Giulia Mattioni
pubblicato 8 anni fa in Arte

Giotto e la sua pittura “nuova” ad Assisi

“Rimutò l’arte del dipingere di greco in latino e ridusse al moderno, et ebbe l’arte più compiuta che avesse mai nessuno”

Giotto e la sua pittura “nuova” ad Assisi

Queste le parole di Cennini, contemporaneo di Giotto, le quali riassumono perfettamente l’arte rivoluzionaria del Maestro, che ancora una volta l’Italia poté vantarsi di possedere.
Tra la fine del Duecento e i primi decenni del Trecento l’esperienza di Giotto segna un punto di svolta decisivo per l’intera arte occidentale. Si può dire che egli riscopre il realismo in pittura, parallelamente al suo contemporaneo Dante nel campo della letteratura. Il grande artista fiorentino restituisce lo spessore, la tridimensionalità alle cose e alle figure immettendole in uno spazio misurabile, come non si faceva più da secoli. Già i suoi contemporanei si accorsero della novità dirompente costituita dalla pittura di Giotto. Nel canto XI del Purgatorio, Dante scrive che Giotto ha raggiunto il “grido” relegando nell’oblio quel Cimabue che fu certamente il suo maestro; l’allievo che quindi supera il maestro e che farà della sua arte punto di riferimento per le generazioni a venire. La riconquista della realtà in poesia e pittura, che vede in Dante e Giotto due protagonisti più o meno coetanei e due percorsi paralleli, è uno dei maggiori fenomeni di spicco della storia italiana. Con Giotto la storia dell’arte cambiò profondamente cosicché il prima e il dopo ci appaiono due realtà completamente diverse. Un rinnovamento profondo, il primo rinnovamento radicale della pittura dopo l’antichità. Benché non si abbia alcun dato certo sugli inizi della sua attività, una serie di indizi ci autorizza a vedere nella decorazione ad affresco nella Basilica superiore di San Francesco d’Assisi il più importante punto di riferimento per l’attività giovanile del pittore. Si tratta delle Storie del Vecchio Testamento, delle Storie del Nuovo Testamento e il ciclo delle Storie di san Francesco.Giotto-San-Francesco-predica-agli-uccelli[1] Le parti della decorazione della Basilica superiore dovute a lui e alla sua bottega si distinguono nettamente da quelle precedenti non solo per caratteristiche personali, ma perché rappresentano un ordine di idee completamente nuovo. Giotto tralasciò gli schemi dell’arte bizantino-romanica e ne adottò altri, più dolci, più umani, più veri, a tratti violenti. Nella Basilica Superiore gli affreschi furono previsti fin dall’inizio della costruzione della chiesa e vi fanno parte dell’architettura stessa, in una dimensione spaziosa, luminosa, quasi aerea. Dal punto di vista religioso, Giotto si ispirò alla “Legenda Major” di San Bonaventura, i cui rimandi testuali erano riportati in latino sotto gli affreschi, oggi praticamente illegibili. La visione bonaventuriana della fede e dell’interpretazione della vita del Poverello si riscontra nella triplice dimensione: l’amore verso Dio, verso l’uomo, verso baciole creature. Una triplice tematica che fa da sfondo agli affreschi. L’immagine di Francesco che ne affiora è quella di una persona vigorosa, decisa, semplice d’aspetto e nel vestire, amante del Creato e delle creature, partecipe del travaglio dell’uomo . Qualsiasi visitatore accostandosi agli affreschi di Giotto può entrare in dialogo con San Francesco, rileggendone con semplicità la vita e percependone la ricchezza del messaggio. Giotto seppe rompere con la pittura precedente, immettendo la sua originalità, che si riscontra nella plasticità dell’immagine, nell’inserimento del paesaggio, nell’attenzione alla realtà circostante, nella ricoperta dell’individuo, in uno stile carico di significati umani legati al presente. Incredibile è la chiarezza di linguaggio degli affreschi di Giotto, quasi come un abile fumettista, riesce a sintetizzare in ventotto scene la vita e le opere di Francesco, sicuramente tra i Santi più amati e venerati.
Senza ombra di dubbio, si può affermare che Giotto ha glorificato San Francesco…ma che anche San Francesco ha glorificato Giotto!