Marco Miglionico
pubblicato 7 anni fa in Altro \ Cinema e serie tv

Una Repubblica delle idee dentro Trastevere

Una Repubblica delle idee dentro Trastevere

Da tre anni i “Ragazzi del Cinema America” stanno portando avanti una bellissima iniziativa, il Festival Trastevere Rione del Cinema. Si tratta di un evento, che si svolge per sessanta serate, dall’1 giugno all’1 agosto, nella piazza trasteverina di San Cosimato, dove vengono proiettati tantissimi film. Il festival propone una selezione molto accurata, che quest’anno per la prima volta accoglie pellicole anche fra quelle proposte dagli utenti della pagina Facebook dei “Ragazzi”. Si parla di film molto importanti: nella rassegna, infatti, compaiono i nomi di registi come David Lynch, Stanley Kubrick, Michelangelo Antonioni, Asghar Fahradi e poi tantissimi altri, spesso presentati dagli stessi attori protagonisti o dai loro registi.
L’iniziativa è ammirevole perché, sebbene il progetto sia sostenuto dalla Regione Lazio, dal contributo della SIAE e da altri enti e sponsor locali, da anni -e soprattutto in quest’ultimo- il gruppo ha dovuto lottare per garantirne il prosieguo. Un festival completamente autonomo e libero, una perla luminosa nella piazza della centralissima Trastevere, oggi spesso piena soltanto di locali dove l’alcol costa poco, i ristoranti propongono scialbi menù turistici e il degrado sovrabbonda. Eppure l’amministrazione capitolina, in particolare quella del Municipio I, osteggia questa iniziativa, temendo le lamentele dei residenti (22 soltanto i temutissimi detrattori) oppure paventando il rischio che la piazza, destinata l’indomani al mercato, possa essere sporca. Invece questi ragazzi, a fine proiezione, invitano i presenti a sistemare le sedie messe a disposizione ed eventualmente a dare una mano nella ripulitura, garantendo così la tutela del posto. Spesso infatti si associano le idee del degrado e del malcostume a iniziative di occupazione degli spazi pubblici, ma il festival trasteverino ha centrato gli obiettivi, sicuramente politici prima che culturali, del fare cultura: insegnare a rispettare ciò che è di tutti e dare una dimensione plurale alla cultura. Obiettivi cui da anni la stessa politica non ottempera!
Lasciando però che siano altri a destinare un articolo alle polemiche, quello che ho notato nella serata di proiezione della Notte di Antonioni è appunto il grado di coinvolgimento raggiunto. Immaginiamo spesso che un film di Antonioni, e poi questo dedicato alla cosiddetta “trilogia dell’incomunicabilità”, scoraggi l’affluenza del pubblico, alimenti piuttosto l’incomunicabilità generazionale e che, al contrario, attragga soltanto un pubblico ristretto e anziano. Eppure vi assicuro che a seguire pedissequamente le parole così ben scandite dalla bocca fumante di Mastroianni erano giovani e giovanissimi, per la prima volta forse davanti a un film del genere. Qui sta la contro-proposta a chi invece, nel fare cultura, spesso si trova costretto all’abbassamento della proposta culturale stessa, credendo -perché è facile crederlo- che i ragazzi vogliano la semplicità.
Forse queste dinamiche ci hanno reso ormai arrendevoli, quando ci approcciamo alla cultura e cerchiamo di dare fondamento a un progetto che resista nel tempo. I “Ragazzi del Cinema America” invece tentano una strada diversa. Un sintomo della malattia culturale dei nostri anni più industrializzati era stato avvertito proprio da Michelangelo Antonioni, che nel film La Notte dedica ampie riflessioni al ruolo sempre meno centrale della cultura. Strettamente connesso al destino della cultura è il discorso relativo alla costruzione del futuro, che non si può mettere in piedi come fosse una dimensione aliena e distante da noi. “Ma no!? Lei è uno dei tanti che si preoccupano del futuro?! Io me lo organizzo, il futuro… Però mi basta il presente: c’è già tanto da fare… E poi il futuro si ricordi è probabile che non cominci mai”, dice nel film il ricchissimo imprenditore milanese. Invece, il futuro inizia proprio quando si inizia a costruire un presente, una realtà, quando si hanno idee e non solo più memorie, parafrasando al contrario lo scrittore Giovanni Pontano, protagonista del film.