L’uomo, il divino, la natura
rappresentazioni artistiche della Grecia classica
Ogni opera d’arte antica deve essere considerata e giudicata con i concetti e con lo spirito con i quali fu compiuta dall’artista antico
afferma Heyne (1729-1812) noto professore di antichità classica all’università di Göttingen.
Con il termine “classico” i teorici del XVIII -XIX secolo hanno indicato la perfezione e della forma artistica, dal valore universale e eterno, che implica ed esprime una concezione totale del mondo.
Gli storici dell’arte individuano il periodo dell’arte classica tra fine VI a metà IV secolo, secondo periodo di sviluppo dell’arte greca dopo la cosiddetta arte arcaica.
Contenuto fondamentale dell’arte classica è il mito. Ben lontano dall’essere considerato soggetto religioso questo viene visto allo stesso tempo come tramite per rappresentare la natura e oggetto della natura stessa. Il Mito primitivo nasce infatti come giustificazione di fenomeni principalmente naturali e in secondo luogo sociali altrimenti inspiegabili. Il legame indissolubile tra mito e mondo naturale è testimoniato dall’enorme numero di figure, ninfe e divinità a questo strettamente connesse come Artemide, Dioniso, Ermes, Pan.
L’arte figurativa però non è solo rappresentazione: è un passaggio fondamentale del percorso per la liberazione della coscienza, un fattore essenziale della conoscenza del reale. Viene concepita come un fenomeno naturale a se, il più puro e perfetto, che (con le sue forme) rivela la forma ideale della natura.
Sta qui, afferma lo studioso Giulio Carlo Argan, la funzione attiva/costruttiva dell’arte: questa si accompagna al pensiero dei filosofi e al genio dei poeti nella ricerca di una verità che non è “oltre” ma “dentro” le cose e che si raggiunge non andando oltre ma approfondendo e chiarendo l’esperienza.
Da qui la spiegazione a quello ai nostri occhi può sembrare un grande limite dell’arte classica, ovvero il porre come suo unico oggetto la figura umana, considerata come quella più vicina all’ideale tra tutte le forme della natura.
Deriva da tale concezione dell’arte l’ambiguità di significato del termine “techne”. Questo, dalle diverse accezioni, non indica solo un sistema di competenze ma anche le concrete e diverse attuazioni: arte, scienza, professione, mestiere. È un concetto generale in cui si unificano le molteplici realizzazioni del sapere umano, che ha dimensione concreta nella arti figurative, oltre che letteraria e retorica.
Dall’equivalente termine latino “ars” si è generata poi la contrapposizione tra arte e tecnica, che si può ricollegare alla distinzione tra “techne” e “episteme” interna alla lingua greca. La differenza è precisata da Aristotele: episteme, pur indicando allo stesso modo un sapere fondato sulla competenza, ha come oggetto qualcosa di preesistente dove techne serve a creare un oggetto non preesistente né necessario, che si pone come oggetto della conoscenza a se.
L’universalità dell’arte classica è una qualità che non va oltre la storia ma si identifica con la sua storicità, è piena espressione della realtà anche perché sviluppo storico, basato sulla consapevolezza dell’esperienza del passato.
L’arte classica ha quindi fondamento nel passato e mira alla perfezione assoluta. Per questo l’opera appare sempre connessa a un interesse teorico dell’artista che talvolta si esprime in leggi formali o in un “canoni”: un sistema di proporzioni tra le parti e delle parti col tutto. Così fa da specchio alla concezione ellenica della realtà come relazione armonica delle parti e dell’esistenza individuale come relazione dell’uomo con il divino, la società, la natura.
Articolo di Giulia Basili