prossimo. Anche i personaggi più secondari, che solo per vie traverse incidono sulla storia principale, possiedono una loro peculiarità, non sono mai lasciati al caso e sono contraddistinti da un acume evidente.

Non solo. L’indipendenza femminile trova un’eccezionale resa: le donne sono spigliate più di quanto ci si aspetterebbe e l’avanguardia – anche e soprattutto in ambito sessuale – è parte integrante della storia, un fatto già acquisito, che non va discusso ulteriormente né occultato. La loro audacia, che ricorda a tratti quella presente in L’amante di Lady Chatterley, è condita da ironia e sagacia, così da dar vita a figure moderne, quasi contemporanee che sfidano i cliché del tempo per comportarsi come vorrebbero senza subire condizionamenti da parte della società.

La scoperta dell’assoluto è a tutti gli effetti un’opera di spessore – doppia, rivelatrice e avanguardista –, che pone May Sinclair tra i capofila della letteratura inglese di Ottocento e Novecento. Uno stile fluido e sostenuto sostiene racconti dai risvolti sorprendenti, che conciliano amore per l’occulto, esplorazione del reale e doppiezza ambigua dell’uomo.