Ripensare Lutero
a cinquecento anni dalla riforma che cambiò la cristianità
Era il 31 ottobre 1517 quando il monaco agostiniano Martin Lutero affisse le 95 tesi sulla porta della cattedrale di Wittenberg, elevando così il grido di protesta contro la corruzione della Chiesa dell’epoca. Così ci viene da sempre giustificata l’origine di quel crogiuolo di Chiese e confessioni che hanno origine dalla riforma interna alla cristianità attuata dal monaco Lutero. Ma la faccenda non è così semplice come appare o come vogliono mostrarci. Infatti all’origine del “fenomeno-Lutero” (così chiamerò l’aria di riforma che da lui ha preso vita) vi sono molti fattori che devono essere presi in considerazione: è ben vero che all’epoca del monaco la Chiesa di Roma (e non cattolica, perché tale denominazione appare proprio dopo la scissione protestante) non passava un bel periodo. Tra papi concubini, nepotisti, scismatici, simoniaci, monaci che vendevano indulgenze in cambio di denaro, concubinaggio del clero, possiamo immaginare cosa doveva provare l’animo di un credente di fronte a tali mali. Ma andiamo per gradi. Il giovane Luther nasce a Eisleben nel 1483 da un imprenditore e una massaia, di fede semplice, umile ma superstiziosa. Come pochi sapranno, la vita del nostro monaco era completamente dedicata agli studi: ottenne il baccalaureato e il titolo di magister artium nel 1505. Ed è qui che dobbiamo mettere un segna data, perché è in questo anno e nell’episodio che ne è correlato, che scaturisce la fede nel giovane e prodigio Luther. Si racconta infatti che il 2 luglio dello stesso anno ritornando ad Erfurt dopo la visita ai suoi, incappò in un violento temporale durante il quale fu quasi ucciso da un fulmine. Promettendo a Dio di prendere i voti se si fosse salvato, mantenne la promessa entrando nell’ordine degli agostiniani. Dobbiamo ricordare che l’ordine che risale al santo d’Ippona, predica l’unione di studio, contemplazione e preghiera, affiancati dallo studio della filosofia (in particolar modo del pensiero aristotelico, delle Sentenze di Pier Lombardo e naturalmente del sistema teologico – filosofico di sant’Agostino). Nonostante i progressi ottenuti negli studi e nella professione (divenne professore all’università di Wittenberg), cominciava a formarsi nell’animo del monaco un sentimento di insoddisfazione e di ripulsa verso quel sistema così ordinato, metodico, teorico che era la dottrina cristiana insegnata dalla Chiesa. Notava come molte delle sentenze, o dei dettami propugnati dalla Chiesa di Roma erano così lontani dalla Scrittura che tanto amava e aveva studiato, dimenticando però uno dei pilastri della fede “cattolica”, ovvero il Magistero (l’autorità della gerarchia ecclesiastica, unita alla possibilità cioè che essa poteva interpretare e dare nuovo senso e luce alle dottrine della Scrittura). A Lutero forse questa cosa non andava proprio giù e infatti cominciò a delineare, in maniera molto limitata e personale, un pensiero teologico che si discostava dal tradizionale e consolidato depositum fidei. Era un animo ansioso e irrequieto a cui non giovò il famoso viaggio a Roma dove la situazione non era come se l’aspettava. Dobbiamo quindi al viaggio romano il sentimento di rabbia e indignazione che portò il monaco Lutero a divergere sempre più dall’ortodossia per ripiegarsi verso un pensiero nuovo, dinamico, attinente alle Scritture e a quei principi che costituiranno la base ossea della sua famosa riforma o, se vogliamo, ri-costruzione della Chiesa.
Il Signore e maestro Gesù Cristo, dicendo: «Fate penitenza, etc.», volle che tutta la vita dei fedeli fosse un sacro pentimento.
