Culturificio
pubblicato 10 anni fa in Arte

La sindrome di Stendhal

lo sconvolgimento dell'estasi

Palpitazioni, vertigini, sensazione di svenimento, allucinazioni; se in un Museo di fronte ad un’opera d’arte particolarmente evocativa avete vissuto questo breve stato confusionale (niente panico) siete stati colpiti dalla “Sindrome di Stendhal”.

A scrivere per la prima volta degli effetti di questa forma di affezione psicosomatica fu l’ufficiale di cavalleria prussiano e scrittore francese Stendhal
(pseudonimo di Marie-Henri Beyle 1783-1842) nel suo diario di viaggio “Roma Napoli e Firenze “.
Egli, durante un periodo di congedo si trovò a compiere diverse peregrinazioni in giro per l’Italia e a Firenze, in visita alla Basilica di Santa Croce fu colto da un’improvvisa crisi che lo costrinse a recarsi verso l’uscita dell’edificio.

La sindrome si manifesta appunto come una sensazione di malessere diffuso insieme a difficoltà respiratorie, ansia, capogiri.
Un primo studio scientifico di tutti questi sintomi fu compiuto dalla psichiatra italiana Graziella Magherini, responsabile del servizio per la salute mentale dell’Arcispedale Santa Maria Nuova a Firenze.

La Magherini nel 1979 con la pubblicazione del suo libro “La sindrome di Stendhal. Il malessere del viaggiatore di fronte alla grandezza dell’arte” divulgò i risultati di un’indagine svolta a partire dall’analisi di singolari disturbi manifestatesi in alcuni turisti usciti dagli Uffizi.

Affetti da questo malessere transitorio pare siano persone estremamente sensibili che nel momento della contemplazione dell’opera d’arte, soprattutto pittura e scultura, provino un turbamento piuttosto che un godimento estetico.
La reazione dei soggetti non è legata tanto ad un’opera o ad un’artista in particolare, quanto più alla grandezza e alla quantità delle opere, e al fatto di trovarsi in uno spazio chiuso come musei o gallerie.

La spiegazione di questo disordine psicofisico potrebbe trovarsi nei così detti “neuroni-specchio”. Nel cervello di individui estremamente suscettibili la ricezione di troppi impulsi visivi nello stesso momento provocherebbe un’intensa eccitazione, quindi i sintomi descritti.
Ma la risposta potrebbe essere ancora più profonda, al livello dell’inconscio. Qui il soggetto affetto dalla sindrome di Stendhal sperimenterebbe un ” sentimento di invidia ” alla vista della perfezione e grandiosità dell’opera di cui vorrebbe essere lui l’autore. Il senso di impotenza scaturito dal l’impossibilità di realizzare questo desiderio scatenerebbe malesseri psicosomatici.

Articolo di Federica Menghi