Il Battistero paleocristiano di Dura Europos
Nelle mani del Califfato dal 2011, la città di Dura Europos è una preziosa testimonianza di convivenza pacifica tra popoli e culture diverse che rischia di scomparire. Scoperta negli anni Venti del Novecento da una campagna di scavi condotta nel deserto siriano è stata soprannominata la “Pompei del deserto” e la sabbia, proprio come la lava, ne ha permesso la conservazione nascondendo per secoli edifici, santuari, affreschi e pitture.
La città era stata fondata nel 303 a.C. dai Seleucidi lungo un’importante via commerciale in prossimità del fiume Eufrate. Proprio grazie alla sua posizione strategica subì numerose conquiste e dominazioni, ma curiosamente nessun dominatore distrusse gli edifici già esistenti, sommando invece a questi, i propri. Cultura greca, persiana, semitica e romana arrivarono così, nel tempo, a formare un microcosmo multietnico senza precedenti.
La Domus Ecclesiae paleocristiana spicca per importanza tra questi edifici. Parliamo di Domus e non di chiesa perché i Cristiani non avevano ancora il permesso di praticare il culto alla luce del sole né il permesso di costruire edifici pubblici: i fedeli si riunivano in case private messe a disposizione dagli stessi. Probabilmente solo il pianoterra della casa di Dura era destinato al culto, ma l’architettura estremamente regolare e anonima ci impedisce di conoscere le funzioni di ogni ambiente. L’unica stanza identificabile è il Battistero, caratterizzato dalla presenza di una vasca battesimale sormontata da una volta stellata ad indicarne la sacralità e di un ciclo di affreschi inedito (l’inizio dell’arte figurativa cristiana è fatto coincidere proprio con le pitture di Dura).
Bisogna tenere in considerazione che l’arte cristiana non nasceva come arte primitiva, ma poggiava su una tradizione classica ben salda, sulle spalle dell’arte romana e dall’arte ebraica. La stessa tendenza a decorare le tombe con dipinti figurativi religiosi e la ripresa simbolica di avvenimenti mitici erano un uso pagano.
Le prime pitture cristiane dovevano veicolare i paradigmi del nuovo credo e per questo, più che ad una decorazione estetica, corrispondevano ad un carattere simbolico-religioso. Troviamo per lo più richiami alla salvezza o alla via che vi conduce: i sacramenti.
Nel muro di fondo dietro la vasca, su sfondo rosso, è rappresentato il Buon Pastore con una pecorella sulle spalle e il gregge davanti a sé. Ai suoi piedi, nell’angolo sinistro, Adamo ed Eva nel giardino del paradiso. Come abbiamo detto queste immagini sono simboliche, sono richiami a concetti ben specifici. Così, la composizione rappresenta il Cristo, pastore e salvatore delle anime, che scende sulla Terra per redimere gli uomini dal peccato originale.
Le pareti laterali sono molto rovinate, ma sono ancora visibili due registri di affreschi sovrapposti. Quello superiore, su sfondo monocromo bianco, ospita una successione di scene a piccole figure tracciate con leggeri schizzi da mano inesperta. Uno accanto all’altro, senza separazione, troviamo alcuni miracoli di Cristo: la guarigione del paralitico e San Pietro che cammina sulle acque. Osservando cicli simili ritrovati nelle Catacombe intuiamo come altri paradigmi della salvezza erano probabilmente allineati sul prolungamento dei muri. In un battistero queste scene evocavano la salvezza del neofito, negli ipogei funerari la salvezza del defunto. Questo perché, in un epoca di incertezze e paura, il Cristianesimo voleva donare all’uomo una speranza, aiutarlo a superare il timore della morte e le difficoltà della vita. In una società in preda alla disgregazione e ad una crisi culturale, il nuovo culto si presentava proprio come un’ancora di salvezza.
Del tutto diverse sono le pitture dello scomparto inferiore: su sfondo rosso troviamo personaggi solenni e monumentali. Anche qui sono andate perdute numerose scene e troviamo solamente l’episodio delle tre Marie al sepolcro di Cristo. Questa unica immagine in realtà rappresenta una testimonianza senza precedenti: il pittore ha seguito una tradizione iconografica primitiva, in seguito abbandonata. Le tre figure femminili si avvicinano a un sarcofago chiuso e decorato da due stelle. Questo particolare, come l’assenza dell’angelo e il coperchio del sarcofago posato sopra la caverna, distinguono questa immagine dall’iconografia usuale della medesima scena. La resurrezione è nuovamente da mettere in relazione con la simbologia abituale del battesimo che significa proprio morte e resurrezione con Cristo.
Abbiamo già detto che gli affreschi del battistero di Dura sono le sole pitture cristiane trovate in un edificio non sotterraneo anteriore alla pace della chiesa (313), ma le osservazioni sul Mithraeum e la Sinagoga non sono meno importanti. A dimostrazione del clima di convivenza, tolleranza e interscambio che doveva trovarsi a Dura notiamo innanzitutto come una forte influenza iranica ha condizionato lo stile degli affreschi di entrambi. In secondo luogo il Mithraeum, a differenza della gran parte di questi edifici, non si trova all’interno di una caverna sotterranea, ma è un edificio sopraelevato come gli altri presenti. Quello che stupisce della Sinagoga è la grande quantità di scene religiose raffigurate e la sua ricca decorazione, considerato il divieto nella religione ebraica di riprodurre immagini a tema sacro.
Questo è testimonianza del fatto che ogni cultura presente era libera di praticare il proprio culto, libera di influenzare le altre e di farsi influenzare.
La conquista finale da parte dei Persiani provocò la distruzione di parte della città e il successivo abbandono. Ma Dura Europos rimane l’eccezione di una città che si è costruita nei secoli attraverso il passaggio di popoli con culture e religioni diverse che hanno avuto il merito e la lungimiranza di non distruggere ciò che di estraneo trovavano, ma di concedersi la possibilità di convivere pacificamente come uomini liberi in un’oasi di tolleranza, rispetto e interazione.
Articolo a cura di Dalila Taldo