Alessandro Foggetti
pubblicato 5 anni fa in Cinema e serie tv

“American Animals” (2018) di Bart Layton

un’altalena tra realtà e finzione

“American Animals” (2018) di Bart Layton

Gli animali americani, che prendono ispirazione dalle illustrazioni pittoriche di John James Audubon, sono dei giovani studenti universitari, inesperti e annoiati, che si “travestono” da ladruncoli per cercare un vero scopo nella propria vita. Bart Layton si cimenta per la prima volta in un’opera di finzione con lo stile, e la mano, del documentarista, rendendo American Animals (2018) un ibrido affascinante tra la finzione cinematografica e la realtà documentaristica, di cronaca. I titoli di testa riassumono esteticamente e concettualmente il film attraverso le illustrazioni pittoriche di J. Audubon, presentando un concetto fondamentale per la chiave di lettura dello spettatore:

Questo film non è tratto da una storia vera… ma è una storia vera.

Infatti il lungometraggio narra del tentativo di rapina da parte di quattro ragazzi – realmente accaduta negli Stati Uniti nel 2004 – di preziosi volumi della biblioteca della Transylvania University di Lexington. La particolarità di questo film è proprio l’inserimento, all’interno della narrazione filmica, delle riprese di interviste ai familiari e ai veri protagonisti del furto. Lo spettatore si trova catapultato in una sorta di backstage in cui vede, e sente, i volti dei ragazzi diventati uomini; dove la scenografia che li circonda diventa silenziosamente eloquente per comprendere il loro presente. Il metacinema, con una formula differente, è arricchito da diversi riferimenti cinematografici, nello specifico la struttura della rapina è un palese riferimento a diversi film hollywoodiani, d’altronde anche i protagonisti immaginano di compiere il furto vestiti in modo elegante, come in un casinò, omaggiando vagamente Colpo grosso (Ocean’s 11, 1960) di Lewis Milestone. Oppure, come se non bastasse, anche i soprannomi affibbiati senza un vero motivo prima del colpo – Mr. Pink, Mr. Yellow… – sono un chiaro e dichiarato riferimento a Le Iene (Reservoir Dogs, 1992) di Quentin Tarantino.

La narrazione verte, ovviamente, sulla programmazione e l’attuazione del furto, ma gli aneddoti riguardo la vita dei protagonisti aiutano lo spettatore a comprendere le dinamiche legate alle motivazioni che portano a questa decisione. In questo caso, a differenza di altre pellicole, il furto non è giustificato dal contesto sociale dei protagonisti e la motivazione dell’insano gesto rende le vicende ancor più interessanti. Inoltre, le interviste ai veri rapinatori fortificano le sfaccettature che compongono le sequenze. Lo spettatore diventa l’intervistatore e indaga la psicologia, le testimonianze e le criticità dei protagonisti. I ladri sono giovani universitari alla ricerca di se stessi, o meglio, di qualcosa che giustifichi la loro presenza nel mondo. Una tematica complicata, controversa e immedesimativa che viene esteriorizzata dal regista in modo suggestivo per mezzo delle scene fittizie e concretizzata dalla semplicità delle dichiarazioni dei soggetti reali. L’elemento alternativo e caratterizzante, infatti, è proprio la normalità. La normalità delle famiglie, dei protagonisti e della vita di tutti i giorni che funge da giustificazione per compiere qualcosa di audace, diverso e spudoratamente insensato. La struttura filmica gioca con lo spettatore, realizzando degli alti e bassi emotivi enfatizzati dai momenti, sia ironici che drammatici, delle vicende.

Le interviste, di volta in volta, agiscono per esternare i pensieri personali dei protagonisti – come in alcune serie televisive o parti di celebri documentari, per esempio Lo and Behold – Internet: il futuro è oggi (Lo and Behold, Reveries of the Connected World, 2016) di Werner Herzog – creando uno straniamento, distaccamento, dal racconto fittizio e mettendo in risalto i significati più intimi e profondi della storia. In questo lungometraggio, il medium cinematografico ingloba la “naturale” veridicità dell’informazione all’estetica costruita della finzione, lasciando allo spettatore la possibilità di percorre la strada che più desidera, o per meglio dire, in cui crede maggiormente.

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