È così che iniziano le sue ormai capitali 95 tesi, ovvero la sua risposta alle dottrine insegnate dalla Chiesa di Roma. Al di la della storicità o meno dell’avvenimento, ciò che ci interessa sottolineare sono le cause vere e reali che portarono allo “scoppio” della riforma che interessò la Chiesa del suo tempo ma che continua a vivere ancora oggi. Una, e forse la più innovativa, tra le cause fu la teoria del libero esame delle Scritture, che consentiva a tutti i fedeli di accedere alla lettura e interpretazione della Bibbia senza l’intermediazione delle gerarchie ecclesiastiche. Ciò portò a un vero e proprio caos all’interno di un sistema che reggeva da millenni su un fondamento basilare, ovvero che solo la Chiesa con la sua autorità aveva il potere e il diritto di leggere e commentare la Bibbia, mentre il fedele era chiamato a ricevere e far proprio il tesoro di nozioni e insegnamenti che il clero proponeva. Quest’idea del libero esame metteva sotto attacco anche un altro fondamento ovvero l’istituzione della figura del sacerdote, dell’intermediario tra Dio e il fedele: Lutero pensava invece che il singolo fedele potesse accedere da solo alla Bibbia e al rapporto con Dio senza la sovrastruttura di una istituzione. Era soprattutto una critica alla stessa liturgia romana: le funzioni erano in latino e la maggior parte dei fedeli non conosceva tale lingua; così Lutero tradusse la Bibbia in tedesco e grazie alla stampa ne diffuse il contenuto, ormai accessibile a tutti,anche ai meno acculturati. Altra causa della riforma luterana era la critica al potere temporale delle cariche ecclesiastiche, che all’officum anteponeva il beneficium. Insomma Officium propter beneficium: questa possiamo dire era lo slogan che per Lutero caratterizzava la Chiesa del suo tempo. Le alte cariche ecclesiastiche erano spesso ricoperte e amministrate da ricche famiglie che si disinteressavano all’aspetto religioso e spirituale per occuparsi di rendite, benefici economici e affari politici. Non dimentichiamoci poi le cause sopra delineate come il nepotismo dei papi verso figli, nipoti e parenti, la simonia, la vendita di beni spirituali in cambio di prestazioni in denaro, la corruzione del clero secolare che non si occupava degli affari spirituali ma si concedevano a rilassatezze e mondanità, e, non da ultimo, la vendita delle indulgenze in cambio di denaro. Delineate le vere cause della riforma che porta il suo nome, è doveroso ricordare, per dare un’immagine vivida e realistica del monaco Lutero, che egli non volle, perlomeno inizialmente, separarsi dalla Chiesa di Roma, ma desiderava ri-modellarla e ri-formarla dall’interno, come testimonia soprattutto lo scritto Istruzione su alcune dottrine del 1519, nel quale invitava tutti a rimanere fedele alla Chiesa di Cristo, nonostante le sue debolezze. Ma l’idillio durò poco: dopo qualche mese scoppiò un dibattito tra Lutero e Johann Eck durante il quale il monaco agostiniano fece proprie delle dottrine hussite condannate dal Concilio di Costanza. Accortosi del pericolo a cui andava incontro scrisse un piccolo opuscolo chiarificatorio dal titolo Resolutiones Lutherianae super propositionibus suis Lipsiae disputatis che però non produsse l’effetto sperato. Nel 1521 venne scomunicato dal papa Leone X con la bolla Decet Romanum Pontificem, anche perché Lutero aveva già bruciato pubblicamente in modo provocatorio la bolla papale Exsurge Domine col quale il pontefice lo esortava a ritrattare le sue tesi. Ormai condannato dal papa e dall’imperatore, grazie al salvacondotto imperiale ottenuto dal principe Federico, scampò all’arresto ma, per salvarlo dalla condanna inflittagli, il principe organizzò un falso rapimento di Lutero allo scopo di nasconderlo nel castello di Wartburg. A seguito dei disordini successivi, l’imperatore Carlo V nel 1521 proclamò l’editto di Worms con cui si condannavano e si perseguivano in tutto l’impero le tesi luterane. Per sua fortuna, o forse no, la morte lo colse, in maniera incerta (chi dice per suicidio, chi per malattia), nel 1546 nella sua città natale, dove si era trasferito con la moglie, Katharina von Bora, e i sei figli alla veneranda età di 63 anni. Ultime considerazioni per ri-pensare e ri-valutare la figura e l’operato del monaco scismatico: si sta dibattendo molto sulla questione da cui siamo partiti, ovvero sulle ragioni della sua presunta conversione dopo l’incidente nel bosco. Alla base della scelta di prendere i voti si dovrebbe considerare la visione di Dio che si era fatto il giovane Luther: un dio potente, vendicativo, terribile, giudice inflessibile e irascibile. Tutto ciò si pensa sia la sommatoria di alcuni tratti biografici del nostro monaco (il padre era un uomo duro, iracondo, molto severo nell’educazione dei figli: ciò spiegherebbe così i tratti del dio luterano) e altri riguarderebbero l’episodio della morte prematura di un compagno di studi che lo interrogò sull’ira e sul giudizio divino. Furono insomma decisivi nelle scelte e nelle dottrine propugnate dal giovane Lutero, sentimenti come l’ansia e l’ira, che lo accompagnarono in tutta la sua vita, fino alla morte. Ecco allora che si delinea nella figura di Lutero il rivoluzionario ansioso che ha dato vita a una delle più grandi e coraggiose svolte dell’intera cristianità.