Franco «Bifo» Berardi, Futurabilità
La democrazia è finita, e che la speranza politica è morta. Per sempre. (Franco «Bifo» Berardi, Futurabilità, Not, 2018, p.54).
Da un punto di vista materialistico possiamo osservare due tendenze differenti: la prima è implicita (nel senso di possibilità la cui attualizzazione appare al momento inimmaginabile), ed è la tendenza verso il pieno sviluppo del general intellect e l’emancipazione della tecnologia dal contesto semiologico del capitalismo – liberazione del tempo dal lavoro salariato, rivitalizzazione della vita collettiva, espansione della cura, dell’educazione, della ricerca… Un rinascimento post-lavorista. L’altra tendenza va verso il crescente impoverimento della vita sociale, la devastazione della mente e del corpo sociale, l’epidemia psicopatica provocata dall’ipersfruttamento delle energie nervose, e infine il suicidio ambientale e militare. È difficile sfuggire alla sensazione che a prevalere sia unicamente quest’ultima tendenza. Ma l’ambiguità della situazione presente va preservata, perché è in questa ambiguità che si cela la via per la liberazione del possibile dalle maglie dell’inevitabile. (p.83)
Dobbiamo guardare alla semiofabbrica della Silicon Valley Globale con lo stesso sguardo con cui Lenin guardava le officine Putilov nel 1917, nella stessa maniera in cui gli autonomi italiani guardavano alla Fiat Mirafiori negli anni Settanta: come il nucleo centrale del processo di produzione, come il posto in cui il livello più alto di sfruttamento incontra la più alta potenza di trasformazione. (p.246)
Il settimo e ormai penultimo libro edito da Not è “Futurabilità” di Franco «Bifo» Berardi, incominciato tre anni fa, uscito lo scorso anno in lingua inglese e presentato ai lettori italiani in una nuova edizione.
Il prologo del libro incomincia così:
Intrappolati nella loro impotenza i popoli hanno perso la calma.
È un incipit forte, categorico, perentorio, lapidario.
Internet ha radicalmente rivoluzionato il modo in cui i soggetti vivono la loro identità (emotiva, esistenziale, sociale, politica), fagocitando l’esistenza stessa della politica tradizionale; siccome tutto è politico, va da sé che la violenza insita nei conflitti identitari di un presente dove l’esperienza digitale precede quella reale vada studiata in relazione al rapporto tra la società civile e il mondo della tecnica. Da sempre l’uomo si relaziona all’alterità attraverso certi paradigmi conoscitivi e non altri, e la paura dell’altro, latente o patente, anticamera della violenza, accompagna l’uomo dal suo primo giorno sulla terra: non è questa, quindi, la peculiarità del nostro tempo. Si tratterà piuttosto di ragionare sulla nuova declinazione dell’uomo alienato da sé e dagli altri in un mondo dominato dalla fluidità pervasiva e capillare del digitale.
Ormai, è online lo spazio egemonico dove nasce il sentimento politico contemporaneo.
“L’onda di risentimento aggressivo che ha travolto la democrazia”, scrive Bifo, “deriva anzitutto dalle condizioni di impotenza politica e di impoverimento sociale, certo; ma non si spiega pienamente se non come effetto di una mutazione che investe anche il linguaggio, l’inconscio, l’autopercezione”.
Questa violenza endemica, insomma, concerne in primis l’identità. Se attraverso internet (omologazione, appiattimento dell’alterità, risentimento, impotenza politica) viene sacrificato il pensiero critico, il nostro è indubbiamente un periodo post-critico. Ecco che le destre, per legittimarsi, strumentalizzano le nostre identità deboli e frante:
il «disapprendimento della cortesia» è effetto di una condizione di isolamento crescente.
Ragionando su Daesh, sulla mentalità guerrafondaia del presente, satura di razzismo e fanatismo, e su quello che chiama “necro-lavoro” (un lavoro che trae profitto dalla morte, come gli eserciti o le mafie), Bifo si spinge a scrivere che “la violenza è diventata un pezzo essenziale del processo di produzione, un ciclo specifico dell’accumulazione di capitale”.
Un lungo periodo di violenza, guerra e demenza ci aspetta. La sola cosa che possiamo fare – oltre a non perdere mai il buon umore e l’ironia – è forgiare concetti per la comprensione del mondo che sta emergendo, per quanto orribile esso sia. […] Estrarre e realizzare una delle molte futurabilità immanenti: questo è il passaggio dal possibile al reale. La futurabilità è un livello di possibilità che può attualizzarsi oppure no.
