Martina Madia
pubblicato 5 anni fa in Letteratura \ Recensioni

Domenico Starnone, “Lacci”

Domenico Starnone, “Lacci”

Credevo che i sentimenti veri non cambiassero, specialmente quando si è sposati.

I sentimenti invece cambiano e quando succede, a volte, il primo istinto è quello di aprire la porta e scappare. Così Aldo un giorno confessa il suo tradimento alla moglie Vanda e poi va via. La sua fuga ha un volto e anche un nome: Lidia. Lidia è una giovane studentessa, rappresenta tutto ciò che si può desiderare fuori dalle mura domestiche. Le stesse in cui invece rimane intrappolata Vanda che per colmare l’assenza scrive al fuggiasco lunghe lettere, dimostrando come spesso le mancanze necessitino di troppe parole.

Ma io sapevo che quell’allacciare e slacciare ci aveva riavvicinati, o forse ci aveva portati a una distanza che, da quando erano nati, non era mai stata così breve.

Terra di mezzo per Aldo tra la vita che ha lasciato e quella che ha rincorso sono i figli Sandro e Anna, rimbalzati da una parte all’altra sullo sfondo della crisi familiare. Entrambi dopo la separazione dei genitori hanno bisogno di prove tangibili dell’esistenza del padre nelle loro vite prima del taglio netto, degli incontri a tempo della domenica e le brevi visite estive. Durante uno dei pochi pomeriggi da passare insieme, tutti e tre seduti al tavolino di un bar si riconoscono grazie al semplice gesto di annodare i lacci delle scarpe. Sandro scopre di farlo come il padre, senza che lui gliel’abbia mai insegnato, soltanto guardandolo. Nello stesso modo, Sandro e Anna scopriranno da adulti di non aver appreso solo questo osservando i loro genitori ma anche la paura dei legami e la sfiducia nei sentimenti. Saranno ben più forti i lacci che non vorranno stringere per paura di restare incastrati come loro.

Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie. Lo so che questo una volta ti piaceva e adesso, all’improvviso, ti dà fastidio.

Questa storia inizia con una fine: un matrimonio distrutto, una famiglia che improvvisamente non sa più stare in piedi. Domenico Starnone racconta con delicatezza ciò che spesso viene taciuto, il vuoto dopo la rottura. Quando la festa finisce e non ci si guarda più in faccia, cosa succede? Succedono i pianti, le richieste di aiuto urlate e poi sussurrate, i sensi di colpa e soprattutto succede la vita. Infatti, nella seconda parte del racconto ritroviamo Aldo e Vanda ottantenni e di nuovo insieme.  

Dopo un po’, certo, si ricompose, si ricomponeva sempre. Ma a ogni ricomposizione sentivo che aveva perso qualcosa di sé che in tempi andati mi aveva attratto.

I pezzi persi sono quelli che fanno la differenza, quelli che a ottant’anni fanno ancora nascondere ad Aldo la foto di Lidia su un mobile alto in salotto. Perché si può ricostruire un rapporto andato in pezzi se uno dei due è rimasto lì a vegliarli ogni giorno, come ha fatto Vanda, ma non si possono cancellare il dolore dell’abbandono e la sconfitta del ritorno. Allora non resta che fingere, rimettere in moto la solita macchina sulla solita strada con le cinture allacciate verso le solite vacanze estive a due.

Articolo a cura di Martina Madia

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