Francesca Belfiore
pubblicato 3 anni fa in L'angolo russo

Sulla gelosia – “Sonata a Kreutzer” di Lev Tolstoj

Sulla gelosia – “Sonata a Kreutzer” di Lev Tolstoj

Sotto l’influenza della musica mi sembra di sentire ciò che in realtà non sento, di capire ciò che non capisco, di poter fare cose che in realtà non posso fare.

Sonata a Kreutzer (Krejcerova sonata, tradotto per Feltrinelli da Gianlorenzo Pacini, 1991) appartiene al periodo del secondo Tolstoj, quello posteriore alla conversione. A partire dal 1882, anno di La Confessione, Tolstoj infatti rinnega le manifestazioni più carnali e materiali della vita per abbracciare una spiritualità quasi ascetica, che lo porterà ad allontanarsi dalla società russa del tempo (soprattutto quella aristocratica), sposando posizioni sempre più conservatrici e anacronistiche. Sonata a Kreutzer si inserisce in questo contesto.

Quando uscì per la prima volta (1891, dopo ben otto stesure) divenne il caso letterario della stagione. Nessun libro di Tolstoj aveva suscitato tanto scalpore: Sonata a Kreutzer, dalla celebre sonata di Beethoven, è stata scritta con cattiveria, per usare le parole di Sof’ja Tolstaja, moglie dello scrittore. Ed è per questo che rimane tuttora uno dei suoi libri più controversi.

La trama è abbastanza semplice: durante un viaggio notturno, il narratore, sempre anonimo, incontra Vasja Pozdnyšev, con cui condivide lo scompartimento del treno. Dopo una conversazione sul matrimonio e la vita di famiglia, Pozdnyšev confessa con una certa leggerezza di aver ucciso la moglie e inizia a raccontare tutti i dettagli della vicenda. 

Pozdnyšev sembra uscito direttamente dalla penna di Dostoevskij: già nella prima pagina viene descritto come un uomo piccolo che si muove a scatti, con occhi «straordinariamente brillanti», che ogni tanto scoppia in risatine subito dissimulate. Dostoevskijana è anche la sua storia, fatta di tormenti e di gelosia: Pozdnyšev è convinto che il vivere moderno, l’ossessione dell’uomo per la carnalità e per il sesso, siano state le cause principali della sua rovina. Perché lui, come ogni altro uomo rispettabile, fin da giovane è stato trasformato in un sordido puttaniere, condannato a una vita di corruzione che, a suo dire, è inevitabilmente sfociata nell’uccisione della moglie. Insomma, per Pozdnyšev l’amore è la causa d’ogni male e il matrimonio è una maschera per nascondere un’esistenza animalesca:

Noialtri ci sposiamo non vedendo nel matrimonio nient’altro che l’accoppiamento, e cosa ne vien fuori? O l’inganno o la violenza. […] vien fuori quel terribile inferno coniugale che spinge la gente a ubriacarsi, a spararsi, a uccidere il coniuge o perlomeno ad avvelenarsi scambievolmente la vita.

È proprio la sonata di Beethoven, che durante una serata la moglie di Pozdnyšev esegue insieme a un musicista, a far esplodere la sua gelosia, instillando nel protagonista dubbi che diventano pian piano certezze: ogni movimento, ogni parola, ogni sorriso della moglie sono la prova inconfutabile del suo tradimento. Tuttavia, a noi lettori sembra tutto il contrario, e che sia Pozdnyšev a ingigantire dettagli insignificanti, ossessionato da una gelosia che non dipende dal sentimento, visto che i coniugi hanno iniziato a odiarsi già poco dopo il matrimonio, bensì da una malsana idea di possesso, come spiega lo stesso protagonista:

Ma la cosa terribile era che io mi attribuivo un pieno e indiscutibile diritto sul corpo di lei, come se si fosse trattato del mio proprio corpo, e allo stesso tempo sentivo che io non ero in grado di dominare quel corpo, che esso non era mio, e che lei invece poteva disporre di esso come le pareva meglio, e nella fattispecie voleva disporne diversamente da come volevo io.

L’epilogo appunto è dei più tragici: come «una vera belva», Pozdnyšev accoltella la moglie, sorpresa a leggere spartiti insieme al musicista, e si stupisce quando lei, sul letto di morte, lo ingiuria anziché chiedergli perdono.

Il Pozdnyšev del treno è già stato in prigione e ne è uscito, assolto. È un uomo che, sempre a suo dire, ha compreso la portata degli errori che ha commesso, instradato su una vita pura e santa. Ma non è un uomo pentito, o almeno non ci sembra: nel raccontare della moglie, infatti, trasuda sempre lo stesso odio che lo ha portato a ucciderla. Questo sentimento a ben vedere è un astio generale verso tutte le donne, considerate inferiori e prive di una volontà propria. Pozdnyšev (o l’anziano Tolstoj?) considera le donne esseri volubili e irrazionali, ma allo stesso tempo astute calcolatrici, disposte a tutto pur di assicurarsi un buon partito.

È qui che Sonata a Kreutzer sembra un po’ incoerente. Finché la storia di Pozdnyšev si limita a descrivere i deliri di un folle geloso, che cerca di redimersi a tutti costi agli occhi di uno sconosciuto, è estremamente potente, anche se sconcertante. Tuttavia, Tolstoj mette in bocca a un uxoricida le sue teorie per una vita idealmente cristiana, che stonano con il carattere generale dell’opera. Come può un assassino diventare una bussola morale? E come potrebbe un lettore condividere le idee di Pozdnyšev, quando è lui stesso a dipingersi con i colori più tetri? Il fatto che le teorie del protagonista siano quelle di Tolstoj è confermato anche dalla presenza di una Postilla, aggiunta dallo scrittore per chiarire il messaggio di Sonata a Kreutzer: cinque punti in cui viene predicata l’astinenza come il primo passo per una vera vita cristiana. 

Allo stesso tempo, però, per essere un’opera che suggerisce il ripudio della carnalità, Sonata a Kreutzer è molto più profana che sacra. Come scrive Gianlorenzo Pacini, le parole di Pozdnyšev sono intrise della stessa passione del giovane puttaniere, come se la sensualità repressa si fosse infine sublimata e si manifestasse a un livello linguistico.

C’è anche chi ritiene che il racconto abbia una base autobiografica, e cioè che sia stato ispirato dalla situazione matrimoniale dello stesso scrittore: nei salotti della Russia per bene si vociferava che Sof’ja si fosse invaghita di un musicista che, a Jasnaja Poljana, frequentava la tenuta dei Tolstoj. Allora Pozdnyšev potrebbe essere più vicino al suo creatore di quanto si pensi: magari è una trasposizione letteraria del suo io più tormentato e malsano.

Spogliata della sua componente filosofico-morale, più o meno condivisibile, Sonata a Kreutzer resta ancora oggi una lettura interessante, una storia turbolenta e tristemente attuale: il racconto di una gelosia che acceca e fa perdere la ragione, di un sentimento che nasce come innamoramento e diventa gradualmente odio e possesso.