Culturificio
pubblicato 10 mesi fa in Di parola in parola

Storia – Serena Penni

il passato soggettivo che determina il presente psicologico

Storia – Serena Penni

Serena Penni ci parla della parola “storia”, intesa come eredità di esperienze individuali che segnano in modo ineluttabile l’anima e quindi l’esistenza dei suoi personaggi.


Nei miei romanzi, e in particolare nell’ultimo, La destinazione, la parola “storia” svolge un ruolo assai importante; del resto è presente anche nella citazione posta in esergo: “Abbiamo solo la nostra storia ed essa neppure ci appartiene” (José Ortega y Gasset). Non mi riferisco alla Storia come avvicendarsi di fatti, processi, fenomeni e congiunture riguardanti popoli e civiltà, bensì alle storie che interessano, soggettivamente, i vari personaggi. Ognuno di loro porta infatti con sé un bagaglio di esperienze, un vissuto che ne fa la “persona” che il lettore incontra, determinando le sue azioni, i suoi pensieri; in una parola, il suo presente. Ho scelto di adottare il triplice punto di vista per mostrare la discrepanza che esiste tra le realtà in cui i tre protagonisti sono immersi e la percezione che di essi hanno coloro che li circondano. Il ricorso al monologo mi ha permesso, tra l’altro, di mostrare come le tre figure siano segnate dalle loro storie, che non possono fare a meno di ripercorrere ossessivamente, per cercare risposte, per capire meglio sé stesse o per sentirsi meno sole.

Carla è il primo personaggio a prendere la parola. Ci racconta il suo amore per Paolo, la triste consapevolezza del proprio masochismo ma anche i sogni infranti. A diciotto anni sognava di essere madre, di diventare giornalista e, insomma, di avere un impatto positivo sulla realtà, ma la vita l’ha portata altrove. La sua è una storia di rinunce e di rimpianti, costellata tuttavia di oggetti totemici che le permettono di rimanere a galla – le tisane al finocchio e liquirizia, le letture notturne, le sciarpe calde e colorate.

Paolo porta dentro di sé il suo passato come una disgrazia, una condanna. È figlio di un uomo che ha ucciso la propria moglie – sua madre – e teme di averne ereditato i geni malati, da assassino. Ritiene che la sua storia non abbia davvero a che fare con lui, come rivela Carla (“Fu allora che mi dicesti quella frase […]: La mia storia non mi riguarda, è orribile” p. 15), ma nello stesso tempo sa di non poterle sfuggire. Forse la sua salvezza sarebbe accettarla e fare la pace, una volta per tutte, con ciò che lo perseguita.

Anche Elizabeth custodisce in sé una storia di dolore e di morte, intrisa di senso di colpa, che la tiene legata a un marito che non ama più e che non l’ha mai amata. Una storia che la donna non ha il coraggio di confessare a Paolo se non in un monologo tutto interiore, rivolto a lui solo idealmente. Ha la sua scena fissa, come Paolo, e si chiede come reagirebbe lui se la scoprisse. Ma le storie di dolore e di morte – forse ancor più delle altre – vanno protette. Per non rischiare che finiscano per essere banalizzate, calpestate, dimenticate.

Le vite di Carla, Paolo ed Elizabeth si intrecciano e si segnano a vicenda. Se ognuno di loro conoscesse i fatti della biografia degli altri e i loro più segreti moti dell’animo, forse sarebbe più indulgente, o semplicemente meno terrorizzato. Ma i protagonisti della Destinazione tendono per istinto a proteggersi, a non raccontare la propria vera storia se non a sé stessi, e sempre con parole diverse. 

Il tema delle storie di vita che i personaggi nascondono nei recessi più nascosti del loro essere, mostrando al mondo solo ciò che ritengono più facilmente condivisibile, mi ha sempre interessato, nel mio percorso di scrittrice. Anche in altri due miei romanzi, La stanza di ghiaccio e Il vuoto, i protagonisti si celano al loro prossimo, rivelandosi invece a un tu mentale, ipotetico e inesistente. Le loro storie sono, insieme, pesanti come macigni e necessarie come l’aria che permette la vita. Nella Stanza di ghiaccio si chiamano Elena e Paolo, e sono un docente universitario e una studentessa; nel Vuoto, Ilenia e Francesco, e sono marito e moglie, innamorati rispettivamente di un sogno di riscatto sociale e di un’allegria solo immaginata. Nella Destinazione incontriamo Carla, Paolo ed Elizabeth, tre esseri destinati a rincorrere ciò che non troveranno mai e a trovare ciò che non vogliono. Sono le loro storie che li rendono fragili e vulnerabili, ma nel contempo profondi, intensi e intoccabili. Sono le loro storie che li portano a cercare disperatamente di incontrare altri esseri umani e, insieme, a vanificare questi incontri.

Sono le loro storie che li inchiodano a sé stessi: impediscono loro di prendere il volo, ma forniscono altresì una rassicurante autorappresentazione, senza la quale si sentirebbero persi.


Da La Destinazione, Il ramo e la foglia, 2023

Ma quella storia c’era, era davvero dietro di te, anzi, era te. La portavi dentro come si custodisce un male oscuro che è nato con noi, che detestiamo eppure abbiamo anche imparato ad amare perché senza di esso non sapremmo più riconoscere noi stessi nella mischia, distinguerci dal resto del mondo, dalla massa indistinta di esseri umani che ci circonda. Allora mi dicesti del saluto di tuo padre, di quando fece capolino alla porta della tua stanza, del tuo piccolo mondo sicuro e ovattato, e ti parlò come se nulla fosse accaduto; mi dicesti dei rumori cupi e sconosciuti che, poco prima, erano giunti dalla camera da letto dei tuoi genitori; di come, pur non sapendo ancora né leggere né scrivere, tu avessi previsto tutto sin da quando avevi sentito tuo padre salire le scale con passo affatto diverso dal solito, un passo che non sembrava il suo, cioè quello di un uomo borghese, posato, ma piuttosto quello di un soldato che andava alla guerra, che correva ad ammazzare. Mi dicesti del sangue che, incurante e spietato, continuava a zampillare dal ventre di tua madre, distesa a terra, vestita con l’unico abito nero, di lana, che le ricordi addosso. Mi dicesti del coltello con cui tante volte avevi visto la governante affettare il pane, che ora era lì, abbandonato sul tappeto, a pochi centimetri da quella che fino a pochi minuti prima era stata la persona più importante della tua vita.


Serena Penni è nata a Firenze, dove vive e lavora. Si è occupata di narrativa italiana del Novecento, in particolare di Moravia e Parise. Suoi racconti, testi teatrali e recensioni sono apparsi in antologie, su riviste e litblog. La destinazione è il suo quarto romanzo.


Di parola in parola è una rubrica a cura di Emanuela Monti. Dalla nota introduttiva è possibile scaricare l’archivio della rubrica, uscita fino al 2019 in forma cartacea nella rivista «Qui Libri».