“Povere creature!”, un giardino dell’Eden steampunk

“Povere creature!”, un giardino dell’Eden steampunk

We must work. We must make money. But more than that Bella, we must experience everything.

Not just the good, but degradation, horror, sadness.

Then we can know the world. And when we know the world, the world is ours.

Già vincitore del Golden Globe e in corsa agli Oscar, Povere Creature! (2023) è una rivisitazione steampunk del Frankenstein di Mary Shelley, in cui invece che un mostro dall’aspetto terrificante si dà vita a una giovane donna dal nome eloquente di Bella.

A interpretarla Emma Stone che dopo La Favorita torna a lavorare con Yorgos Lanthimos nelle doppie vesti di attrice e co-produttrice.

Definita una Barbie che ha potuto osare di più, i punti di contatto tra Bella e la bambola della Mattel sono in effetti significativi. In entrambi i casi ci troviamo di fronte alla storia di scoperta di due personaggi femminili che sono il frutto di un lavoro di “creazione”. Da una parte un’azienda che produce giocattoli, dall’altra un medico (Willem Dafoe), non a caso chiamato Godwin (nomen omen anche in questo caso, nonché omonimo del padre di Mary Shelley), che sostituendosi per l’appunto al Creatore decide di riportare in vita il corpo di una donna morta suicida attraverso il cervello del bambino di cui era incinta, il quale miracolosamente è sopravvissuto.

Nasce così o, meglio, rinasce, Bella, madre e figlia insieme, una persona adulta con la mente di un’infante, un’antitesi che pian piano viene colmata da una crescita più veloce del normale che la porta a prendere consapevolezza di sé stessa attraverso prima il suo corpo, poi i viaggi e infine i libri e la filosofia.

Con Povere Creature! Lanthimos realizza un’opera ricca e maestosa sia a livello visivo che narrativo, trasponendo sul grande schermo la società immaginata dallo scrittore scozzese Alasdair Gray nel suo omonimo romanzo. Pubblicato nel 1992 e tradotto in Italia da Sara Caraffini (Safarà Editore), i contrasti grotteschi del libro ben si sposano con le peculiarità caratteristiche della filmografia del regista greco. Una Londra vittoriana in cui il passato convive con il futuro, vecchio e avventuristico si mescolano, veicoli volanti, cieli viola e animali dalla doppia natura nati da esperimenti audaci e surreali, una mentalità dove si scontrano elementi novecenteschi e proiezioni di emancipazioni future.

All’inizio la vita di Bella è costretta dentro l’abitazione/laboratorio dove God può studiarne il comportamento con il supporto di un giovane medico che gli fa da aiutante (Ramy Youssef).

Non le è consentito uscire per la propria sicurezza, almeno così afferma il padre-creatore, che cerca di nasconderla da un mondo pieno di pericoli con quell’atteggiamento tipicamente paternalistico di chi utilizza la scusa di volerla proteggere per esercitare su di lei un controllo assoluto.

Ma nonostante sia rinchiusa in una quotidianità che non le permette il confronto con altre persone, necessario per la propria crescita, Bella acquisisce sempre più consapevolezza e autonomia, e un giorno decide di fuggire. Inizia così il viaggio della nostra eroina alla scoperta di una realtà che trova affascinante, fatta di zucchero e violenza.

Dopo aver vissuto la prima parte della sua nuova esistenza costretta in una sorta di giardino dell’Eden con le creature più strane, compreso God stesso che a sua volta è stato la cavia dei sadici esperimenti del padre, Bella intraprende un percorso fisico e simbolico. Viaggia da Lisbona a Parigi, e alla fine ritorna a Londra, senz’altro cresciuta, ma sempre ricca di quella spontaneità che la contraddistingue.

A introdurla in società durante questo girovagare è l’avvocato Duncan, interpretato da uno strepitoso Mark Ruffalo, che è attratto da lei proprio per il suo carattere “selvaggio”, privo di costrutti sociali e delle costrizioni che ne derivano. Man mano che Bella conosce il mondo, però, la sua sete di libertà e di indipendenza cresce con lei fino a diventare un problema anche per Duncan che, infastidito e intimorito, prova a tenerla legata a sé come fosse il suo giocattolo.

Bella trova comunque il modo di “evadere” grazie all’incontro con un donna di mezza età e il suo giovane accompagnatore, che le fanno scoprire il piacere della lettura e le consentono di accrescere la sua consapevolezza della realtà e sviluppare una coscienza di classe.

La nostra protagonista non ha paura di osare e di provare anche quelle cose in cui il pericolo appare evidente, immergendosi nelle brutture del mondo, incurante delle possibili conseguenze, e passando dall’essere un esperimento a sperimentare in prima persona.  

Proprio come Eva, Bella si ribella a ciò le viene ordinato dal suo creatore: non soltanto mangia la mela, ma ne vuole di più. Impara che per capire il bene e il male bisogna conoscerli da vicino, guardare dritto negli occhi il serpente. E in tal senso Duncan rappresenta una sorta di diavolo tentatore che la conduce a “peccare”.

Da notare che la locandina di Povere creature! ha un alto valore simbolico, come nella Favorita.

In tutte e due i poster, realizzati dal graphic designer Vasilis Marmatakis, l’attenzione cade su alcuni elementi centrali. Nella Favorita il capo in primo piano della protagonista, interpretata da Olivia Colman, era sovrastato dalle due dame che le coprivano gli occhi e la bocca in un tentativo di dominarla, così come in Povere Creature! vediamo il close up di Emma Stone, il cui volto appare come una tela bianca incorniciata dalla capigliatura nero corvino e scandita da tre pennellate, una su entrambe le palpebre e una sulle labbra. Guardando attentamente queste macchie di colore altro non sono che le raffigurazioni di tre personaggi maschili che cercano in vari modo di sottometterla.

Ma Bella non si lascia piegare all’obbedienza, né da God né dal “serpente”, e prima deciderà di riappropriarsi del proprio corpo, utilizzandolo come mezzo di produzione, e poi diventerà lei stessa creatrice seguendo le orme del padre (d’altronde il sottotitolo del romanzo è Vita e misteri della prima donna medico d’Inghilterra).

Questa sua emancipazione si esprime anche attraverso i vestiti, che dai colori tenui e pastello passano a tonalità più intense e scure, fino a un look quasi punk a Parigi in netto contrasto con il bianco degli ambienti innevati che la circondano.

Mentre la società, e soprattutto gli uomini, vorrebbero continuare a dirle cosa fare e come comportarsi, Bella, priva di pudore e con una schiettezza e caparbietà che possono sembrare infantili ma nascondono tenacia e sicurezza, si ribella, lasciando di stucco coloro che avevano scambiato il suo atteggiamento per ingenuità.

Emma Stone dona anima e corpo a questo personaggio imprevedibile, che, come i disegni colorati dei bambini che non riescono a stare dentro contorni definiti, fuoriesce dai bordi.

Bella impara a conoscere e a dominare i meccanismi che regolano il mondo continuando a distinguersi tra la folla, dicendo quello che pensa senza vergogna e ballando da sola con movimenti violenti e liberatori, pronta a continuare a seguire una strada che in questa sua seconda vita è stata lei a scegliersi, senza padri né padroni.