Sara Calagreti
pubblicato 9 anni fa in Letteratura

Memorie del sottosuolo

la consapevolezza umana è un tuffo nell’abisso.

Memorie del sottosuolo

..similemente il mal seme d’Adamo
gittansi di quel lito ad una ad una,
per cenni come augel per suo richiamo.
Così sen vanno su per l’onda bruna,
e avanti che sien di là discese,
anche di qua nuova schiera s’auna.
“Figliuol mio”, disse ‘l maestro cortese,
“quelli che muoion ne l’ira di Dio
tutti convegnon qui d’ogne paese:
e pronti sono a trapassar lo rio,
ché la divina giustizia li sprona,
sì che la tema si volve in disio. (Inf, III)

La contraddizione dell’essere umano è uno dei dati psicologici dei personaggi dostoevskijani, specialmente nell’attenzione per l’uomo socialmente emarginato e inevitabilmente offeso.
L’esperienza dei lavori forzati in Siberia “lasciò nell’anima dell’autore una cicatrice che non si rimarginerà mai del tutto”, come ci attesta Nabokov.
Dostoevskij fonda con il fratello la rivista Epocha, nella quale pubblicherà Memorie del sottosuolo.
L’autore si convince che la realizzazione dell’uomo sia nell’amore per l’altro, ma spesso si instaurano rapporti di dominio che portano l’uomo a cadere nel sottosuolo.
Ognuno in un processo individuale troverà la propria verità da applicare alla propria esistenza ed ai propri conflitti. Esso ci fornisce un’immagine astratta tipica dell’uomo contemporaneo.
Anche definito come Memorie di una tana per topi, tale romanzo può essere sintetizzato come la rievocazione di una mania di persecuzione.

Il narratore si presenta come un uomo iroso ed insolente, mettendo i dubbio al lettore che è probabile che egli non sia nemmeno questo. L’unica soluzione che riesce a ripetere a se stesso è che solo gli sciocchi e le canaglie diventano qualcosa mentre un uomo intelligente non diventa nulla.
Il realismo è il genere narrativo che lo contraddistingue, conferendo quella “polifonia” che porta l’opera a molteplici voci e visioni del mondo che sfuggono ad una sintesi unitaria. Ma l’uomo cade nel burrone insensato delle rivalità, come una necessità cieca che ci fa ignorare fini e valori.
L’incandescenza delle ideologie è il primo fattore che corrode ogni suo protagonista; questo, insieme alla passione nell’esaminare il “sottosuolo” dell’uomo nell’abisso della psiche, fanno del suo breve romanzo una guida alla comprensione dell’uomo contemporaneo.

L’accingersi a questa lettura rimane un tuffo nell’abisso. Ognuno è caratterizzato da una personale percezione del mondo, limitata in un orizzonte in cui ognuno tenta la sua “auto-realizzazione” con la costante angoscia che la realtà sottostante possa dissolversi. Ma quale realtà? Prendiamone una a caso: prendiamo la realtà di questo spaventoso 2015, che dal suo inizio conta più di 1700 decessi, a noi tutti sono note le motivazioni che spingono un migrante ad abbandonare il proprio paese ed affrontare un viaggio clandestino. Ma cosa spinge un uomo a diventare un trafficante di uomini, o un semplice scafista?

Dostoevskij ne delimita i caratteri attraverso quel “sottosuolo” di confessioni, attraverso lo stile di una persona isterica, logorata, insoddisfatta e terribilmente infelice che attraverso il modo di raccontare dell’autore prende le sembianze di un uomo.
Questo è ciò che accade nel romanzo, ma oggi cosa accade? Solo un sottosuolo di confessioni. Sono carnefici, che aiutano i trafficanti di vite umane diventando vittime di una morte che non tarda troppo ad arrivare. Fautori di un viaggio che, per qualche soldo, porta alla morte di chi decide di intraprenderlo. Porta alla loro stessa morte per qualche soldo di felicità in più.

Dopo aver commesso atti ignobili, egli striscia nella sua tana incominciando a godersi il rimorso e la voluttà della propria bassezza.
Il godimento della degradazione è uno dei temi centrali, anche in una aberrante realtà, in un compromesso di traffici di vita, sogni e speranze nel quali si è complici della morte; il peccato acquista quindi un valore convenzionale.

L’uomo-topo ha iniziato a scrivere le proprie memorie per spiegare la beatitudine dell’abiezione. La sommossa dell’uomo-topo si fonda sul suo disadattamento morale che, citando Nabokov “vede nelle leggi della natura un muro che non può abbattere”.
L’uomo-topo si sta riempiendo la vita di emozioni fallaci, non avendone di reali e veritiere. Gli manca un punto dal quale procedere.
Il protagonista vive come un groviglio le proprie esperienze, successivamente trova una serie di idee che ruotano attorno a quello che nell’opera viene definito “tornaconto”. Romanzo o realtà?

Evocando un immagine di matrice rousseauiana, il protagonista prepara il lettore all’idea di uno sviluppo universale: un palazzo di cristallo per tutti. Il mondo è qualcosa di abilmente ordinato quando improvvisamente viene un uomo che distrugge tale ordine; scegliendo liberamente anche quando distrugge ogni logica e armonia. Non è il l’aspirazione ad una meta che lo attira ma il procedimento a cui essa conduce. L’uomo diventa perciò un essere umano quando comincia ad essere consapevole che il proprio fine è soffrire, tema di leopardiana memoria.
Un palazzo di cristallo come ideale, una vita armonicamente universale e futura.

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