Federico Musardo
pubblicato 10 anni fa in Arte

L’arte di Vladimir Kush

una realtà apparentemente irreale

L’arte di Vladimir Kush

Egli nasce a Mosca. Correva il 1965, anno in cui nel resto del mondo, tra le altre cose, nacquero i Doors, gli Scorpions ed i Rolling Stones: nascite sintomatiche di un ambiente culturale internazionale che ha ( in parte) superato i turbini del dopoguerra e le tensioni della Guerra Fredda, ed è pronto ad una nuova modernità.

Oggi scrivo di un pittore russo appartenente alla corrente del cosiddetto “realismo magico”, o “metaforico”, o ancora, se vogliamo raggiungere le avanguardie del secolo scorso, “surrealismo”, nonostante questa etichetta risulti sfuggente e nebulosa, oltre che fuorviante.

Vladimir Kush inquadra i soggetti che dipinge in un immaginario del tutto reale, ritrae oggetti e cose così come appaiono alla vista quotidiana, concretamente; il suo è un realismo, tuttavia magico, perché le pose manifeste non rispecchiano le attese e stupiscono, sorprendono.

I suoi dipinti sono addormentati e naturali; non troviamo automatismi psichici o residui di dadaismo. Sorge il paragone con il correlativo oggettivo teorizzato da T.S.Eliot e praticato dal nostro Montale: cose che permettono l’esistenza di altre cose, suggestioni, emozioni nate da “altro” che giunge “oltre”, e altrove.
Non parliamo di surrealismo, dunque.
E allora cos’è?

dd81b9_a7b0a1e97a0f4158b9528868d3ead557.jpg_srz_p_348_436_75_22_0.50_1.20_0Scrivendo a priori, prescindendo da questo argomento, una rappresentazione artistica priva di definizioni è affascinante.
Per la letteratura si pensi a Dante ( citato superficialmente), Leopardi ( esistenzialista? romantico? decadente?) ed altri preziosi autori, per la pittura penso a Goya, Van Gogh ( non tenendo conto delle categorizzazioni dei periodi, è post-impressionista? espressionista? oppure, circoscrivendo la domanda a pochi quadri ed osando, realista?) e, perché no, sto pensando a Leonardo da Vinci, infinito, che scavalca i limiti e supera artisticamente il periodo in cui visse.
Chiedo venia a tutti per la superficialità in cui, consapevole, scrivo.
In più mi scuso per eventuali errori ed invito eventuali lettori a render note altrettanto eventuali correzioni.
Le definizioni sono, a parer mio, sintetizzando, una grande limitazione.

Attenzione. Quest’articolo non ha nessuna pretesa rivelatrice; la cosiddetta “critica”, d’arte, letteraria, militante che sia, è un territorio da cui cerco di fuggire il più possibile.
Mi limito ad illustrare alcuni lavori dell’artista in questione.

Ritorno, appunto, al sublime Kush.
A suo dire venne influenzato da maestri antichi ( l’italiano Botticelli e gli olandesi Bosch* e Vermeer, il romantico tedesco Caspar David Friedrich) e soprattutto, a colpo d’occhio, da Salvador Dalì, padre del surrealismo d’avanguardia.
Esplora inoltre l’impressionismo e non ne rimane soddisfatto.
Non è sufficiente suscitare un’impressione e ricerca la realtà.
Profondamente influenzato dal lavoro del padre, un matematico, egli nasconde all’interno delle sue opere delle metafore che permettono di percepire diversi livelli di significato.
Nel 1987 realizza ritratti per le strade della città natale, Mosca, e contemporaneamente collabora ad una rivista come illustratore.
Negli anni novanta ottiene maggiore visibilità quando si trasferisce negli Stati Uniti, dapprima a Los Angeles e in seguito alle Hawaii; i suoi quadri arrivano fino ad Hong Kong, Seattle, Cannes, ed incominciano a fare il giro del mondo.

Concludo questo appunto piuttosto lungo senza aggiungere una parola, lasciando ai dipinti il compito di interagire.

*Hieronymus Bosch (1450-1516), considerato, per certi versi, un surrealista ante-litteram.