Ecco brevemente spiegato il titolo di questo libro. Noi viviamo in un mondo che non è naturalmente tale; il presente ha in sé una “molteplicità di possibili futuri immanenti: un divenire altro”. E ancora: “Lo stato presente del mondo può essere descritto come la simultanea occorrenza vibrazionale di molte possibilità”.
Anche se è in corso un processo di automatizzazione delle soggettività, e le altre possibilità appaiono inerti, non è impossibile emanciparsi dal germe di totalitarismo aggressivo (Daesh, Trump, nazionalismi risorgenti) che sembra infettarci giorno dopo giorno. Questo è il grande messaggio che Bifo, dall’orlo di un precipizio in cui quasi certamente cadremo, ci vuole comunicare.
Per quanto disperazione e aggressività si possano ricondurre a una genesi sociale, penso che il ragionamento politico sia in sé impotente. La sola possibilità di cura per questo disturbo emozionale sarebbe la riattivazione emotiva delle potenze nascoste dell’organismo sociale.
Tale rinascita emotiva e affettiva dell’umanità è per Bifo subordinata alle logiche onnicomprensive del sistema economico, con cui bisognerà necessariamente confrontarsi per tentare di uscire da questo periodo di grande crisi.
Secondo Bifo, la “democrazia” contemporanea, terribilmente razzista, fondata su “automatismi tecno-finanziari’, ci fa vivere in un presente buio e greve:
Donald Trump e Vladimir Putin, Jarosław Kaczyński e Viktor Orbán, Boris Johnson e Matteo Salvini, sono tutti politici di cultura mediocre che annusano la possibilità di guadagnare potere incarnando la volontà di potenza della razza bianca all’inizio del suo declino.
I discorsi dei nazionalsocialismi odierni inneggiano continuamente al conflitto.
Oggi sembrano scomparse empatia e solidarietà, al posto delle quali si propagano competizione e guerra per la sopravvivenza di tutti contro tutti. “La loro attenzione [dei bambini cresciuti in un contesto frenetico, dove la tecnologia determina il tempo dell’esistenza] tende a spostarsi troppo rapidamente per poter imparare, per potersi esprimere, per poter sviluppare sentimenti di affettività. In condizione di iperstimolazione, l’organismo cognitivo non può elaborare il contenuto emozionale degli stimoli”.
Questo è un testo scritto apertamente in prima persona, non accademico, in cui Bifo prende posizione, racconta le sue disillusioni politiche, si esprime, giudica, ragiona, non critica la tecnologia, bensì cerca un modo per reagirvi e sopravvivere umanamente. Per raggiungere il suo obiettivo, analizza la contemporaneità e decostruisce il pensiero di molti dei filosofi del Novecento europeo: Hegel, Schopenauer (piuttosto odiato), Nietzsche, Sarte, Heidegger, Guattari e altri ancora.
Il soggetto di conoscenza è oggi socialmente costituito da centinaia di milioni di lavoratori cognitivi che lavorano in condizioni di connessione, ma che non hanno coscienza della propria potenzialità soggettiva. […] nell’esistenza connettiva, nell’esistenza sociale di coloro che costituiscono la rete, è inscritta una potenziale soggettività. […] Le macchine sono contemporaneamente sia uno strumento per l’appropriazione e la sottomissione del lavoro vivo, sia la condizione per l’emancipazione della società dalla necessità del lavoro. […] L’autonomia della conoscenza presuppone l’indipendenza politica di coloro che animano il general intellect.
I soggetti sociali (“organismi connettivi”, o “neo-umani”) hanno perso la loro agentività e per Bifo siamo ormai governati dalle macchine. Assenza di solidarietà e solitudine radicale, ubiquità e inscalfibilità del potere, scomparsa delle masse come corpo omogeneo dell’esistenza sociale portano a un mondo in cui le soggettività restano impotenti. Bifo vuole creare solidarietà tra i lavoratori cognitivi di tutto il mondo; nonostante questo, scrive lapidariamente che “nell’epoca delle macchine biologiche la volontà umana non è più il principale attore in campo: a prendere il sopravvento è il tecno-automa”.
Come accennava all’inizio del suo libro, però, alla fine Bifo sa che esisteranno sempre delle possibilità alternative di esistenza. Non ci resta che scoprirle, e salvarci.
Quello che oggi appare inconcepibile è un approccio al tecno-potere che si fondi sui bisogni sociali anziché sulle priorità dell’economia. […]Il progetto dei prossimi decenni, è quindi smantellare e riprogrammare la meta-macchina: creare una coscienza comune e una comune piattaforma tecnica e affettiva per i lavoratori cognitivi del mondo. […]Il compito del prossimo decennio è costruire e diffondere una comune coscienza di possibile solidarietà tra i neuroproletari di tutto il mondo.
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