Andrea Talarico
pubblicato 5 anni fa in Recensioni

L’autotraduzione come processo creativo

"La collaborazione" di Fabrizio Bajec

L’autotraduzione come processo creativo

Tra le raccolte che più hanno fatto parlare di sé di recente si ascrive a pieno titolo La collaborazione di Fabrizio Bajec (Marcos y Marcos, 2018), poeta e drammaturgo italo-francese, traduttore di opere altrui e autotraduttore delle sue prove letterarie, dato non scontato e di particolare interesse, che tra gli altri ha attirato l’interesse di Fabio Pusterla, direttore della collana di poesia “Le Ali”, edita da Marcos y Marcos, casa che notoriamente riserva un occhio di riguardo per le questioni che riguardano la poesia contemporanea e la traduzione dei testi poetici.     
L’opera di Bajec è decisamente in linea con gli interessi dell’editore, dal momento che l’autore non solo traduce sistematicamente le proprie poesie da una lingua all’altra, avendo dichiarato egli stesso di considerare la traduzione delle proprie opere come una forma di scrittura per sé, ma si è spesso impegnato nella riflessione attiva su questo processo di autotraduzione, di cui il prodotto più notevole da un punto di vista teorico è senz’altro Loin de Dieu, prés de toi: l’autotraduzione come processo creativo («Transalpina» 18, 2015).         
Anche La collaborazione nasce quasi integralmente dalla traduzione di poesie redatte precedentemente in francese (ad eccezione di pochi componimenti più vecchi degli altri andati poi a confluire nella raccolta; edizione francese La collaboration, Librairie éditions Tituli, 2018), ed essendo il volume corredato da una Postfazione in cui l’autore rende conto in maniera breve ma concisa della genesi dell’opera e della sua struttura, per cui ogni aggiunta o riflessione in merito rischiererebbe di risultare superflua o, peggio, inesatta, possiamo prenderci il lusso di entrare nel merito del processo di autotraduzione alla base della riflessione di Bajec, a partire dal testo del componimento che apre la raccolta:

a

Non è un peccato sentire sotto la pelle

questo chiassoso motore e senza interruttore

barcollare da una via all’altra sempre cercando

la pozione che metterà fine ai soprassalti

al grande scrupolo di Insufficenza?

È vero che distruggere è la missione segreta

sdraiare l’animale con un proiettile in fronte

ma alla fine del vicolo cieco l’ultimo bar

non avrà più niente di trattabile tutto scorre

anche la notte si ripara dietro un’aurora

inammissibile.

a

N’est-il pas dommage de sentir sous la peau

ce moteur éclatant et sans interrupteur

tituber d’une rue à l’autre toujours en quête

de la potion qui mettra fin aux sursauts

au grand scrupule d’Insuffisance?

Il est vrai que détruire est la mission secrète

coucher l’animale d’une balle dans la tête

mais à la fin de l’impasse le dernier bar

n’aura plus rien de négotiable tous s’ecoule

cette nuit se retranche derrière une aurore

inadmissible.

Se a un primo sguardo il testo sembra una traduzione eseguita quasi parola per parola, nei limiti concessi dalla sintassi delle diverse lingue, pure ad uno sguardo più attento si apprezzeranno dettagli che assumono un’importanza fondamentale, nella misura in cui risultano introdotti da un traduttore che è, innanzitutto, l’autore della poesia.   
Tra questi, ad esempio, spicca l’inversione nel sintagma «moteur éclatant» / «chiassoso motore», o la scelta di preferire alla «balle dans la tête» il «proiettile in fronte» e non, magari, “in testa”, dal momento che la sineddoche risulta decisamente più espressiva nel testo italiano.    
In questo contesto assume valore anche uno scarto minimo come la decisione di non elidere la preposizione nella versione italiana «d’Insuffisance» / «di Insufficienza»; anche se lo scarto maggiore da un punto di vista semantico si ha nella traduzione del distico conclusivo: «cette nuit se retranche derrière une aurore / inadmissible» / «anche la notte si ripara dietro un’aurora / inammissibile», dove il riferimento puntuale ad una notte ben definita nel tempo, questa, si perde per permettere a «la notte» (a cui l’articolo determinativo concede comunque un discreto grado di puntualità) di entrare, grazie alla congiunzione «anche», espressamente in relazione con il «tutto» del verso precedente; relazione che tra «tous» e «cette nuit» rimaneva invece sintatticamente e semanticamente implicita.           
A un livello macroscopico permangono dei dubbi, che la Postfazione non aiuta a sciogliere, riguardo alcuni minimi scarti tra l’edizione francese e quella italiana: saltano all’occhio ad esempio l’assenza di Ils n’ont pas résisté, che avrebbe dovuto trovarsi in apertura del volume tra a e Il reddito o la morte nell’edizione italiana, o la presenza di Addio, piccardi in apertura della quarta sezione, che nell’edizione francese si apre invece direttamente su Fête de l’Humanité. 
Al netto di tali considerazioni, La collaborazione è un’opera degna di interesse su diversi aspetti, in primis il suo contenuto politico – di cui qui si è parlato poco, ma che è in realtà il motivo centrale della raccolta – oltre che, ovviamente, il suo valore poetico.

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