Gianmarco Canestrari
pubblicato 6 anni fa in Letteratura \ Recensioni

Quando lo sport diventa miracoloso

Le sorelle misericordia di Marco Ciriello

Quando lo sport diventa miracoloso

Quando ho cominciato a leggerlo, ho subito capito che Le sorelle misericordia di Marco Ciriello (Edizioni Spartaco, 2017) mi avrebbe lasciato senza fiato. E così è stato. Più continuavo a sfogliare le pagine e più mi appassionavo al racconto; più leggevo e più mi immedesimavo nelle due protagoniste al centro della storia, Laura e Cristiana.

La prima è una grande tennista e una fervida credente, mentre la seconda è costretta su una sedia a rotelle per colpa della Sla. Sono due temperamenti e caratteri differenti che seguono e propongono a loro volta differenti modi di vedere e vivere la vita: Laura è il prototipo della donna che non si scoraggia, che non si arrende di fronte a niente, che non ha paura di affrontare la realtà, e ciò è possibile anche e soprattutto grazie al supporto della fede. In lei ogni cosa assume la veste di “segno” quasi provvidenziale dietro cui si nasconde un significato più grande e a cui bisogna adeguare l’esistenza. L’atteggiamento di Laura non è quindi quello di una donna rassegnata e abbandonata a sé dal corso degli eventi, ma si mostra come una donna determinata, coraggiosa, tanto da “sacrificare” la sua passione più grande (il tennis) a qualcosa di immensamente superiore. Lei sente che la vita che ha condotto fino ad ora non soddisfa più le sue esigenze, non riesce ad essere più il mezzo più appropriato per vivere e sperimentare ciò che le si presenta ogni giorno. Appena ricevuta la “chiamata” a cambiare vita, si sente rinata, appagata, piena, completa: è questo il sentimento che provoca in lei la visione del sovrannaturale, del numinoso che tanto albergava in cuor suo ma che ora diventa realtà, fatto compiuto, non solo pura devozione. In Laura la fede si trasforma da puro sentimento religioso a vera esperienza “mistica” di natura catartica. Arrivati ad un certo punto bisogna purificare la nostra esistenza tanto da rinnovarla sotto ogni profilo; la nostra vita deve abbandonare la vecchia veste che indossava fino ad ora, per indossarne una nuova, frutto della scelta volontaria libera che si è portati a fare: questo è il messaggio profondo che la figura di Laura insegna ed incarna. Una scelta non condivisa e adottata dalla sorella malata, la quale non riesce a far propria questa filosofia di vita: non riesce a capire il perché dell’abbandono di una vita piena, vissuta, completa, appagata, per una apparente “visione celeste”; non riesce a far propria la decisione della sorella di lasciare le proprie quotidiane, vecchie passioni per inseguirne di nuove; non riesce in definitiva ad abbandonarsi a una scelta di vita che comporti una radicale riorganizzazione e modernizzazione delle abitudini mentali, fisiche, psicologiche e spirituali che ci hanno caratterizzato e che ci caratterizzeranno sempre in quanto umani, in quanto anime razionali, pensanti. Il sentimento che prova Cristiana è quello di una persona malata, costretta su una sedia a rotelle a vedere la vita passare, il tempo scorrere, le stagioni susseguirsi; il tutto nella più totale inabilità a svolgere e a prendere parte alle più normali e quotidiane attività. Ciò porta inevitabilmente Cristiana sulla strada di un generale e profondo scetticismo nei confronti di una vita sentita come scorretta, ingiusta, maligna nei suoi confronti. Questa sfiducia nella vita è allo stesso tempo una sfiducia verso di se e verso le sue capacità: su quella maledetta sedia a rotelle non si sente viva, non prova più quelle emozioni grandi e profonde che sentiva prima dell’arrivo della malattia, non sorride più a quell’esistenza così bella ed affascinante, che ai suoi occhi si mostra sempre più buia, tetra e priva di contenuto. E con chi prendersela se non con Colui che è l’Autore della vita stessa, di quest’insignificante esistenza vissuta alle dipendenze degli altri? È probabile che ognuno di noi si senta vicino alle posizioni di Cristiana piuttosto che a quelle di Laura, soprattutto quando siamo afflitti da prove, difficoltà e mali di ogni tipo che si “impossessano” dei nostri familiari, dei nostri più cari amici o delle persone a cui vogliamo bene; in quelle situazioni tutto ci appare più complicato, senza vie di uscita, come se la vita volesse farci pagare qualche colpa o danno di cui non siamo nemmeno memori di averlo compiuto. E ciò ci fa sentire deboli, fragili, impotenti, inabili di fronte a situazioni più grandi di noi stessi.

Che fare allora? Arrendersi? Scoraggiarsi? Arrabbiarsi? E con chi, al limite? Sembra paradossale, ma le risposte a queste domande sono tutte nel discorso e nel pensiero incarnato da Laura: al di la delle nostre convinzioni di fede, non è in Dio che dobbiamo cercare la causa dei nostri mali, delle disgrazie che ci possono accadere nel corso della vita. È in noi, e solo in noi la radice del problema: il male, seppur nella sua straziante ed angosciante realtà, proviene dalle nostre azioni, che sono a loro volta figlie delle nostre libere scelte di fronte a possibilità date. È qui il mistero (o se vogliamo la soluzione al quesito ancestrale): il male viene permesso ma questo non significa che dobbiamo arrenderci ad esso, ma che dobbiamo avere la forza per affrontare con nuova energia e vitalità le difficoltà quotidiane, anche le più complicate. C’è sempre una soluzione al male, e questa è il bene: tale è il messaggio travolgente che deve riecheggiare in noi nei momenti più difficili, dandoci la forza di rialzarci e di andare avanti, perché c’è sempre una speranza. Potremmo allora intravedere qui la ragione del titolo del romanzo: “misericordia” è la parola che lega e da senso ad entrambe le esistenze delle protagoniste. In Laura si esplica nel sentimento di compassione e di pietà verso la sorella malata; mentre in Cristiana la misericordia prende i tratti della disposizione d’animo che induce a perdonare, a prestare soccorso in caso di difficoltà a chi ne ha bisogno. In effetti la “missione” di Cristiana è aiutare, consolare e perdonare la sorella colpita dalla “crisi mistica”. La speranza diventa così il principio-base di tutta la vicenda, tanto da poter essere utilizzato come termine di paragone per descrivere le personalità delle due protagoniste: in Laura diventa la cifra distintiva del suo cambiamento di vita, del suo passaggio da una quotidianità sentita come estranea ad una realtà nuova, piena di senso; in Cristiana è la condizione di possibilità di guarigione dalla sua malattia: è attraverso, e non altrimenti, il principio-speranza (per rievocare un termine caro a Bloch) che si “sconfigge” il male, che si riesce a sfuggire alla logica dello scoraggiamento per risultare finalmente vincenti. Chissà se riusciremo a fare di tale messaggio, tanto caro alla Scolastica medioevale (e a Tommaso d’Aquino in particolare) e incarnato qui dalla straordinaria figura di Laura, un faro e una luce quotidiana, un aiuto perenne per vedere con occhi sempre nuovi la vita nelle sue straordinarie manifestazioni. Complicità, ricchezza di contenuti e profondità di tematiche (il più delle quali di natura bioetica, come l’eutanasia o il testamento biologico), unite all’uso personale e mai banale della punteggiatura, sono quindi le caratteristiche vincenti di questo straordinario lavoro di Marco Ciriello, certamente consigliato al lettore.

 

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