Giulia Mattioni
pubblicato 8 anni fa in Arte

Francesco Hayez

un romantico neoclassico

Francesco Hayez

Nella mia lunga carriera, nella quale dipinsi più di trecento tele, trovai sempre che l’artista deve tremare davanti al vero, che non si riesce mai a raggiungere

Possiano affermare con sicurezza che Francesco Hayez rappresenti il caposcuola in pittura del nostro Romanticismo perché nessuno meglio di lui ha saputo tradurre in immagini quella “idealizzazione del reale” che da Manzoni a Berchet, in polemica con il classicismo, rappresentò per l’epoca una piccola rivoluzione. Sicuramente ritroviamo anche in Hayez, più o meno ricorrenti, tracce di gusto classicheggiante, inseguendo il modello greco della perfezione statuaria. Ma Hayez si serve del classicismo come un mezzo e non come un fine; la mitologia e la storia greca, portate in auge dalla Rivoluzione francese, contrassegnavano ancora il primo Romanticismo. Merito di Hayez è l’aver introdotto in Italia, quell’aria rinnovatrice e sprovincializzante in reazione al classicismo imperante, ormai ridotto a puro formalismo ed esercizio accademico. Mazzini stesso definì l’arte di Hayez “ la sola che il pensiero nazionale reclamava in Italia”. I generi del ritratto e del quadro storico saranno i due motivi che caratterizzeranno l’operato di Hayez e che contribuiranno a condizionarne la fortuna critica. La predilezione per il quadro storico, si ritrova del resto, nel costume di quella società. Ma dove l’impeto romantico prevale sul tema storico, allora abbiamo quadri come “Il bacio”, riconosciuto da molti il più hayeziano di tutti. Non a caso infatti la sua ideazione coincide con la seconda campagna d’Indipendenza; l’amante con il cappello piumato è dunque il volontario in procinto di prender l’armi. È un sentimento civile che Hayez rappresenta sotto le vesti di un episodio amoroso. Episodio che turbò i benpensanti dell’epoca per l’insolito realismo della scena, la passione con cui il giovane tiene il viso dell’amata, l’atteggiamento disinvolto e soprattutto il bacio in pubblico, che nel 1859 doveva apparire scandaloso. hayez-ritratto nobildonnaMa il meglio di sé Hayez lo ha affidato soprattutto ai ritratti; qui il discorso romantico si fonde con il realismo. Hayez è stato il più grande “fotografo di corte” dell’aristocrazia milanese. I suoi ritratti, pur possedendo un’incredibile fedeltà al soggetto, possiedono un fascino e un’ inquietante maestà a cui è difficile sottrarsi. Essi ci raccontano un mondo scomparso, immobile nelle sue barriere di classe, ma nel quale l’aristocrazia aveva un ruolo non indifferente verso l’arte e la cultura.

cavour-hayezNella ritrattistica dei grandi personaggi, da Cavour a d’Azeglio, da Rossini a Manzoni, l’abilità con la quale Hayez padroneggia la tecnica acquisita, gli permette di rasentare l’illusione del dagherrotipo. La morbidità del chiaroscuro restituisce intatta la poca luce di quei salotti, l’odore dei panni di lana pesante, il pulviscolo sul bracciolo di una poltrona, il pallore e la noia della nobiltà milanese. Il rispetto del vero lo obbliga ad essere preciso e definito, quasi iperrealistico; la preoccupazione del bello lo induce ad idealizzare il ritratto; infine una certa grazia raffinata e la sensibilità, per la quale stando a quanto racconta un suo biografo egli pianse tante volte per amore, fanno di lui un abile pittore della bellezza femminile e dei sentimenti più nobili.